QUINTA SESSIONE DEGLI STATI GENERALI DEL PAESAGGIO
VILLAFRANCA D'ASTI 13/09/2008
Prof.
Erildo Ferro
Osservatorio del paesaggio per il Monferrato e l'Astigiano
E' questo
di Villafranca d'Asti il quinto incontro sugli stati generali del paesaggio
ed ha come argomento "II paesaggio è una risorsa pubblica non rinnovabile" dove si affronta il delicato tema del rapporto tra lo
sviluppo urbanistico e il paesaggio rurale astigiano. II territorio collinare
in cui viviamo, presenta caratteristiche di coltivazioni variegate, che lo rendono
unico nel suo genere, il paesaggio che ne deriva è strettamente legato
non solo alle sue eccellenze enogastronomiche, ma anche alla sua storia e alla
sua cultura. Il disordine provocato dalle diverse architetture immobiliari,
le volumetrie selvagge, la mancanza di un piano del colore creano sgradevoli
immagini del paesaggio. Pertanto la sua tutela passa inevitabilmente per le
giuste scelte di pianificazione urbanistica. Certamente l'economia contadina
vive in simbiosi con il paesaggio, che in parte ne è il frutto, per questo
bisogna fare molta attenzione quando si fanno interventi su vecchie case e cascine
rurali perché costituiscono l'armonica ossatura paesaggistica dei nostri
paesi. Tempo fa ho trovato una vecchia cartolina risalente ai primi anni del
secolo scorso che rappresentava uno scorcio panoramico di Isola d'Asti, ho notato
come tutto sia profondamente cambiato rispetto ad oggi. Al posto di case nella
quasi totalità rurali, sono nati condomini con le più disparate
volumetrie, sono scomparsi i grandi spazi tra una casa e l'altra e al loro posto
sono nati addensamenti di edifici dalle forme più diverse. In quel periodo
1909/10 il mio paese contava 3425 abitanti, oggi dati del 31/12/ 2007 conta
2140 anime, in un secolo abbiamo perso circa 1300 abitanti, nel frattempo le
case intese come unità abitative sono quadruplicate. Se poi andiamo a
leggere i censimenti degli ultimi cinquant'anni la popolazione di Isola d'Asti,
varia di circa 100 abitanti in più o in meno, va da un minimo di 2051
abitanti ad un massimo di 2148, mentre le abitazioni in mezzo secolo sono
triplicate. Se poi si va a verificare la densità abitativa si scopre
che oggi il mio paese ha un 15% di case semivuote abitate per lo più
da una o al massimo due persone anziane, un 10% di seconde case e circa il 10%
di case vuote molte delle quali fatiscenti e completamente abbandonate. Ho poi
fatto una verifica partendo dall'imponibile ricavato annualmente sulla tassa
rifiuti, che si paga in base alla superficie abitata; secondo l'autodenuncia
dei cittadini, ho scoperto pur togliendo le superfici dei negozi e degli uffici,
la bellezza di 208.000 mq. di superficie abitabile totale, pari a circa 100
mq. per abitante !!!
Ritengo questa assurda
situazione, comune se non peggiore alla stragrande maggioranza dei comuni della
nostra provincia, eppure si continua a costruire, consumando grandi superfici
di pregiato suolo agricolo. Di fronte ad una popolazione che a livello provinciale,
nel corso di decenni è stabile o aumenta di pochissimo mi pongo una domanda:
che senso ha continuare a cementificare terreni agrari e a sbancare colline
sconvolgendo e compromettendo per sempre il nostro paesaggio per costruire case
o addirittura capannoni che poi rimangono vuoti? Nessuno vuole bloccare l'edilizia
nei nostri paesi, per carità...anche se quando ero sindaco ricordo la
mia inquietudine e perplessità nel sentire certi colleghi sindaci, per
lo più geometri, che vedevano esclusivamente nel mattone e nel cemento
armato lo sviluppo del proprio comune. Ritengo invece fondamentale il recupero
di quella notevole percentuale di case vuote e abbandonate in parte costituite
da vecchie cascine, in genere si tratta di robuste strutture di notevoli volumetrie
nate con tecniche costruttive del passato ma che oggi si possono recuperare
e ristrutturare con facilità, grazie a nuovi materiali e alle nuove tecnologie
in campo edilizio. Se è proprio indispensabile costruire nuove case lo
si faccia con criterio, senza compromettere l'ambiente, utilizzando materiali
ecocompatibili, con tecniche architettoniche che tutelino in modo prioritario
il paesaggio, anche se sono sempre più convinto che non ha senso rilasciare
concessioni edilizie, anche se agricole, per costruire capannoni a cielo aperto
sulle nostre colline rovinando per sempre stupendi paesaggi.
