Relazioni presentate al

Convegno a ricordo del Prof Italo Currado

Asti, sabato, 22 luglio 2006

Salone della Società Mutuo Soccorso “Fratellanza Militari in Congedo”, Via Bonzanigo 46, h 9,00-13,00

 

Prof. Italo Currado

 

Italo Currado non solo entomologo e zoologo

Alberto Alma

Di.Va.P.R.A. – Entomologia e Zoologia applicate all’Ambiente “Carlo Vidano”, Università degli Studi di Torino

 

Prima di elencare le tappe istituzionali e più formali che caratterizzarono l’attività di ricercatore in campo entomologico e zoologico, di docente e di rappresentante per la Facoltà di Agraria e per l’attuale settore di Entomologia del Di.Va.P.R.A. vorrei provare a ricordare e rivivere alcuni particolari momenti di spensieratezza e serenità trascorsi insieme al prof. Italo Currado.

             Se devo essere sincero non ricordo con esattezza il momento e l’occasione in cui incontrai per la prima volta il prof. Currado, certamente eravamo alla metà degli anni ’70, direi nel 1976. Ero un giovane studente della Facoltà di Agraria con una grande passione per gli insetti. Proprio questa passione mi portò a frequentare fin dai primi mesi di vita universitaria e successivamente come tesista l’austero e temuto (per noi studenti) Istituto di Entomologia Agraria di via Pietro Giuria. Ricordo invece molto bene del prof Currado la signorilità, la gentilezza e direi la sincera amicizia che mi trasmise fin dal nostro primo incontro, anche se ero solo uno dei tanti giovani studenti-tesisti. La sincera amicizia e la stima reciproca furono gli elementi che caratterizzarono il nostro comune percorso professionale, e non solo.

             Indimenticabili sono le battute, a volte pungenti, spesso autoironiche e le risate nelle interminabili serate enogastronomiche durante le esercitazioni di entomologia forestale e zoologia presso la Casa Alpina a Pragelato, con i dottorandi, dove si parlava di tutto, fuorché di bio-etologia di driinidi, ai pranzi degli auguri per le feste natalizie organizzati dai ragazzi, ai quali non ha mai rinunciato, anche in precarie condizioni di salute, per il piacere di stare in compagnia dei giovani, e ai congressi di entomologia. Proprio per partecipare al congresso nazionale di entomologia svoltosi a Bari – Martina Franca rinunciò ad un comodo viaggio aereo e affrontò con noi giovani ricercatori, che non potevamo spendere disponendo di pochi esigui fondi per la ricerca, un lungo ed interminabile viaggio in treno, dimostrando grande sensibilità, si trasformò in un viaggio piacevole e divertente.

             Con il prof. Currado ho condiviso anche altre passioni distanti dall’entomologia, l’amore e l’interesse per le “cose vecchie”, la storia locale, i libri, le stampe, le cartoline e le fotografie. In più di una occasione si è presentato nel mio ufficio portandomi qualche “prezioso” reperto scovato in una libreria antiquaria o come spesso accadeva curiosando e rovistando in scatoloni e cataste di libri sui banchi del mercatino dell’usato, che mensilmente si svolge ad Asti. Tra le tante cose, mi è particolarmente cara una medaglia commemorativa della fine dell’ottocento che raffigura la “Vezzosa Mugnaia” emblematica figura femminile dello Storico Carnevale di Ivrea. Mi disse, ho trovato una medaglia per un eporediese, le piace? L’ho presa per lei, gliela regalo!

             Per il carnevale del 2000 accolse con entusiasmo il mio invito e venne ad Ivrea per presentare una nuova medaglia appositamente coniata per ricordare il nuovo millennio. Stupì l’uditorio con dotte disquisizioni sulle tecniche di conio, appassionò con i vivi ricordi di un carnevale vissuto da giovane ragazzino in compagnia del padre e concluse con una inaspettata sorpresa, mostrò un fascio di sciabole risalenti al periodo napoleonico con incise sull’elsa e sulla lama raffigurazioni sulla rivoluzione francese che, noncurante delle norme in materia sulla detenzione di armi, si era portato appresso da Asti.

              Italo Currado si laureò in Scienze Agrarie all’Università degli Studi di Torino nel 1959. Dapprima lavorò come assistente straordinario presso l’Università degli Studi di Milano dal 1961 al 1964. Quindi fu assunto da aziende assicurative e produttrici di fitofarmaci. Nel 1967 entrò a far parte dell’Istituto di Entomologia Agraria di Torino in qualità di tecnico laureato con mansioni di assistente straordinario del direttore Athos Goidanich, professore di zoologia generale. Nel 1970 fu nominato assistente ordinario presso la cattedra di Entomologia agraria. Nel 1975 fu eletto direttore della Biblioteca della Facoltà di Agraria, carica che mantenne fino al pensionamento. Nel 1979 ricevette l’incarico dell’insegnamento di Zoologia viticola e quindi di Zoologia forestale, venatoria e acquicoltura; su quest’ultimo insegnamento fu nominato professore associato nel 1983. Ricoprì fino al pensionamento la carica di coordinatore del settore di Entomologia e Zoologia applicate all’Ambiente “Carlo Vidano” del Di.Va.P.R.A. Fu rappresentante della Facoltà e membro di commissioni faunistiche e forestali della Regione Piemonte.

          Durante la sua attività scientifica ha descritto nuove specie di insetti, ha segnalato l’introduzione di insetti e mammiferi in Italia, con particolare attenzione per i roditori indigeni ed esotici. L’intera e intensa attività di ricercatore nel campo dell’entomologia agraria e soprattutto forestale e della zoologia è testimoniata dall’elenco completo delle sue pubblicazioni di seguito riportate.

 

1.     Currado I., 1968. Presenza spontanea in Piemonte di Prospaltella perniciosi Tower (Hym. Aphelinidae). Studi del Gruppo di lavoro del C.N.R. per la lotta integrata contro i nemici animali delle piante: XXXI. Ann.Fac.Sc.Agr. Univ.Torino, IV: 277-282.

2.     Currado I., Olmi M., 1972. Dryinidae italiani: conoscenze attuali e nuovi reperti (Hymenoptera, Bethyloidea). Boll.Mus.Zool.Univ.Torino, 7: 137-176.

3.     Currado I., Olmi M., 1974. Le specie italiane dei generi Donisthorpina Richards 1939 e Haplogonatopus Perkins 1905 (Hymenoptera, Dryinidae). Boll.Mus.Zool.Univ.Torino, 6: 39-44.

4.     Currado I., Olmi M., 1974. Studi sugli Pseudogonatopus europei, con descrizione di tre nuove specie Hymenoptera, Dryinidae). Redia, LV: 221-239.

5.     Olmi M., Currado I., 1974. Studi sui Gonatopodini con particolare riguardo a quelli conservati nel Museo Civico di Storia Naturale di Genova (Hymenoptera, Dryinidae). Ann.Mus.Civ.St.Nat.Genova, LXXX: 173-216.

6.     Currado I., 1974. Propagazione spontanea in Piemonte di Polynema stiaticorne Girault (Hymenoptera Mymaridae). Studi del Gruppo di lavoro del C.N.R. per la lotta integrata contro i nemici animali delle piante: CXXVII. Ann.Fac.Sc.Agr. Univ.Torino, IX: 335-346.

7.     Currado I., Olmi M., 1975. Un nuovo gonatopodino italiano: Agonatopoides johannae sp.n. (Hymenoptera, Dryinidae). Boll.Mus.Civ.St.Nat.Venezia, XXVII: 27-38.

8.     Olmi M., Currado I., 1975. Su alcuni tipi di Dryinidae di Ljiungh, Snellen van Vollenhoven e Klug (Hymenoptera, Bethyloidea). Boll.Mus.Civ.St.Nat.Venezia, XXVII: 47-66.

9.     Currado I., 1976. Nuovo genere e nuova specie di Gonatopodinae della Spagna: Acrodontochelys bouceki (Hymenoptera, Dryinidae). Boll.Mus.Zool.Univ.Torino, 2: 13-26.

10.  Currado I., Olmi M., 1976. Parassiti di Rhopalosiphum padi (L.) in Italia: Aphidiidae (Hymenoptera Ichneumonoidea). Il Riso, XXV(4): 313-315.

11.  Olmi M., Currado I., 1976. Su alcuni tipi di Kieffer conservati nel Museo di Storia Naturale di Vienna (Hymenoptera Dryinidae). Boll.Soc.Ent.It., 108(3-4): 72-77.

12.  Currado I., Olmi M., 1976. Una specie di Gonatopodinae nuova per l’Italia: Plectrogonatopus richardsi Móczár 1965 (Hymenoptera Dryinidae). Doriana, V(224): 1-5.

13.  Olmi M., Currado I., 1976. Gonatopodinae extraeuropei conservati nel Museo Civico di Storia Naturale di Genova. (Hymenoptera Dryinidae). Ann.Mus.Civ.St.Nat.Genova, LXXXI: 165-194.

