IMPATTO SUL PAESAGGIO DI MURI, MURETTI E MURAGLIONI IN CEMENTO ARMATO
Arch. Vittorio Fiore
Interessante esempio di terre armate nell'Astigiao, dopo dieci anni di colonizzazione da parte della vegetazione.
Nel
1995, ancora sotto l’effetto choc dell’alluvione dell’anno precedente, il comune
di Asti prese una decisione importantissima, direi storica, anche se poco conosciuta
ai più, decidendo di impegnare importanti capitali, ottenuti dalla Regione
Piemonte per il consolidamento dei dissesti causati dall’alluvione, per l’utilizzo
sul campo delle nuove tecniche d’ingegneria naturalistica.
Sono stati scelti due
importanti frane verificatesi nel comune di Asti: la collina di bricco Malandrone,
dove era completamente franata la strada provinciale di collegamento con la
omonima frazione e quella di bricco Gianotti, dove la strada comunale era ridotta
ad un’unica corsia per il cedimento della spalla a valle.
Sono stato perciò incaricato, come esperto in questa nuova scienza denominata
ingegneria naturalistica, in collaborazione con altre professionalità,
quali il geologo e l’agronomo, per la redazione dei progetti di consolidamento
dei suddetti versanti, senza l’uso del cemento armato, ma utilizzando le sole
piante vive, in associazione con strutture tridimensionali. Per consolidare
questi dissesti sono state utilizzate infatti, per la prima volta in Provincia
di Asti, le terre armate, una sorta di struttura formata da telai in rete metallica
zincata, posata a strati orizzontali su banchi di terra battuta, così
da formare una sorta di colline artificiali armate, a sostegno dei nuovi rilevati.
Il risultato
è stato certamente molto positivo e la riuscita degli interventi è
proprio dimostrata dal perfetto inserimento di tali strutture in terra e piante
nell’ambiente naturale. Soltanto l’esatta conoscenza della localizzazione degli
interventi permette di individuare tali lavori. Se si pensa che questa sorta
di colline artificiali, completamente rinverdite, sostituiscono i tradizionali
muraglioni in cemento armato, si può apprezzare il contributo che l’ingegneria
naturalistica può fornire per evitare l’impatto negativo delle tradizionali
strutture in cemento armato, che creano vere e proprie ferite nel nostro
paesaggio. Ciononostante vengono purtroppo ancora oggi tranquillamente proposte
dai progettisti, autorizzate dalla Commissioni Edilizie e realizzate in tutti
i nostri comuni.
Rimane l’amara
considerazione che, nonostante il successo di tali opere, da allora lo stesso
comune di Asti non mi risulta aver mai più commissionato strutture a
verde d’ingegneria naturalistica. Amore per il cemento? Distrazione nella tutela
del paesaggio naturale? Ma, chissà.
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