Tavola rotonda

Quali prospettive per una nuova gestione dei paesaggi agrari piemontesi?”

Dott. Carlo Bidone (Presidente Osservatorio del paesaggio alessandrino)

 

La gestione dei paesaggi agrari è una materia assai complessa che, in prima battuta, deriva dalle attività degli imprenditori agricoli sul territorio, poi da tutte quelle attività di tipo sia pubblico sia privato che vengono svolte da gestori non agricoli, per esempio la realizzazione di infrastrutture viarie, come attività pubblica, o la creazione di nuovi spazi commerciali in aree già agricole. Per tornare alle attività agricole in senso più stretto, le decisioni degli operatori agricoli sono influenzate principalmente dalle esigenze del mercato dei prodotti e dagli interventi di politica economica, per esempio in Piemonte nel giro di un paio d’anni è completamente sparita la barbabietola da zucchero per una volontà dell’Unione europea di chiudere alcuni zuccherifici e, caso vuole, che, tra tutti gli zuccherifici italiani, sono stati chiusi proprio tutti quelli dell’area nord-occidentale. Nei terreni seminativi di pianura e di collina, tra gli effetti paesaggistici più evidenti degli ultimi tempi, si nota la drastica diminuzione del girasole, una coltura che in estate dava un tocco di colore a molti bei paesaggi, per l’effetto dell’introduzione del cosiddetto “disaccoppiamento” dei contributi agricoli dell’Unione europea che ha fatto perdere l’interesse alla sua coltivazione.

In un periodo di maggiore sensibilità alle mutazioni climatiche per l’effetto dell’inquinamento da combustibili fossili, mi aspetto che “il colore” dei campi in Piemonte torni al giallo con l’incremento delle produzioni di colza che, pare, possa essere efficacemente utilizzata come estratto per l’alimentazione dei motori Diesel, oltretutto a costi competitivi. Anche la collina vede un’importante mutazione del paesaggio a causa della diffusione dei noccioleti, anche in zone dove non sono tradizionalmente tipici; anche in questo caso sono state le politiche di incentivi dell’Unione europea a indirizzare le scelte. Questi sono solo flash su alcune variazioni del paesaggio visivo agrario degli ultimi due – tre anni.

Se vogliamo analizzarne l’evoluzione in un arco temporale un po’ più lungo, qualche decennio, assistiamo, all’inizio a forme esteriori di paesaggio molto variegate che, in una foto aerea, apparirebbero come un fitto mosaico di tessere tipo arlecchino; col passare degli anni c’è stata insieme una specializzazione e una semplificazione delle colture che ha portato alla maggiore uniformità paesaggistica delle diverse zone. Tradizionalmente l’agricoltura era basata su piccole aziende a gestione unifamiliare o oligo-familiare in cui si tendeva ad una sorta di autarchia, cioè a produrre all’interno della azienda un po’ di tutto per sopperire prima ai bisogni della famiglia e degli allevamenti aziendali sempre di tipo familiare e, dopo, alla richiesta del mercato. La gestione imprenditoriale è arrivata molto lentamente a far comprendere agli agricoltori la necessità economica di specializzare e di accorpare i terreni.  I concetti di economia di scala e di massimizzazione del profitto, anche se sembrano antichi per un imprenditore extra-agricolo, spesso hanno difficoltà tuttora ad entrare nella cultura dell’impresa agricola. Ciò non deve essere visto in maniera superficiale come un fenomeno di arretratezza culturale ma come una risorsa per la conservazione del bene paesaggistico. Dopo la fase della semplificazione, quindi dagli anni ‘90 i paesaggi hanno subito, sul piano percettivo, frequenti trasformazioni: l’introduzione della coltura della soia, poi del colza, del girasole, il rapido abbandono dei primi due, poi il fagiolino, il pomodoro da industria, eccetera, con andamenti ciclici sempre più rapidi.

Anche la componente forestale del paesaggio ha subito allo stesso modo alterne mutazioni. I boschi di montagna e di alta collina hanno sempre mantenuto le loro connotazioni visive ma le modalità di gestione sono state spesso oggetto di cambiamenti. Prima di tutto c’è stato un aumento delle superfici a bosco a fronte di una riduzione dei terreni coltivati; i castagneti da frutto sono spesso diventati boschi per la produzione di legname; più in generale i boschi da cedui con turno regolare sono diventati cedui invecchiati o cedui abbandonati, talvolta fustaie. Solo negli ultimi anni c’è stato un nuovo interesse per la risorsa forestale laddove la presenza delle persone e la possibilità di disporre di maggiori superfici ne ha favorito lo sfruttamento, spesso con forme di gestione associata e con lavorazioni in loco al legname.

Il paesaggio agrario a quote di pianura e di collina è spesso permeato da piccoli boschi, da fasce boscate, filari e siepi. Anche qui abbiamo assistito ad un aumento di queste superfici sia a causa della marginalizzazione di talune attività agricole, sia per l’erogazione di incentivi da parte dell’Unione europea. Tra queste ritroviamo zone boscate degradate, spesso solo cespugliate, che talvolta nascondono problemi ambientali come cave o discariche abbandonate; talvolta invece assistiamo a preziosi esempi di ripristino di ecosistemi naturali che conferiscono una continuità naturalistica al territorio oltre ad una ricchezza di elementi naturali caratterizzanti del paesaggio.  Anche la diffusione delle colture biologiche conduce a modificazioni del paesaggio agrario sia per la necessità di isolarle da quelle tradizionali mediante cortine di siepi e filari di alberi, sia per il fatto che questo tipo di colture non deve essere praticato su appezzamenti troppo estesi e, sovente, occorre un avvicendamento con colture di diverso tipo.

