II Giornata nazionale del paesaggio
Quattro passi nel paesaggio del
romanico astigiano
Montechiaro d’Asti - 21 giugno 2008
Discorso del Prof. Dario dell’Università di Torino
Dalla Costituzione Italiana alla Convenzione Europea del paesaggio
Commento all'Art. 9 della Costituzione italiana da parte del Prof. Dario Rei dell'Università di Torino.
“La Costituzione e le sue leggi sono concepite per sopravvivere e per restare in vigore anche in tempi straordinari” (Corte suprema USA, 2008).
“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Una novità dell’Art.9 è abbinare due concetti prima separati, quelli di paesaggio e di patrimonio storico e artistico. Grazie a ciò oggi abbiamo un Codice unico dei Beni Culturali e del Paesaggio.
Come ci siamo arrivati? Il concetto di bene storico e artistico risale alla legislazione preunitaria, trasposta nella normativa giolittiana del 1909, mentre per il paesaggio la prima Legge è la n° 778 del 1922, proposta dall’allora Ministro della Pubblica Istruzione Benedetto Croce che estendeva alle bellezze paesaggistiche l’istituto della notifica da parte dello Stato e l’obbligo del non modificabile. Croce diceva che paesaggio altro non è che la rappresentazione materiale e visibile della Patria, con i suoi caratteri fisici particolari quali si sono formati e sono pervenuti a noi attraverso la lenta successione dei secoli”. Questo sottolinea un rapporto intrinseco: il paesaggio è un elemento di patrimonio, a sua volta un bene culturale implica un contesto ed un luogo che gli offre una scena unica e riconoscibile: salvare un bene culturale significa salvare l’oggetto e il contesto, la cosa e il luogo, la materia e il significato. Non devo sottolinearlo qui a Montechiaro.
Il Codice dice che la tutela per “notevole interesse pubblico ai fini paesaggistici” deve assumere a riferimento quelle caratteristiche storiche, culturali, naturali, morfologiche ed estetiche “che abbiano significato o valore identitario del territorio in cui ricadono , o che siano percepite come tali dalle popolazioni (art. 137). Croce invitava a “porre un argine alle ingiustificate devastazioni che si van consumando contro le caratteristiche più note e più amate del nostro suolo”. Questo ha a che vedere con la tutela e la salvaguardia della bellezza quieta di campagna, boschi, profili collinari, dell’ordinario paesaggio rurale, minacciati da inutili devastazioni”.
Perciò la domanda anche per i giovani è: quando gli individui i gruppi e le comunità sociali agiscono per salvare se non danno significato o non assegnano valore a ciò che non riconoscono o non riconoscono più?
Una sola volta nel testo della Costituzione italiana ricorre l’aggettivo SACRO è in riferimento al dovere dei cittadini – sacro, appunto, - alla “difesa della Patria (art.52)”: in questi tempi inclini alla forza, conviene ricordare che Patria non è suolo fisico, ma patrimonio, identità, memoria. Sono i momenti di difficoltà che mostrano se si è un volgo disperso che nome non ha o un démos responsabile del patrimonio che ha ricevuto. Ricordo che l’art. 118 nella sua nuova formulazione sollecita una attivazione dei cittadini sussidiaria ai compiti delle istituzioni pubbliche, per me è un invito non solo contro devastatori espliciti e ostili, ma contro incuria e inerzia rassegnata.
Un popolo che non ricorda, che non riconosce, che non custodisce e che non trasmette è come un anziano in preda all’Alzheimer: disorientato e confuso, sarà destinato a vagare senza senso e senza metà. Non è il caso, aggiungo anche a titolo di augurio, della nostra passeggiata di oggi.