14.  Olmi M., Currado I., Palenzona M., 1977. Osservazioni su Dioryctria sylvestrella nel nord Italia. L’Italia agricola, 114(3): 103-110.

15.  Olmi M., Currado I., 1977. On the identity of Gonatopus pedestris Dalman (Hymenoptera: Dryinidae). Ent.Scand., 8: 76-78.

16.  Currado I., Olmi M., 1977. Descrizione di Haplogonatopus pacei sp.n. d’Italia (Hymenoptera Dryinidae). Boll.Mus.Civ.St.Nat.Verona, IV: 317-320.

17.  Viggiani G., Currado I., 1978. Sul parassitismo di Cales noacki (How.) (Hym. Aphelinidae) in uova di Phalera bucephala L. (Lep. Notodontidae). Atti XI Congr.Naz.it.Ent., Portici-Sorrento, 10-15 maggio 1976: 317-319.

18.  Olmi M., Currado I., 1979. Revisione del genere Haplogonatopus R.C.L. Perkins (Hymenoptera Dryinidae). Ann.Fac.Sc.Agr.Univ.Torino, XI: 37-44.

19.  Currado I., Olmi M., 1979. On the identity of some Indian Dryinid parasites of rice leaf-hoppers (Hymenoptera Dryinidae). Il Riso, XXVIII(2): 179-181.

20.  Casale A., Currado I., 1979. Gradazioni di Diprion simile (Hartig) su Pinus strobus nella pianura piemontese (Hym. Symphyta Diprionidae). Ann.Fac.Sc.Agr.Univ.Torino, XI: 69-82.

21.  Currado I., Olmi M., 1979. Descrizione del maschio di Mesodryinus niger (Kieffer) e note sulle specie correlate (Hymenoptera Dryinidae). Doriana, V(234): 1-6.

22.  Olmi M., Currado I., 1979. Anteoninae conservati nel Museo Civico di Storia Naturale di Genova (Hymenoptera Dryinidae). Ann.Mus.Civ.St.Nat.Genova, LXXXII: 340-349.

23.  Olmi M., Currado I., Sampò A., 1980. In Italia un nuovo nemico per l’abete rosso Paroudablis piceae (Löw) (Hemiptera Pseudococcidae). Nota preventiva. Ann.Fac.Sc.Agr.Univ.Torino, XII: 1-5.

24.  Currado I., Bizzarri S., 1982. Api ed alveari simboli di operosità e risparmio nell’Italia subalpina. Atti del convegno “Passato e Presente dell’Apicoltura Subalpina”, Torino, 25-26 settembre 1982: 111-117 + 6 tavv.

25.  Currado I., 1983. Osservazioni su Anteon flavicorne (Dalman) (Hymenoptera Dryinidae). Atti XIII Cong.Naz.It.Ent., Sestriere-Torino, 27 giugno-1 luglio 1983: 127-130.

26.  Currado I., Scaramozzino P.L., Palenzona M., 1983. Osservazioni sul comportamento di Rhyacionia buoliana Den. Et Sch. Su Pinus strobus L. (Lepidoptera Tortricidae). Nota preventiva. Atti XIII Cong.Naz.It.Ent., Sestriere-Torino, 27 giugno-1 luglio 1983: 371-374.

27.  Currado I., Olmi M., 1983. Primo reperto di Driinide fossile in ambra della Repubblica Dominicana (Hymenoptera, Dryinidae). Boll.Mus.Reg.Sc.Nat.Torino, 1(2): 329-334.

28.  Currado I., Piccone G., 1983. Prove sulla utilizzazione dei fanghi organici industriali nell’alimentazione dei lombrichi. Scopi e metodologie. Atti del 2° Simposio Nazionale di lombricoltura, Ovada, 10 ottobre 1983: 7-8.

29.  Scaramozzino P.L., Currado I., 1984. Note biosistematiche sul genere Pseudopimpla Habermehl (Hymenoptera, Ichneumonidae). Ann.Fac.Sc.Agr.Univ.Torino, XIII: 357-370.

30.  Currado I., Brussino G., 1985. Esperienze di lotta con Bacillus thuringiensis Berl. Nelle foreste del Piemonte. La difesa delle piante, 8(2): 339-344.

31.  Piccone G., Biasiol B., De Luca G., Minelli L., Currado I., 1986. Vermicomposting of different organic wastes. In: De Bertoldi M., Ferranti M.P., L’Hermite P., Zucconi F. (eds.) “Compost: Production, quality and use“, Elsevier, London: 818-821.

32.  Ronco S., Currado I., Giannatelli R., 1987. Note sulla alimentazione di Barbus barbus plebejus Val. e di Barbus meridionalis Risso in Piemonte (Pisces, Cyprinidae). Atti II Conv. AIIAD “Biologia e gestione dell’ittiofauna autoctona”, Torino, 5-6 giugno 1987: 281-285.

33.  Currado I., Scaramozzino P.L., Brussino G., 1987. Note sulla presenza dello scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis Gmelin, 1788) in Piemonte (Rodentia: Sciuridae). Ann.Fac.Sc.Agr.Univ. Torino, XIV: 307-331.

34.  Bin F., Colazza S., Currado I., Longo S., Scaramozzino P.L., Tiberi R., 1988. Egg mass characteristics of brown tail moth and attack strategy of an egg parasitoid. Advances in Parasitic Hymenoptera Research: 379-382.

35.  Scaramozzino P.L., Currado I., 1988. Prime notizie sull’approvvigionamento dei nidi pedotrofici di Isodontia mexicana (Saussure) in Italia (Hymenoptera: Sphecidae). Atti XV Cong.naz.ital.Ent., L’Aquila: 871-878.

36.  Currado I., Raviglione M., Scaramozzino P.L., 1988. Indagini sui limitatori naturali di Euproctis chrysorrhoea L. in Piemonte (Lepidoptera, Lymantriidae). Atti XV Cong.naz.ital.Ent., L’Aquila: 981-988.

37.  Currado I., Scaramozzino P.L., 1989. Pet or pest? Lo scoiattolo grigio nord americano, simpatico nei parchi, ma nemico di boschi e agricoltura. Piemonte Parchi, 27: 21-23.

38.  Scaramozzino P.L., Currado I., Vergano G., Tromellini C., 1989. Comportamento nidificatorio di Isodontia mexicana (Saussure) in Piemonte (Hymenoptera: Sphecidae). Atti del 3° Conv. AISASP, Ferrara, 13-15 aprile, 1989, riassunti: 28-29.

39.  Quaglino A., Motta R., Currado I., 1989. Beziehung Gamswild-Wald im oberen Sesseratal (Provinz Vercelli – N.W. Italien). Neue Bewirtschaftungsprobleme. Gamswildsymposium – Symposium Chamois, Ljubljana, 25.-26. Oktober 1988: 161-183.

40.  Currado I., Scaramozzino P.L., 1989. Grey Squirrel in Italy (Sciurus carolinensis Gmelin, 1788). Fifth International Theriological Congress, Rome, 22-29 August 1989, abstracts volume: 538-539.

41.  Currado I., 1989. Native insects on Pinus strobus L. in Italy. Population Dynamics of Forest Insects, Edinburggh, 4-7 September 1989, abstract: 1 p.

42.  Currado I., Scaramozzino P.L., 1990. Modificazioni ambientali e danni da roditori arboricoli in Piemonte. Atti VI Conv.Naz.Ass. “Alessandro Ghigi”, Torino, 22-24 giugno 1989: 255-258.

43.  Scaramozzino, P.L., Currado I., Vergano G., Tromellini C., 1991. Nesting behaviour of adventive Isodontia mexicana (Saussure) in Piedmont (Italy North-West) (Hymenoptera Sphecidae). Ethology Ecology & Evolution, Special Issue 1: 39-42.

44.  Currado I., Mazzoglio P.J., Verzé P., Scaramozzino P.L., 1991. Pullulazioni di Lymantria monacha (L.) in Valle d’Aosta. Atti XVI Congresso nazionale italiano di Entomologia, Bari-Martina Franca, 23-28.09.1991: 683-688.

45.  Currado I., 1991. Insetti del pino strobo in Italia. Atti delle giornate di studio sulle avversità del pino, Ravenna, 6-7 novembre 1989: 206-211.

46.  Currado I., Piton P., 1991. Debarking behaviour in grey squirrel Sciurus carolinensis (Rodentia: Sciuridae) on poplars in Piedmont (northwestern Italy). Third International Colloquium “The Rodent and its Environment”, Lyon, 6-8 March 1991: 8 pp.

47.  Currado I., Mazzoglio P.J., 1992. Attacchi di Lymantria monacha L. alle peccete della Valle d’Aosta. Atti del Convegno “Le Avversità delle abetine in Italia”, Vallombrosa, 25-26.06.1992: 141-153.

