Bitumaggio ovvero il caso di Portacomaro
Luigi Sposato - Pro Natura Asti
La strada del vino tra Portacomaro e Scurzolengo: il vero patrimonio del territorio per le generazioni future.
Portacomaro è famoso nell’astigiano per il suo il Grignolino. A Portacomaro si vuol far nascere ora un impianto di “bitumaggio” funzionale all’Asti/Cuneo ed alla manutenzione ordinaria delle strade esistenti. Alla sua realizzazione si oppone un comitato spontaneo di cittadini costituitosi in difesa del territorio che ha promosso una petizione, sottoscritta da centinaia di persone, con cui ha posto all’attenzione del sindaco le preoccupazioni per l’impatto dell’impianto sulla salute e sull’ambiente. Inoltre si sono tenuti un consiglio Comunale aperto e due Assemblee con la popolazione. All’ultima di queste gli amministratori di Portacomaro, ancorché invitati, non si sono presentati. Presente, invece sempre, il Sindaco di Scurzolengo, preoccupato oltre che per quanto esposto dal Comitato, per la salute degli abitanti di una frazione del suo Comune che sovrasta l’impianto e che ne respirerebbero, fumi e “profumi”.
Il Comune di Portacomaro da subito è apparso favorevole alla realizzazione dell’opera adducendo motivi economici e nuovi posti di lavoro (inizialmente 7 unità poi scese a 3). Successivamente, in Commissione Edilizia, ha ritenuto il progetto in contrasto con il Piano Regolatore e lo ha bocciato. Inoltre il Consiglio Comunale non ha inteso modificare il Piano Regolatore onde vietare la realizzazione, su tutto il territorio comunale, di impianti trattanti materiali classificati ”insalubri” dalla normativa vigente. La società interessata ha presentato, quindi, un nuovo progetto che è stato giudicato in linea col piano regolatore che prevede il parziale interramento del mescolatore per farlo rientrare nei limiti previsti dal piano. Le torri sono state definite, invece, parti tecniche e in quanto tali non sottoposte ai vincoli del piano.La pratica è arrivata ora allo Sportello unico, il quale avendo acquisito il parere di costruire da parte de Comune di Portacomaro e i pareri favorevoli degli Enti chiamati ad esprimersi, a giorni rilascerà il provvedimento autorizzativo. I tecnici della Società, inoltre, hanno assicurato che l’impianto (che tratterebbe essenzialmente materiali inerti e asfalto di risulta) è sicuro, certificato a norma UE, e, non costituisce pericolo alcuno per i cittadini. Insomma un vero “gioiellino”.Tutto ciò non rassicura affatto. La presenza nell’asfalto di catrame e la lavorazione a caldo dello stesso può costituire un pericolo, specie in caso di incidente. Altra fonte di sicuro pericolo, disagio continuo e grande stress sarebbe la presenza di numerosi tir, che giornalmente effettuerebbero circa 200 viaggi da e per lo stabilimento, intasando la strada per il paese e producendo un notevole aumento dell’inquinamento acustico e da polveri sottili (PM10). Vi è poi l’impatto delle torri, alte 18 metri, sul paesaggio. Ricordo che in quella zona il piano regolatore, a tutela del paesaggio, prevede per le costruzioni un’altezza massima di 7,5 metri. Ora, nell’interesse della salute degli abitanti della zona, della qualità della loro vita e, perché no?, del valore dei loro immobili mi chiedo:
- non sarebbe meglio non realizzare l’impianto?
- non sarebbe meglio e comunque più opportuno dislocare in zone lontane dai centri abitati, pur se solo frazioni, gli impianti di tipo industriale specie se trattano materiali classificati “insalubri” .
- è proprio necessario che ogni paese, grande o piccolo, debba avere un’area industriale? Tanto più in un’era post-industriale. Non sarebbe meglio, come fanno in Francia, individuare aree comuni a più paesi (distretti) da dedicare a lavorazioni magari già esistenti in quelle zone?
- Nel nostro caso, perché non accettare di spostare l’impianto ad Asti, in zona industriale?
- Bisogna sempre accettare uno stabilimento anche se va a svantaggio dell’ambiente e della salute?
Per il “distretto” Portacomaro/Scurzolengo, non sarebbe più utile, invece di un impianto industriale, lo sviluppo di un turismo enogastronomico di qualità sorretto da un’agricoltura (magari biologica) che abbia proprio nel Grignolino l’elemento trainante? E se un sommelier degustando questo Grignolino rilevasse “una nota di catrame” o “ un lieve sentore di asfalto”; avremmo creato 3 nuovi posti di lavoro o ne avremmo distrutti chissà quanti?
Chiudo auspicando per i due paesi un patto di collaborazione teso a valorizzare quanto, sia di enogastronomico che di culturale (chiese, pievi, fontane) insiste sul loro territorio. Ciò genererebbe un flusso turistico capace di produrre nuovi e, questi si, duraturi posti di lavoro ed un recupero agricolo di terreni altrimenti destinati a rimanere incolti o peggio a trasformarsi in cave.
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