Il regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio del 29 settembre 2003, con le norme per l’erogazione degli incentivi all’agricoltura, introduce l’obbligo per gli operatori di rispettare i Criteri di Gestione Obbligatori (CGO) dei terreni e di mantenere gli stessi in Buone Condizioni Agronomiche ed Ambientali (BCAA); queste misure sono chiamate “condizionalità”. In particolare i Criteri di Gestione Obbligatori si riferiscono, per gli aspetti paesaggistici, alla tutela dell’erosione dei suoli, al rispetto del reticolo idrografico e ai trattamenti alle colture, oltre che agli aspetti generali di sanità pubblica, salute delle piante e degli animali,  benessere degli animali. Oltretutto lo stesso regolamento (CE) 1782/03 (Allegato IV: Buone Condizioni Agronomiche e Ambientali), all’obiettivo 4 presenta una norma specifica, la 4.4 dal titolo: “mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio”. Con queste nuove norme, l’obbligo del mantenimento delle Buone Condizioni Agronomiche ed Ambientali, quindi anche del mantenimento degli elementi paesaggistici, riguarda tutte le terre agricole, comprese quelle non più utilizzate a fini delle produzioni agroalimentari, e il mancato rispetto di questi obblighi di condizionalità comporta la riduzione o l’esclusione dai pagamenti degli aiuti agli agricoltori.

La Regione Piemonte ha recepito le indicazioni europee e con deliberazione della Giunta Regionale 27 febbraio 2006, n. 47-2279 ha emanato i propri Criteri di Gestione Obbligatori (Allegato 1) e le proprie Norme per mantenimento delle Buone Condizioni Agronomiche ed Ambientali (Allegato 3) con efficacia diretta su tutti i paesaggi agrari piemontesi, in particolare la nostra norma regionale dà molta importanza alla tutela degli habitat naturali presenti nel paesaggio e alla regolamentazione degli spianamenti e delle modellazioni dei terreni che si possono effettuare solo se realmente motivati e preventivamente autorizzati.Oltre alla normativa specifica per l’agricoltura qui richiamata, il paesaggio agrario sarà anche oggetto di interferenze da parte norme di tutela generale del territorio; data la complessità dell’argomento, vorrei evitare un elenco di norme ma dare soltanto due spunti.Le norme urbanistiche e territoriali approfondiscono sempre di più gli aspetti naturalistici e agroforestali, per esempio i nuovi piani territoriali, paesaggistici, d’area e urbanistici spesso prevedono la formazione di corridoi ecologici o la creazione di zone che diano continuità alla permeabilità naturalistica dei territori interessati.

Analogamente le norme e i piani per l’assetto idrogeologico, negli ultimi anni, hanno raggiunto livelli di approfondimento sempre crescenti che andranno ad incidere profondamente sulla conservazione di alcuni paesaggi, per esempio il recente divieto di effettuare pioppicoltura nelle zone peri-fluviali e l’obbligo di lasciare all’evoluzione naturale le fasce boscate ripariali. Quindi i paesaggi agrari non saranno più soltanto il risultato visivo delle attività economico-agricole ma, mi auguro, saranno oggetto di crescenti attenzioni da parte di tutti. L’Osservatorio del Paesaggio Alessandrino ha svolto un’analisi paesaggistica di un territorio viticolo commissionata dall’Unione dei Comuni - Comunità Collinare Alto Monferrato Acquese in cui è emersa la necessità sia da parte degli enti pubblici territorialmente più vicini, sia da parte dei privati che operano all’interno di quel territorio, di conoscere meglio la loro risorsa paesaggistica al fine di poterla valorizzare e poterla collegare all’immagine dei loro vini.

Paesaggi viticoli dell'Alessandrino

Sembra utile poter inserire le zone che hanno particolari vocazioni dal punto di vista delle produzioni agricole, in questo caso le produzioni di uve, tra le zone individuate dai piani regolatori e dagli altri strumenti normativi del territorio. Queste zone richiedono regole specifiche, sia per gli aspetti della produzione agricola (modalità di potatura, limitazioni delle quantità prodotte), sia per gli aspetti della gestione del suolo (limitazioni alle forme e alla dimensioni dei fabbricati, mantenimento dei tradizionali filari con pali in legno e 4 fili di ferro zincato). Si richiede anche un’attenzione alla viabilità rurale interna a queste zone che deve consentire al visitatore di conoscere il luogo, di fruire della bellezza del paesaggio, di sostare in punti panoramici, di trovare elementi caratteristici di quel luogo e di comprenderne l’importanza.  È fondamentale indirizzare le scelte operative al fine di mantenere tutta la zona completamente ed omogeneamente coperta da vigne, con, all’interno, la presenza di filari di salice da vimini, qualche albero da frutta isolato e i vecchi “cascinotti” da vigna. Anche le strade e i fossi interni dovrebbero essere mantenuti con interventi tradizionali o con l’impiego di tecniche di ingegneria naturalistica, evitando di introdurre manufatti e materiali estranei a questo contesto. Così facendo, accadrà che il nostro visitatore quando si troverà a scegliere una bottiglia di vino, oltre alle caratteristiche intrinseche di profumo, sapore e colore, questa gli evocherà soprattutto il paesaggio, gli farà rivivere la sensazione di piacere che gli deriva dall’ambito culturale in cui è stata prodotta.

Carlo Bidone