48.  Arzone A., Currado I., Mazzoglio P.J., Patetta A., 1993. Indagini biologiche su Calliteara pudibunda (L.) nell’Italia nord-occidentale (Lepidoptera Lymantriidae). Redia, 76(2): 391-401.

49.  Arzone A., Currado I., Mazzoglio P.J., Patetta A., 1994. Gradazione di Calliteara pudibunda (L.) in Italia nord-occidentale (Lepidoptera: Lymantriidae). Atti del XVII Congresso nazionale italiano di Entomologia, Udine, 13-18.06.1994: 747-750.

50.  Scaramozzino P.L., Currado I., Vergano G., Andreone F., 1994. Comportamento nidificatorio di Isodontia mexicana (Saussure) in Piemonte (Hymenoptera: Sphecidae). Atti del XVII Congresso nazionale italiano di Entomologia, Udine, 13-18.06.1994: 897-898.

51.  Boano G., Currado I., Mazzoglio P.J., 1994. Il ruolo del Parco di Racconigi nella conservazione della fauna forestale planiziaria piemontese. Atti del Convegno “I giardini del Principe”, Racconigi, 22-24.09.1994: 761-766.

52.  Currado I., 1994. Lo scoiattolo grigio in Piemonte. Una svista che giunge a proposito. Notiziario Regionale WWF Piemonte e Valle d’Aosta, supplemento al Panda, 10: 2-3.

53.  Currado I., 1994. Gli studi del Dipartimento di Zoologia Forestale per la conoscenza degli animali in foresta, per una equilibrata gestione venatoria ed ittica. Cronache piemontesi, 42: 31-32.

54.  Currado I., 1995. Lo scoiattolo grigio americano (Sciurus carolinensis Gmelin), nuovo nemico per l’arboricoltura da legno in Italia (Rodentia: Sciuridae). Atti del conv. “Arboricoltura da legno e politiche comunitarie”, Tempio Pausania, 22-24 giugno 1993: 85-94.

55.  Currado I., Mazzoglio P.J., Wauters L., 1995. The grey squirrel in Italy, notes on the environment of the occupied areas and their surroundings. 2nd European Congress of Mammalogy, Southampton, 27.03-01.04.1995: 6 pp.

56.  Currado I., Mazzoglio P.J., Fella M., Coscia L., Grattapaglia M., 1995. Habitat fragmentation and dispersion of the grey squirrel (Sciurus carolinensis) in Italy. 3rd European Squirrel Workshop, Grafenau, Germania, 11-15.09.1995: 2 pp.

57.  Brussino G., Currado I., 1996. Lo scoiattolo grigio americano: una grave minaccia per pioppi, cereali, frutta, nocciole e... tartufi. Quaderni della Regione Piemonte, Agricoltura, I(1): 21-22.

58.  Wauters L., Gurnell J., Currado I., Mazzoglio P.J., 1997. Grey squirrel Sciurus carolinensis management in Italy - squirrel distribution in a highly fragmented landscape. Wildlife Biology, 3(2): 117-124.

59.  Wauters L., Mazzoglio P.J., Currado I., Gurnell J., 1997. Replacement of red squirrels by introduced grey squirrels in Italy: evidence from a distribution survey. In: J. Gurnell e P. Lurz “The conservation of red squirrels, Sciurus vulgaris L”, People’s Trust for Endangered Species, London: 79-88.

60.  Currado I., Mazzoglio P.J., Amori G., Wauters L., 1997. Rischi biologici delle introduzioni: il caso dello Scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis Gmelin, 1788) in Italia. Supplemento alle Ricerche sulla Biologia della Selvaggina 27: 277-284.

61.  Bertolino S., Currado I., 1997. Passive integrated transponders for marking the garden dormouse Eliomys quercinus. Nat.Croat., 6(2): 243-251.

62.  Bertolino S., Currado I., Azzollini R., Viano C., 1997. The social organization, home range and movement of the garden dormouse Eliomys quercinus. Nat.Croat., 6(3): 303-312.

63.  Wauters L.A., Gurnell J., Currado I., Mazzoglio P.J., 1997. Grey squirrel Sciurus carolinensis management in Italy – squirrel distribution in a highly fragmented landscape. Wildl.Biol., 3: 117-124.

64.  Currado I., Mazzoglio P.J., Negro M., 1997. Gradazioni di insetti fitofagi forestali sulle Alpi occidentali italiane negli ultimi anni. Actes du Deuxième Colloque Écologie et Biogéographie Alpines, Botanique et Zoologie, La Thuile, 6-11.09.1997, Revue Valdôtaine d’Histoire Naturelle, 51, supplemento, riassunti: 178.

65.  Bertolino S., Currado I., Mazzoglio P.J. 1997. Squirrels in Italy. 4th European Squirrel Workshop, Grimsö Wildlife Research Station, Sweden, Abstract p. 3.

66.  Bertolino S., Genovesi P., Wauters L., Mazzoglio P.J., Currado I. 1997. Eradication of the grey squirrel in Italy: an action plan. 4th European Squirrel Workshop, Grimsö Wildlife Research Station, Sweden, Abstract pp. 4-5.

67.  Currado I., 1998. The gray squirrel (Sciurus carolinensis Gmelin) in Italy: a potential problem for the entire European continent. In: M.A. Steele, J.F. Merritt, D.A. Zegers (eds.) Ecology and Evolutionationary Biology of Tree Squirrels”, Special Publication, Virginia Museum of Natural History, 6: 263-266.

68.  Bertolino S., Currado I., Mazzoglio P.J., Amori G. 1998. Scoiattoli autoctoni e alloctoni presenti in Italia. II Congresso Italiano di Teriologia, Abstract book, p. 7.

69.  Bertolino S., Currado I., Mazzoglio P.J., Pallavicino L. 1998. L’uso degli Hair-tubes nel monitoraggio di Roditori arboricoli. II Congresso Italiano di Teriologia, Abstract book, p. 172.

70.  Bertolino S., Currado I., Viano C. 1998. Studio di una popolazione di Quercino (Eliomys quercinus) in ambiente alpino. II Congresso Italiano di Teriologia, Abstract book, p. 66.

71.  Bertolino S., Currado I., 1998. Gestione faunistica e ambientale nei “Parchi storici” inseriti in contesti urbani: l’esempio del Parco di Racconigi. Bologna M.A., Carpaneto G.M., Cignini B., (eds) Atti del 1° Convegno Nazionale sulla Fauna Urbana, Fratelli Palombi Editori: 281-282.

72.  Bertolino S., Currado I., Viano C. 1999. Weight growth and activity season length in the garden dormouse Eliomys quercinus: variation related to sex and reproductive condition. IIIth European Congress of Mammalogy, Abstract book, p. 72.

73.  Bertolino S., Currado I., Mazzoglio P.J., Vaiana M. 1999. The introduction of the Finlayson’s squirrel Callosciurus finlaysoni in Italy and it’s impact on the vegetation. IIIth European Congress of Mammalogy, Abstract book, p. 73.

74.  Lurz P.W.W., Rushton S.P., Wauters L., Mazzoglio P.J., Bertolino S., Currado I. 1999. Predicting grey squirrel range expansion in North Italy: a spatially explicit modelling approach. IIIth European Congress of Mammalogy, Abstract book, p. 171.

75.  Mazzoglio P.J., Bertolino S., Currado I. 1999. A population of Callosciurus finlaysoni in Italy. A new problem. Vth European Squirrel Workshop, Abstract Book, p.9.

76.  Bertolino S., Currado I. 1999. The ecology of the garden dormouse (Eliomys quercinus) in the alpine habitat. IVth International Conference on Dormice, Abstract book, p.22.

77.  Bertolino S., Mazzoglio P.J., Vaiana M., Currado I. 1999. Biologia riproduttiva e danni alla vegetazione prodotti da Callosciurus finlaysoni (Rodentia, Sciuridae). IV Convegno Nazionale dei Biologi della Selvaggina, Libro dei riassunti, p. 148.

78.  Negro M., Dovigo L., Currado I., Mazzoglio P.J., 1999. Survey methods on insect forest pests in the Aosta Valley. In: Forster B., Knizek M, Grodzki W (eds.) “Methodology of Forest Insect and Disease Survey in Central Europe”, Proceedings of the Second Workshop of the IUFRO WP 7.03.10, Sion-Châteauneuf, Svizzera, 20-23.04.1999: 231-233.

79.  Bertolino S., Currado I., Mazzoglio P.J., Vaiana M. 1999. Danni a impianti per l’arboricoltura da legno provocati da Sciuridae alloctoni introdotti in Italia. II Congresso Nazionale di Selvicoltura, vol. 4: 501-506

80.  Bertolino S., Currado I., Mazzoglio P.J. 1999. Finlayson’s (Variable) Squirrel Callosciurus finlaysoni in Italy. Mammalia, 63 (4): 522-525

81. Currado I., Bertolino S., Mazzoglio P.J. 1999. Callosciurus finlaysoni (Horsfield, 1824). In: Mitchell-Jones A.J., Amori G., Bogdanowicz W., Kryštufek B., Reijnders P.J.H., Spitzenberger F., Stubbe M., Thissen J.B.M., Vohralík V. & Zima J.,(eds). The Atlas of European Mammals. The Academic Press, London: 184-185.