Sabato scorso ero presente
a Canelli alla giornata di studio avente come tema: "Canelli: Paesaggi, vite e vino storia e futuro di un territorio". Un convegno di alto livello per la qualità delle
relazioni riguardanti sia la storia che la teoria dl paesaggio viticolo. Molto
interessante è stato l'intervento di Manuel Guido esperto mondiale dell'UNESCO,
responsabile dell'ufficio lista del patrimonio UNESCO. Egli ha messo in evidenza
come sia difficile trovare il valore mondiale dei siti, perché le qualità
dei luoghi devono essere eccezionali, per cui notevoli sono i problemi al fine
di trovare le condizioni per ottenere il riconoscimento. La parte più
importante richiesta dal dossier di candidatura è la gestione del paesaggio,
per cui secondo Guido, è necessario cambiare le politiche del territorio.
L'UNESCO impone il piano di gestione del paesaggio con la pianificazione paesaggistica
collegata a tutte le strategie da intraprendere per la sua conservazione, il
suo mantenimento e la sua tutela. Il riconoscimento UNESCO porta vantaggi in
termini di immagine, di benefici economici, di conservazione e riqualificazione
del territorio, ma per ottenerlo è necessaria l'adesione convinta delle
popolazioni interessate, adesione che passa soprattutto attraverso la partecipazione
e la pressione politica delle autorità e delle autonomie locali. Manuel
Guido ha poi fatto capire, nella parte centrale del suo intervento, che le cantine
di Canelli, uniche nel loro genere, pur essendo un grande patrimonio di valore
storico e culturale, da sole non sono sufficienti. Tre sono le condizioni fondamentali
per ottenere il riconoscimento UNESCO: L'IDENTITÀ', L'AUTENTICITÀ',
L'INTEGRITÀ' del territorio. Le prime due l'identità e l'autenticità
sono di valore eccezionale e secondo l'alto funzionario, non ci sono problemi;
forti perplessità permangono sull'integrità, perché manca
l'integrità visiva in quanto i nostri fondo valle sono rovinati da uno
sconsiderato consumo di suolo agrario, per far posto a capannoni e a costruzioni
di vario genere che non si addicono ad un paesaggio agrario. E su questo Guido
ha perfettamente ragione, perché in quasi tutti i piani regolatori dei
nostri comuni, dai più piccoli ai più grandi è prevista
un area pianeggiante, per lo più ubicata nel fondo valle destinata allo
sviluppo artigianale, commerciale o industriale, e quei Comuni che ne sono privi
sono considerati di serie C. Mentre sarebbe più logico stabilire queste
aree in zone intercomunali su terreni marginali di scarso valore agrario. Avremmo
una notevole riduzione dei costi di urbanizzazione, meno terreno agrario distrutto
dalla cementificazione e soprattutto salveremmo almeno in parte quella integrità
visiva del nostro paesaggio. Se vogliamo veramente inserimento dell'astigiano
nel patrimonio mondiale dell'UNESCO, dobbiamo tutti insieme ripensare ad una
nuovo modello di pianificazione territoriale che metta al primo posto la qualità
del paesaggio strettamente legato alla qualità della nostra vita, abolendo
per sempre la speculazione.
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