Tipologie storiche di coltivazione della vite nella realtà delle Langhe

Dott. Paolo Debernardi

AGER (Agenzia Internazionale per la Protezione dei Paesaggi Bioculturali e per la nuova Ruralità - www.Ager-landscape.org

Veduta del paesaggio viticolo tipico della zona delle Langhe 

Veduta del paesaggio viticolo tipico della zona delle Langhe

       Le tipologie di allevamento della vite in Langa sino al diciasettesimo secolo sono consistite sostanzialmente, eccezion fatta per i sistemi a pergola (anche con sostegno in pietra o mattoni) e pergoletta (o pantalera) scarsamente diffusi in Langa, in una concentrazione di 4 o 5 varianti di base quali appunto a) le differenti tipologie di alberate, b) i vigneti ad alberello basso, c) palificazioni con sostegni trasversali di altezza variante dai 120 ai 210 cm, d) canne a gruppi di 2 o 3 carasse (maggiormente verso il monferrato astigiano e casalese),  e) alberi isolati. In alcuni casi queste varianti hanno dato vita a nuove commistioni ed in tutti i casi sono la forte testimonianza della eterogeneità delle influenze culturali ed etnografiche a cui le popolazioni furono recettive. Le terminologie utilizzate negli ambiti della coltura della vite denotano influenze libico-minoiche e libico-egizie; in particolare i sistemi a due e tre canne ricordano, iconograficamente e quasi fotograficamente, le rappresentazioni viticole dei geroglifi egizi, dove al posto delle canne si utilizzavano i tralci delle palme. La storia etnografica della viticoltura, in Langa, è ancora tutta da scrivere così come quella delle specie cerealicole coltivate anche su spazi aperti o terrazzati, in particolare negli areali vallivi pianeggianti o sulle pendici meno scoscese, allo scopo di poter utilizzare il lavoro dei buoi (prevalentemente di razza Tortonese) anche se il lavoro di zappa doveva rimanere, sino ad anni recenti, una pratica molto diffusa per chi non poteva permettersi l’uso costante degli animali da aratro.  I disboscamenti periodici per ottenere terra nuova e carbone per i traffici mediterranei procuravano gli spazi debbiati per i pascoli e per le primitive colture a zappa; in alcuni casi le radure tra i boschi erano l’effetto delle pratiche di resinazione protratte nei secoli e degli incendi incontrollati. I boschi ridotti a coltura od a radura sovente iniziavano il lento processo di ritorno, seppur floristicamente e strutturalmente sempre più impoveriti, alle condizioni climaciche originarie in quanto le primitive pratiche agricole contemplavano, dopo alcuni anni di coltura, l’abbandono dei fondi e la ricerca di nuovi siti. Chi scrive ha ancora osservato, in anni recenti, pratiche di disboscamento e di debiatura, con l’uso del fuoco e di successiva semina, tra i tronconi anneriti degli alberi non totalmente combusti.  I seminativi consistevano principalmente di segala, l’ “asia” delle fonti classiche che viene fermamente attribuita come peculiarità della dieta delle popolazioni liguri, congiuntamente al vasto utilizzo dei pinoli nell’alimentazione.  Un ipotetico viaggiatore, proveniente dal Nord, riscontra, ancor oggi, che, ad iniziare dai primi rilievi del Roero, qualcosa sta mutando nel clima e nella vegetazione ma principalmente nell’organizzazione spaziale degli ambienti e dei paesaggi della Langa, così fortemente anticipatori delle luci e delle atmosfere del mondo mediterraneo. Senza un approccio culturale, etnografico ed ecosistemico che si immerga nella realtà dell’ambiente naturale e delle sue componenti biotiche ed abiotiche, non riusciremo pienamente a comprendere come è nata e come si è distesa su terre e paesaggi la rete di collegamenti e di interrelazioni che sino a tempi recenti disegnava, con forti identità, le nostre colline ed i nostri rilievi, influenzando anche la vita delle nostre genti. Nelle situazioni meno difficoltose da gestire, in un ottica di attualizzazione economica e produttiva tramite l’utilizzo di macchinari e metodologie appositamente concepite (si veda il bollettino “PROTERRA” del Centre Mediterranéen de l’Environment –CME-di Avignone), sarebbe auspicabile che queste faticose realtà produttive ed i loro paesaggi rurali così come quelli degli ultimi vigneti altenati ed inerbiti, venissero individuati e censiti, con l’aiuto degli imprenditori agricoli e delle popolazioni locali, sulla base delle indicazioni scaturite dalla Convenzione Europea del Paesaggio e sulla base degli indirizzi della Carta dei Paesaggi Bioculturali, proposta da AGER (www.Ager-landscape.org).

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