82.  Bertolino S., Currado I., Mazzoglio P.J., Amori G. 2000. Native and alien squirrels in Italy. Hystrix, Italian Journal of Mammalogy, 11(2): 49-58.

83.  Bertolino S., Viano C., Currado I. 2001. Population dynamics, breeding patterns and spatial utilisation of the garden dormouse Eliomys quercinus in an Alpine habitat. Journal of Zoology, London, 253: 513-521.

84.  Lurz P.W.W., Rushton S.P., Wauters L.A., Bertolino S., Currado I. , Mazzoglio P.J, Shirley M.D.F., 2001. Predicting grey squirrel expansion in North Italy: a spatially explicit modelling approach. Landscape Ecology, 16: 407-420.

85.  Bertolino S., Currado I., 2001. Ecology of the Garden Dormouse (Eliomys quercinus) in the alpine forest. Trakya University Journal of Scientific Research, Serie B, 2: 75-78.

86.  Bertolino S., Vaiana M., Currado I., 2001. Activity budget and foraging behaviour in the variable squirrel Callosciurus finlaysonii. Proceedings VIth European Squirrel Workshop, Acqui Terme, Italy: 3.

87.  Mazzoglio P.J., Bertolino S., Currado I., 2001. An attempt to determine population dynamics of introduced alien squirrel species. Proceedings VIth European Squirrel Workshop, Acqui Terme, Italy: 18.

88.  Blengio L., Mazzoglio P.J., Currado I., 2001. Individual identification in the Variable Squirrel Callosciurus finlaysonii floweri (Bonhote, 1901) (Rodentia Sciuridae). 6th European Squirrel Workshop, Acqui Terme, 11-13.09.2001: 1 p.

89.  Bertolino S., Mazzoglio P.J., Vaiana M., Currado I., 2001. Comportamento alimentare dello scoiattolo variabile Callosciurus finlaysonii in un’area di recente introduzione. III Congresso Italiano di Teriologia, Sanremo, Libro dei Riassunti: 59.

90.  Bertolino S., Cordero N., Currado I., 2002. Home ranges, movements, and resting places of the garden dormouse in a mountain habitat. Vth International Conference on Dormice, Abstract book, p. 48.

91.  Bertolino S., Cordero N., Currado I., 2003. Home ranges and habitat use of the Garden dormouse (Eliomys quercinus) in a mountain habitat in summer. Acta Zoologica Academiae Scientiarum Hungaricae, 49 (suppl. 1): 9-16.

92.  Mazzoglio P.J., Salvato P., Currado I., Patetta A., Zane L., Battisti A., 2004. Indagini biologiche e genetiche sulla processionaria del pino (Traumatocampa pityocampa) in Italia nord-occidentale. XIX Congresso Nazionale Italiano di Entomologia, Catania, 10-15.06.2002: 795-801.

93.  Musso B., Mazzoglio P.J., Currado I., 2004. Fenologia di Acantholyda erythrocephala (L.) in Piemonte (Hymenoptera Pamphiliidae). XIX Congresso Nazionale Italiano di Entomologia, Catania, 10-15.06.2002: 949-954.

94.  Bertolino S., Mazzoglio P.J., Vaiana M., Currado I., 2004. Activity budget and foraging behavior of introduced Callosciurus finlaysonii (Rodentia, Sciuridae) in Italy. Journal of Mammalogy, 85(2): 58-63.

95.  Mazzoglio P.J., Paoletta M., Patetta A., Currado I., 2005. Calliteara pudibunda (L.) in Northwest Italy (Lepidoptera Lymantriidae). Journal of Insectology, 58(1): 25-34.

96.  Bertolino S., Mazzoglio P.J., Vaiana M., Currado I. (in stampa). Reproductive biology and bark-stripping behaviour of Callosciurus finlaysoni (Rodentia, Sciuridae) in Italy. Biologia e Conservazione della Fauna.

 

*****

 

Italo Currado zoologo

Sandro Bertolino

Di.Va.P.R.A. Entomologia e Zoologia applicate all’ambiente “Carlo Vidano”, Università degli Studi di Torino

 

Ho conosciuto Italo Currado un giorno di molti anni fa, durante un convegno faunistico organizzato dall’Associazione “A. Ghigi per lo Studio dei Vertebrati”. Io presentavo un lavoro sulla dieta della Faina, un piccolo predatore forestale, e lui rimase colpito dalla quantità di Ghiri predati. Italo si occupava allora già da anni di Roditori, in particolare quelli arboricoli d’interesse forestale. Parlammo a lungo del Ghiro, di Faine e di altri animali, prima al Convegno e alcuni giorni più tardi nel suo studio all’Università. Io, da Biologo, più interessato all’ecologia, lui, da Forestale, attento alle relazioni con la vegetazione. Iniziammo così a collaborare, avviando uno studio sull’ecologia del Quercino, un altro Roditore forestale, in boschi di conifere presso il Parco naturale regionale della Val Troncea. Ben presto passai ad occuparmi anche di Scoiattoli, il nativo Scoiattolo comune, meglio conosciuto come Scoiattolo rosso, e l’introdotto Scoiattolo grigio. In effetti, Italo ha avuto il merito di essere stato il primo a segnalare in maniera estesa e documentata, il rischio legato alla presenza in Italia dello Scoiattolo grigio americano. La specie compete con l’autoctono Scoiattolo comune europeo determinandone l’estinzione. Il fenomeno di sostituzione, in atto in Gran Bretagna e Irlanda da più di un secolo è ora in corso anche in Italia. La pubblicazione di Currado, Scaramozzino e Brussino del 1987 riportava tutto questo e le misure necessarie per porvi rimedio. La sua voce rimase inascoltata per dieci anni, e solo alla fine degli anni ’90, organismi nazionali e regionali responsabili della gestione faunistica realizzarono appieno la gravità del problema. Dopo quella prima segnalazione, sono stati numerosi i lavori presentati a riviste e Convegni nazionali e internazionali riguardanti lo Scoiattolo grigio e i suoi impatti. Per dare ancora più risalto al problema, ma anche per portare in regione i maggiore esperti europei di scoiattoli, si fece carico nel 2001 di organizzare ad Acqui Terme il “6th European Squirrel Workshop”. In quell’occasione ricercatori provenienti da molti paesi europei si riunirono dall’11 al 13 settembre nella città alessandrina delle terme per discutere di ecologia e conservazione degli scoiattoli. In seguito mi è capitato più volte di incontrare i partecipanti al Workshop, e spesso si ricordava insieme l’atmosfera di quei giorni. Italo aveva voluto curare tutto, non solo l’aspetto scientifico, ma anche le altre attività. Voleva che i partecipanti portassero con sé, al loro ritorno nelle patrie di origine, un buon ricordo del soggiorno in Piemonte. E, in effetti, rimasero colpiti dalla bellezza di Acqui Terme, dal Castello di Racconigi dove ci trasferimmo per un giorno, e dalla cucina preparata e servita dagli allievi dell’Istituto Alberghiero di Acqui.

        Italo Currado ha prodotto, da solo o con altri colleghi, 46 lavori tra articoli in riviste scientifiche e comunicazioni a Convegni riguardanti i Vertebrati in genere. La maggior parte di questi è incentrata sui Roditori, il suo filone di ricerca principale nel settore, ma si è occupato anche di ungulati e pesci. Negli ultimi anni di lavoro, in collaborazione con ricercatori inglesi e del Belgio, ha realizzato alcune eccellenti pubblicazioni scientifiche su riviste europee e americane, tuttora citate in altri lavori. In realtà lui non era molto preoccupato del prestigio delle riviste, gli interessava molto di più che si parlasse, e a ragion veduta, dei problemi ambientali che gli stavano a cuore.

 

*****

 

Con Lillo in treno: conversare, imparare, stimarsi

Emanuele Bruzzone

Università degli Studi di Torino

 

La chiacchiera in treno, troppo spesso assimilata a quella “da Bar Sport o da “Café du Commerce”, come dicono i francesi , non gode di molta considerazione, anzi, negli schemi mentali dei cosiddetti intellettuali, specie di quelli che non abbiano sperimentato l’obbligo, ma anche le connesse potenzialità di comunicazione della condizione di pendolare. Il mio amico Lillo non era certamente tra questi: gli si leggeva al contrario benissimo negli occhi quanto si trovasse a suo agio nel ruolo di pendolare mattutino attivo (diverso da quello lettore isolato di quotidiani o dal perennemente sonnecchiante!!) tra Asti e Porta Nuova.  Conversatore e interlocutore attento a tutti coloro con cui si trovava in più o meno scelta compresenza: sui sedili ancora di legno delle carrozze già di Terza classe, poi riciclate a Seconda, , dette scherzosamente “quelle(ancora) di Cavour”, come nelle vetture più moderne , ma non necessariamente confortevoli, con i loro scompartimenti da sei .

Un po’ già conoscevo Lillo da prima, ma il consolidarsi arricchente per me dei rapporti con lui è indissolubilmente legato proprio a quella condivisa esperienza di “ microcosmo ferroviario” quasi quotidiano. Durata tre decenni , ad iniziare dall’autunno del 1967: in quell’anno Lillo iniziava a fare l’entomologo universitario ad Agraria di Torino e io la matricola di Scienze Politiche nei mesi del precoce Sessantotto subalpino. Appartenenti a generazioni diverse , ma con qualche radice comune in quel filo ininterrotto di associazionismo giovanile astigiano innovativo ruotante intorno a Don Sigliano (da lui lo sentii chiamare per la prima volta -ne era stato anche l’inventore??- con l’affettuoso appellativo: “Lillo baboia”, sintesi della curiosità e della passione scientifica di tutta una vita!!): dunque entusiasmi un po’ velleitari a confronto , ovviamente anche in scontro, con sensibilità più rodate e mature, ma, nel caso di Lillo , nonostante l’apparenza di gentiluomo conservatore, altrettanto anticonformiste. Allora ci raccontava di aver fatto, da studente dello Scientifico, la sua prima manifestazione, per “Trieste italiana”; poi, ventenne, contro l’invasione dell’Ungheria e conservava, insieme a preziosi gadgets di propaganda democristiana (grande raccoglitore e conoscitore di “anticaglie novecentesche”, non solo di monete e “militaria” com’era..)anche il ricordo di qualche infantile , fatto che dava meno nell’occhio, attacchinaggio di manifesti nel fatidico aprile 1948. E così provocava, senza supponenza né paternalismo, la capacità di argomentare del sottoscritto in viaggio verso un assemblea di pacifismo studentesco anti imperialismo USA in Vietnam o di Gianmaria Vergano tutto lanciato in analisi tratte dall’unica copia circolante ad Asti di “Le Monde” che ci facevamo arrivare all’edicola della Stazione per arrivare a Torino un po’ documentati . Mentre Bruno , cugino di Gianmaria e g rande amico di Lillo, più laicamente, senza partigianeria (scatenata invece quando ci parlava di arte: un Gandolfino lasciato in cantina o qualche misfatto della Sovrintendenza..) tentava mediazioni da avvocato in erba qual’era. Poi, all’altezza di Villanova, il clima dello scompartimento si distendeva, punteggiato dalle straordinarie battute, in dialetto urbano doc, evocatrici di “tranches de vie” astigiane di Angelo Scarsella: l’amico consolatore e rallegratore di intere generazioni di studenti pendolari, una vera e propria “istituzione”, naturale leader animatore delle nostre mattine di avvicinamento a Torino.. In altra chiave, altrettanto gustosa e combinata con colti riferimenti , Lillo esercitava una sua “pedagogia dell’astigianità” quella autentica, non provincialoide.

      Poteva trattarsi via via del contesto storico-mercantile di una moneta; di un modo di dire proverbiale: da lui imparai che l’espressione astigiana “Cul lì è propi togo” , accompagnata dalla mimica allusiva ai grandi baffi, era sorta sull’onda della fama mondiale del sempre vincente Ammiraglio Heihachiro Togo protagonista nel 1904-5 della guerra russo-giapponese; di una vecchia mappa disseppellita dagli scartafacci di un piccolo Comune o scoperta su qualche bancarella torinese. Pensandoci adesso mi accorgo di quanto l’insieme di questi suoi oggetti di memoria amabilmente comunicati abbiano rappresentato per me, oltre che un patrimonio di informazioni e stimoli che ha contribuito a nutrire il mio interesse per la storia locale, anche una lezione di stile. In un duplice senso che voglio qui richiamare.

      L’uno, per così dire “epistemologico”: per il gusto, l’attenzione al dettaglio come precondizione indispensabile per saper risalire induttivamente: ad esempio all’evoluzione di una storia urbana, di un territorio o, osservando una zampina di insetto o l’apparato sottostante la voracità predatoria di uno scoiattolo, ad una catena filogenetica del passato o alle dominanze selettive di una variante odierna. Mi concedo questo accenno di “ altrui mestiere “ disciplinare per sottolineare, nel dato biografico e intellettuale di Lillo, questa riuscita attitudine a combinare la sua curiosità che lo faceva spaziare tra interessi differenti e l’ancoraggio all’osservazione.

          Un altro suo punto fermo fondamentale era la passione per le vecchie carte stampate. Innanzitutto il libro, antico o novecentesco che fosse (quanti cataloghi di librerie antiquarie e “dritte” da habitués di bancarelle e mercatini ci siamo scambiati viaggiando!!): non tanto le edizioni di pregio di cui era comunque estimatore, quando lo fossero davvero, mentre si scagliava contro una buona fetta delle tuttora imperversanti operazioni editorialbancarie , ma il libro come risorsa cui attingere personalmente e come bene culturale da promuovere e salvaguardare. Non a caso, nel suo settore di studi, fu per vent’anni fu Direttore della Biblioteca di Agraria; mentre, nel campo delle “humanities” astigiane e piemontesi, fu sempre frequentatore e prodigo di consigli e ...di doni alla Consorziale di Asti . Il dono più bello in quest’ambito che Lillo ha fatto alla sua Città sta nella sua pluriennale competentissima collaborazione agli studi e alle mostre astigiane della compianta , qui da noi un bel po’ dimenticata, studiosa, e libraia antiquaria, torinese Ada Peyrot . Autrice, insieme a lui, di quel volume , con Premessa di Luigi Firpo, Asti e l’Astigiano edito nel 1987 dalla sua Tipografia Editrice Torinese. Il Lillo della un po’ “pistina” accuratezza che tutti gli riconoscevamo ne ricordava con orgoglio la minuziosa, precisissima e dunque lunga gestazione editoriale per produrre quel testo di storia locale visiva, basato su un’amplissima gamma di fonti iconografiche, che, vent’anni dopo, resta insuperato tanto più se si pensa ai non pochi mediocri esempi di pubblicazioni improvvisate o feudalcommerciali che gli sono succeduti.

        E così arriviamo alla seconda valenza della lezione di stile di Lillo: la sua etica molto antiaccademica che lo faceva condividere conoscenze e stimolare interessi, invece di tesaurizzare titoli e prebende a Torino come ad Asti. Per esempio nel seminare coscienza ambientalista “ante-litteram”: proprio da lui, che faticosamente proponeva alla Provincia di attivarne l’esperienza, sentii, sempre in treno per la prima volta, trent’anni fa, l’espressione “guardia ecologica volontaria” mentre illustrava le sue testarde e fruttuose cacce , di buon passo, agli infiniti discaricatori abusivi. Preistoria etica a confrontarla con oggi , allorchè tutti si risciacquano la bocca di “dentifiricio” verde con sorrisi di valorizzazione del territorio per mimetizzare dentature affamate di business verniciato di sostenibilità ambientale. Credo di aver spiegato perché ho stimato Lillo. Permettetemi ancora, per concludere, di trasmettervi un ricordo e un sogno che entrambi hanno a che fare con etica e scienza.

          Il primo: la felicità di Lillo quando , alla Stazione, metà anni ’90, gli comunicai , con un’ironica battuta che alludeva ad un ancestrale timore degli astigiani riservati , che: “Tuo padre ieri è andato a finire sui giornali. Pensa, poi, su ‘L’Unità!! “ Perplessità, poi inevitabile compiacimento: si trattava infatti di un articolo di Nando Dalla Chiesa che si riferiva all’esemplare intervento anti-compari politicanti di Tangentopoli pronunciato dal “novantenne indignatissimo pediatra” Carlo Currado durante un incontro sulla questione morale tenutosi ad Asti. E il figlio del Generale non poteva sapere quanta esperienza di servitore, da medico e da pubblico amministratore, dei propri concittadini avesse alimentatole sue sbottanti parole. Ecco l’imprinting di moralità civile trasmesso a Lillo.

          Il mio sogno ha un’ambientazione e anche un coprotagonista. Sono convinto che, in un Paradiso affollato anche di già viventi non umani come sostiene da tempo Paolo Debenedetti non rassegnato alle ingiuste sofferenze patite in terra dagli animali, Lillo saltabecchi dalla compagnia degli scoiattoli, delle “baboie” e delle marmotte germanofone con le quali si intenderà benissimo a quella di un grande amico, ignoro se lo conobbe in vita, che mi piace associargli. Mario Sturani, il vitale e creativo amico dello sfortunato Pavese: naturalista, pittore e designer oltre che genero del conterraneo Augusto Monti. Insieme stanno facendo, ne sono sicuro, la loro non violenta Caccia grossa tra le erbe (Torino, Einaudi, 1941) eternamente abbondanti lassù, come la praticarono quaggiù tra Sangone e Tanaro.

 

*****

 

In memoria del prof. Italo Currado, Astigiano,

nel primo anniversario della scomparsa

Mariangela Cotto

Consiglio Regionale del Piemonte

 

         Ricordo con grande affetto e moltissima nostalgia i viaggi in treno che ho fatto con il prof. Italo Currado, dal 1995 al 2000, quando siamo stati entrambi pendolari, ogni giorno, sull’Asti-Torino. Quante volte abbiamo – e non sempre amabilmente! – lamentato i disservizi ferroviari, i ritardi, tutti problemi che normalmente che ancora oggi si incontrano viaggiando con le Ferrovie dello Stato. Ma Currado sapeva usare, con grande abilità, l’arma dell’ironia, e riusciva così a stemperare la tensione il nervosismo per i disagi patiti.  Era un compagno di viaggio dall’inesauribile capacità dialettica, in grado di affrontare gli argomenti più disparati con passione, conoscenza, grande capacità di argomentare e di sostenere le proprie opinioni. Inesauribile era anche l’estensione dei suoi interessi umani, culturali, professionali.

     Mi rammentava spesso, con tratti di sincera umanità, la sua “tata” originaria, come me, di San Marzanotto. A partire dai ricordi d’infanzia, nei confronti della comune “patria” astigiana nutriva un grandissimo attaccamento, un’attenzione continua per la storia e per l’attualità della città che gli aveva dato i natali, a cui si sentiva fortemente di appartenere, anche come espressione di una famiglia che - a cominciare dal padre Carlo, primario pediatra stimato e popolare - ad Asti ha dato molto. Ho ben presente l’episodio che portò il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, di mamma astigiana, a venire, con disponibilità e generosità non comune, a far visita al papà Carlo, incontro propiziato dal figlio Italo e dedicato alle comuni origini di Portacomaro, cui entrambi erano legatissimi.

       Più volte fui sollecitata dal prof. Currado per incontri con i miei colleghi amministratori e politici, perché la vastità degli interessi e la determinazione nel seguire questo o quel problema, lo portava a battersi senza risparmio, senza paura di “importunare” i potenti, o che si ritengono tali. Non si può tacere la sua lunga battaglia perché si prendesse consapevolezza del pericolo della diffusione dello scoiattolo grigio americano, introdotto in Piemonte in modo fortuito, e destinato a diffondersi, con gravissimo danno per le colture agricole e forestali, e per il pericolo di estinzione del nostro scoiattolo rosso. Su questo tema quanti uffici di enti pubblici ha visitato il prof. Currado! Quante volte ha illustrato con chiarezza il problema, senza purtroppo ottenere l’ascolto che avrebbe meritato. Ancora recentemente ho letto che l’allarme da lui lanciato è ormai prossimo a verificarsi, per la rapidissima diffusione di questi roditori, e la mia memoria è subito tornata al prof. Currado, che ne era stato buon profeta, con oltre dieci anni di anticipo. Anche questo episodio conferma la stoffa professionale, scientifica, la grande preparazione con cui il prof. Currado seguiva il suo lavoro di docente universitario prima di Entomologia agraria e poi di Zoologia forestale, venatoria e acquicoltura, presso la Facoltà di Agraria. Un prestigioso curriculum accademico che sapeva ravvivare con la sua grande umanità e passione civile e sociale. Già gravemente minato dalla malattia, che di lì a poco l’avrebbe stroncato, volle, come testimonianza di amicizia nei miei confronti, esprimere il suo voto alle elezioni regionali dello scorso anno.

        Con questa immagine negli occhi, esprimo il mio profondo rimpianto per la prematura scomparsa del prof. Italo Currado, astigiano amante della sua città e della vita.

 

*****

 

Ricordo di Italo Currado

Achille Casale

Professore ordinario di Zoologia - Università di Sassari

 

Ho lavorato fianco a fianco con Italo Currado – in senso letterale, dato che per molto tempo abbiamo condiviso il lungo tavolo da lavoro nell’ultima stanza in fondo allo “storico” Istituto di Via Pietro Giuria - per quasi dieci anni, dal 1971 alla fine del 1979. Non erano anni facili né per l’Italia, né per l’Università. Ma io li ricordo ancora come anni meravigliosi, fra i più belli della mia vita. Belli come possono essere gli anni quando si è poco più che ventenni, laureandi, poi neo-laureati, poi ancora con un posto “di ruolo” (seppure di infimo rango accademico: si chiamava allora di “tecnico coadiutore”), e soprattutto con l’entusiasmo giovanile di poter operare in un campo – l’Entomologia – che era stato il sogno di chi scrive fin da bambino. Avevo conosciuto Lillo e Massimo Olmi, giovani assistenti di belle speranze, fin dai primi giorni in cui avevo iniziato il mio internato in quell’Istituto. Lillo aveva qualche anno più di me e di Massimo, ma aveva mantenuto intatto quello spirito post-goliardico, un poco irriverente, che caratterizzava la nostra generazione, e che ci permetteva di non prendere troppo sul serio i rimbrotti e le sfuriate del severo Direttore, il temutissimo Prof. Athos Goidanich. Quello spirito, Lillo lo seppe mantenere intatto fino ai suoi ultimi giorni, ed era quello che ancora ci permetteva di farci ore di risate insieme quando ci ritrovavamo, magari a pranzo o a cena, in qualche Congresso. Con Lillo abbiamo firmato qualche lavoro insieme, abbiamo fatto molte escursioni sul campo, abbiamo discusso di libri antichi e rari (una passione che ci accomunava). Se c’è un fatto che non posso dimenticare, del periodo lavorativo passato insieme, è la fiducia che mi accordò quando mi propose (da semplice tecnico coadiutore, ripeto) per supplirlo alla direzione della Biblioteca di Facoltà, in occasione di un suo viaggio negli Stati Uniti. Supplenza che fu approvata dal Consiglio di Facoltà del 23.03.1978. Ma più di tanti episodi lavorativi quotidiani, una parentesi amena di quegli anni si è impressa in modo indelebile nella mia memoria. Nel maggio del 1977, con Massimo Olmi e Riccardo Mourglia (entomologo “amatore” specialista di Coleotteri Cerambicidi), organizzammo un viaggio nella lontana Sicilia. Erano gli anni dei “programmi finalizzati” del C.N.R., che ci consentivano finalmente, venuti meno i fondi dell’ex-Centro di Entomologia Alpina e Forestale, di effettuare qualche ricerca degna di tal nome. Massimo e Lillo lavoravano da tempo sugli Imenotteri Driinidi a livello mondiale, io facevo altrettanto su un gruppo di Coleotteri Carabidi e su un volume della Fauna d’Italia. Massimo inoltre, come specialista di Coleotteri Driopidi ed Elmidi, aveva ottenuto un finanziamento per la stesura di uno dei manuali per lo studio della fauna delle acque interne italiane: un’opera editoriale del C.N.R., coordinata dal Prof. Sandro Ruffo, oggi ancora attualissima e indispensabile per chi lavori in quel campo. I risultati scientifici furono eccellenti, con reperti di entità nuove per la Scienza o per la fauna dell’isola.

        Vorrei però ricordare, in questa occasione, più gli aspetti “umani” di quel viaggio. Partimmo su un’auto caricata all’inverosimile, e raggiungemmo la terra incognita. Dormimmo in tenda sulle pendici dell’Etna, risvegliati spesso dai brontolii minacciosi del vulcano. Setacciammo quintali di terreno e di lettiera di bosco. Visitammo luoghi meravigliosi e ancora incontaminati: coste, foreste, gole, grotte e corsi d’acqua. Una sera, mentre eravamo attendati sulle Madonie, un pastore si offrì di andare a procurarci cibo e sigarette al villaggio più vicino (due ore su una vecchia FIAT 600). Fummo ricevuti da alcuni notabili dell’isola, quali il farmacista di Capaci e il procuratore capo della repubblica di Palermo (guarda caso, “entomologi amatori”!), e dormimmo anche una notte nelle stanze della clinica medica gestita dal marito di una sorella di Lillo.

        Ma Lillo ed io non volevamo smentire il nostro spirito burlone. Massimo Olmi passava gran parte del suo tempo con la testa infilata in un retino, alla ricerca di Driinidi o di Driopidi. E noi sapevamo che non amava i serpenti. Così, a sua insaputa, gliene infilammo uno nel retino, vivo e guizzante. A distanza di molti anni, ricordavamo ancora i suoi improperi, e le nostre risate. Grazie, Lillo!

 

*****

 

Ricordo del Prof. Carlo Currado, padre di Italo “Lillo”

Aris d’Anelli

 

Carlo Currado, padre del professor Italo, nato a Portacomaro d’Asti nel 1901 e scomparso pochi mesi fa, è stato un insigne personaggio della pediatria italiana ed europea e soprattutto un grande protagonista della storia e delle vicende della nostra città e della nostra provincia. Egli ha attraversato l’intero ventesimo secolo sempre inserito attivamente, anche nei suoi ultimi anni, quelli della grande vecchiaia, in avvenimenti medici, scientifici, culturali e promozionali collaborando con le istituzioni, associazioni, enti e club di servizio.

       Figlio di un medico condotto, dopo aver frequentato il Liceo Classico di Asti, si è laureato nel 1924 a pieni voti in Medicina e chirurgia all’Università di Torino. Ha frequentato l’Ospedale infantile di Alessandria diretto dal professor De Toni, prestigioso maestro della pediatria che diventerà, poco dopo, il direttore dell’ospedale pediatrico “Gaslini” di Genova. Conseguita la specialità in pediatria, è assunto come assistente all’Ospedale Civile di Asti nella divisione di medicina diretta dal professor Debenedetti con l’incarico di seguire i minori di 15 anni. Segue i corsi della Clinica Pediatrica della Sorbona di Parigi e a Bruxelles le lezioni del celebre clinico professor Marfan.

       Carlo Currado, seguendo gli insegnamenti dei suoi maestri, istituisce un asilo modello per i figli dei vetrai e degli operai della fabbrica Way e Assauto, praticamente aperto a tutti, ove in collaborazione con l’educatrice Lina Borgo, svolge una qualificata attività di consulenza infantile specialistica. Istituisce una rete di consultori estesa a tutto il territorio astigiano da Nizza e Canelli ai centri più piccoli e lontani coinvolgendo pediatri, medici condotti, ostetriche e vigilatrici d’infanzia. Nell’ambito della Croce Rossa tiene corsi per giovani donne e future madri per insegnare le norme da rispettare nell’attesa del parto e verso neonati e bambini. La sua più geniale iniziativa fu la creazione di una “banca del latte umano” utilizzando donne allattanti in ospedale e a domicilio per aiutare le madri non in grado di nutrire i propri figli, precorrendo in modo avveniristico il concetto della donazione che pochi anni dopo si realizzerà attraverso la banca del sangue e più tardi con quella degli organi.

      Nel 1934 consegue la libera docenza in clinica pediatrica all’Università di Milano e poco dopo è nominato primario di pediatria dell’ospedale di Asti. Quando, nel 1935 Asti fu creata capoluogo di provincia, fu chiamato a ricoprire il ruolo di vice preside nell’amministrazione provinciale con la delega all’assistenza e ai problemi dei minori. Oltre alla istituzione di colonie marine e montane per bambini e ragazzi, si occupò dei minori abbandonati e, nell’ambito dell’O.N.M.I., aprì asili, brefotrofi e reparti per “ragazze madri”. Per sua iniziativa fu edificata una struttura destinata a creare un moderno polo materno infantile con reparti di maternità, nido per neonati, asili, brefotrofio, orfanotrofio, ambulatori e reparti di accoglienza, finanziata dalla Fondazione Badoglio Pittarelli e dal senatore Penna. Purtroppo la dichiarazione di guerra destinò questo edificio, appena terminato, ad ospedale militare e, solo nel 1947 ritornò alla sua destinazione di istituto materno infantile, divenendo, negli anni Cinquanta, la sede delle divisioni di ostetricia, ginecologia e di pediatria dell’Ospedale, sino all’inizio di questo secolo.

       Nel dopo guerra, Carlo Currado organizzò la sua divisione di pediatria dotandola di mezzi moderni svolgendo una qualificata attività clinica e scientifica in collaborazione con l’Istituto di Clinica Pediatrica dell’Università di Torino, organizzando corsi di aggiornamento e convegni. Ebbi modo di collaborare con Currado per la creazione di attività di cardiologia pediatrica e alla pubblicazione di lavori scientifici. In quel periodo si formarono alla sua scuola tutti i pediatri astigiani: Leone Debenedetti, Mario Cavallo, che diventeranno primari rispettivamente negli anni Settanta e Ottanta, Giuseppe Piazza, Carlo Savina, Francesco Valle, e altri.

         Nel 1971 lasciò l’ospedale per limiti di età, ma continuò, sino alla sua scomparsa, ad aggiornarsi, presente ad ogni importante avvenimento nazionale e internazionale. Continuò a scrivere e pubblicare non solo argomenti pediatrici ma anche di storia della medicina coma la traduzione di un antico e prezioso volume del Vesalio e nel 1993 una interessante testimonianza L’epidemia di influenza spagnola nell’astigiano, Ricordi e ricerche di un testimone oculare. Membro di numerose associazioni medico scientifiche, sempre presente ad ogni evento culturale della città, è stato socio dalla fondazione dell’Associazione Amici di Asti, editrice del Platano. Socio fondatore del “Rotary Club” nel quale ha ricoperto le più importanti cariche sino ad essere insignito della massima onorificenza Rotariana.  Ha avuto prestigiosi riconoscimenti e premi quali L’Ordine di San Secondo e L’amis dla pera.

         Carlo Currado ha influito in modo determinante sulla formazione di suo figlio Italo, rimasto orfano della Madre in giovanissima età. Carlo Currado ha attraversato l’intero Ventesimo Secolo manifestandosi come un grande maestro di vita e di scienza: un uomo assolutamente indimenticabile.

Ho conosciuto Italo Currado, figlio del collega e amico Carlo, ancora giovanissimo, ma siamo diventati amici quando è stato presentato al Lions Club da suo suocero l’ingegner Mazzarolli. Ci ha subito avvicinato l’interesse per la storia, quella del 1800 e del 1900, le guerre d’Africa (abbiamo insieme più volte ricostruito, non senza qualche contrasto tra di noi, la battaglia di Adua del 1896), la passione per le divise, medaglie, fregi, bandiere, armi del passato. Libri antichi, carte, mappe e documenti interessavano entrambi, con la differenza che Lillo era molto più esperto e competente. Si interessava da vero esperto di pittura e architettura, in particolare di quella del Piemonte e su tale argomento ha scritto molte pubblicazioni e tra queste un prezioso volume in collaborazione con Ada Peyrot Asti e l’Astigiano per la serie “Il Piemonte nei secoli”. Profondo conoscitore di personaggi, usi, costumi della tradizione piemontese e della sua “lingua”, è stato socio e presidente del “Circolo Numismatico Astigiano” che ha coniato una prestigiosa serie di medaglie dedicate agli astigiani illustri.

         Socio dalla fondazione della “Associazione Amici di Asti” ha scritto per il Platano articoli e saggi di arte, storia locale e di numismatica. In occasione delle celebrazioni dedicate negli ultimi due anni al regista astigiano Giovanni Pastrone, si era avvicinato al cinema, partecipando alle riunioni indette, in Asti, da Livio Musso. Alpino, fiero di esserlo, amava la sua terra, la natura, le montagne, i suoi boschi, i parchi al di là dei suoi grandi meriti e interessi professionali.

          Negli ultimi mesi, quando il suo male stava sempre più minando il suo fisico, mi parlò di cose importanti, di anima, di fede, di Dio. E ogni sua parola, umile, non rassegnata, a volte persino un po’ ironica, era una lode alla vita. Un atto di fiducia e speranza.

 

*****

 

Ricordo di Italo Currado

Ito De Rolandis

 

Le nostre famiglie si conoscevano da sempre, ma il padre di Lillo, il professor Currado ebbe la ventura di “ascultare” la mia schiena una sola volta, nella primavera del 1944, quando, tornando in bicicletta dai miei cugini di Villanova, finii nel bel mezzo di un gelido temporale. Due giorni dopo, il 10 aprile, mi venne un febbrone e Carlo Currado, che stava a Portacomaro, giunse a Castell’Alfero. Lillo lo conobbi in via Roero, alle scuole medie presiedute dal professor Lovisone. Entrambi avevamo avuto qualche dissapore da liesòn con la terribile professoressa di francese Odero Zanne; mai cognome fu meglio coniato per sottolineare la severità di quella brava insegnante. Lillo stava dalle parti di corso Dante, io a San Pietro, da mia nonna Balma. Ci si trovava lungo corso Alfieri, davanti alle vetrine di Caldi o di Gaggia, o mentre infilavamo monetine nel “Novecento”, distributore automatico di dolciumi. “Automatico” mica tanto, sapevamo benissimo che le confezioni venivano smistate dalla “Silvana”, il cui volto passò alla storia come la misteriosa “Velata” di San Pietro in Vincoli.

      All’università gli astigiani del mio tempo facevano crocchio: Squillante, Amerio, Tamburi, Valpreda, Bosia, Dapavo. Era piccolino e magro Dodi Bocco ma per nulla timido ed era vivace, di compagnia e pronto alla battuta Maggiora, non ancora carrozzato Cassa di Risparmio. Con 220 lire a pasto, pranzavamo al Collegio Universitario di via Galliari, e con 380 allo “Scudo”, dove ci scappava anche una fetta di torta. Lillo aveva il pregio di non parlare a vanvera. Poteva sembrare riservato, forse lo era, ma non con gli amici, sempre disposto alle “novità”. Rita Levi Montalcini un giorno mi disse che la curiosità è l’alimento dell’intelligenza: il cervello infatti ha bisogno di informazioni, e solo l’interesse verso l’insolito può fornire argomenti di arricchimento intellettuale.

       Lillo era un “curioso”, aveva una gran sete di sapere, di conoscere. Lui aveva scelto agraria, io farmacia. Lui era perseverante, io aperto all’avventura. Un giorno nella saletta dell’Interfacoltà si affacciò un giovanotto ricciolino il cui volto divenne noto. Era Enzo Tortora. Cercava giovani che volessero collaborare col “Gazzettino Padano” una trasmissione della Rai per l’Italia Settentrionale. “Ottanta mila lire al mese come primo stipendio” precisò con la concretezza dei buoni genovesi. Fu così che salutai la combriccola, ripiegai i libri nella cartella ed entrai nel palazzo della Rai in via Montebello. Al “Gazzettino Padano” rimasi poco: iniziavano le trasmissioni sperimentali televisive ed alle 18,30 “ora del passeggio“ veniva irradiato il primo Telegiornale. I torinesi lo guardavano dalle vetrine dei negozi di elettrodomestici. Lo “studio” era sul tetto della Rai, dove Marco Lombardi riusciva ad inquadrare me , che leggevo, e la Mole, che stava alle mie spalle! Ed era l’equivalente dell’insegna di Torino. Tra il personale tecnico vi era Bruno Gambarotta, altro volto pacioccone simpatico e spiritoso nato ad Asti in via Aliberti. Noi astigiani avevamo come santo protettore Giovanni Viarengo, vicedirettore generale, di Castel D’Annone. Oltre a Tortora, miei compagni nella neonata Tv erano Piero Angela, Emilio Fede, Febo Conti, Silvio Geuna.

        Era il 1958 quando Lillo si fece vivo con una telefonata: “Ito, perché non fai un bel servizio sulla scomparsa di olmi ed ulivi dalle colline del Monferrato?” Detto fatto Currado organizzò una tavola rotonda alla quale parteciparono anche i professori Goidanich (che era preside di facoltà) e Bruno Peyronel (dell’orto botanico). Lillo introdusse l’argomento ricordando gli olmi di Napoleone, e del perché esistono ancora toponimi come San Marzano Uliveto. Qualche tempo dopo fu ancora Lillo a mettermi al corrente di uno strepitoso ritrovamento: “Sulle alture di Vigliano d’Asti” mi disse “un contadino si è imbattuto in un’osso di balena. Non è stato ancora dissotterrato del tutto, ma è lungo più di 10 metri” esclamò raggiante. Ne uscì un bel documentario messo in onda in “Arti e Scienze”, una trasmissione che solleticava l’intuizione di Piero Angela. La pellicola andò al “Premio Italia”, l’osso del cetaceo paleontologico varcò il portone del Battistero di San Pietro….

        Italo era costantemente innamorato del sapere. Sul treno che ci portava a Torino si parlava di tutto. Lui voleva che lo aggiornassi sui miei viaggi, e soprattutto su ciò che “non” avevo scritto nei miei reportage scientifici. Fu lui a scoprire un curioso aspetto di un mio quadrisavolo, il medico Giuseppe Maria De Rolandis, che, col chimico Giobert (pure astigiano) nel 1835 trovò il sistema di “colorare” i bacilli del colera destinati al microscopio, coi pigmenti usati per i tessuti. Giuseppe Maria De Rolandis pubblicò un libro (“Le cagioni della peste e del colera”) nel quale racconta un suo avventuroso viaggio ai piedi delle piramidi egiziane con Jean François Champollion. Questi decifrò i geroglifici attraverso la stele di Rosetta, il De Rolandis i morbi generati dalla mummificazione. La curiosità di Lillo la si potrebbe paragonare alla ricerca dei filosofi presocratici, dove mai nulla viene dato per scontato, ma ogni settore dello scibile offre argomento per affrontare quelle domande espresse nell’arte da Paul Gauguin: chi siamo, dove andiamo, chi è Dio? Lillo, da rigoroso scienziato, vagliando l’ordine che regola l’universo, era contrario alla casualità. E su questo punto le nostre convinzioni coincidevano, ben sicuri – entrambi – di essere poveri come Sant’Agostino, troppo poveri per aver la presunzione di offrire soluzioni metafisiche dove la fisica non riesce ad esprimersi.

         Era appena uscito nelle librerie il mio secondo libro sulla Sindone “L’immagine dal non conosciuto”. In quel testo, riportavo gli ultimi studi sui Rotoli del Mar Morto, e gli esami effettuati dalla Nasa sul Lino. Sul solito treno guardò la copertina del volume che tenevo nella cartella. Aveva gli occhi che brillavano di desiderio. Ma non disse nulla. Cambiò discorso raccontandomi che il Brenta, il torrente che corre sotto corso Dante, gli aveva inondato la cantina. “Poi mi dirai se ti è piaciuto” gli dissi mettendogli tra le mani il libro. L’ultima volta che lo vidi lo incontrai nella stradina delle poste. Era più alto, più magro, il volto certamente più austero. Non mi disse nulla della sua salute. Mi mostrò uno schizzo su una medaglia che voleva far coniare: da un lato il profilo di Giovanni Battista De Rolandis, e dall’altro la coccarda tricolore. “Ci dimentichiamo troppo spesso che i colori della nostra bandiera vogliono dire giustizia, libertà, fratellanza”.

        C’era clima di Natale, quel giorno. Le lampade degli addobbi accese, il vociare dei passanti, le vetrine cariche di doni. Socchiuse la bocca come per dirmi ancora qualcosa, poi concluse in fretta: “ci vedremo quest’estate…..” e svoltò.

 

*****

 

L’amore per il paesaggio astigiano dell’amico Italo Currado

Marco Devecchi

A nome dell’Associazione “Osservatorio del paesaggio per il Monferrato e l’Astigiano”

 

Un caro amico ci ha lasciato. Porto con me il ricordo della Sua vivace ed accattivante dialettica, fin da quando, come studente, frequentavo la Facoltà e, poi, come tesista, l’Istituto di Entomologia agraria ed apicoltura. Con eguale piacere ricordo il Suo forte interesse per il paesaggio dell’Astigiano, visto in una prospettiva temporale quanto mai ampia, grazie alla Sua sorprendente passione per la storia locale e libri antichi.

        Un primo fruttuoso incontro con l’amico Currado – così mi sento con stima ed affetto di ricordarlo – lo ebbi in occasione dello studio sui giardini storici dell’Astigiano. La Sua profonda conoscenza delle dimore storiche locali mi condusse alla scoperta di molti giardini di pregio che arricchirono il volume che andammo a scrivere. Mi segnalò, in particolare, la Tenuta Valdeperno che ignoravo. Me la descrisse come un gioiello dell’Astigiano con i suoi platani e gelsi centenari, con il vetusto Ginkgo biloba e gli straordinari cipressi calvi, pressoché una rarità assoluta per l’Astigiano. Il suo suggerimento si dimostrò tanto valido da meritare a Valdeperno la copertina stessa del volume. Il capitolo del libro da Lui curato riguardante “Considerazioni su insetti ed altri animali nocivi a parchi e giardini” si connotò come una formidabile miniera di interessanti e preziose informazioni sulla cultura e società piemontese dal Settecento in poi con rimandi non solo ai temi strettamente entomologici, ma anche a quelli delle tecniche di cura e gestione del verde. Tra le numerosissime citazioni presenti nella nota e tratte da una corposa documentazione archivistica, da Lui raccolta con encomiabile pazienza e grande passione, merita indubbiamente ricordare l’importante riferimento alla Regia legge del 1789, pubblicata nel “Manifesto sanatorioportante varie provvidenze per preservare le piante, arbusti ed alberi d’ogni sorta, dai gravissimi danni che ne derivano dai bruchi denominati volgarmente “gatte”. Il grande interesse del documento ritrovato e pubblicato dallo studioso Currado, derivò dal fatto che la legge, in oggetto, sarebbe la prima al mondo ad aver imposto una lotta insetticida obbligatoria nell’interesse collettivo con un tratto di sorprendente attualità, se riferito alle recenti problematiche fitosanitarie in campo viticolo.

         Un secondo ed altrettanto prezioso momento di collaborazione si profilò con la costituzione dell’Osservatorio del paesaggio, di cui Italo Currado fu Socio fondatore ed attivissimo sostenitore. Tutti ricordiamo con affetto le Sue accalorate sollecitazioni ad operare per fermare l’abbrutimento del territorio astigiano da insensate e miopi azioni meramente speculative. Grazie alla Sua generosa disponibilità organizzammo diversi incontri ed in particolare un seminario di studio nell’ambito dei “Venerdì dell’Osservatorio” sull’accattivante tema “Ma chi sono questi extracomunitari? Riflessioni entomologiche e zoologiche”, che permise di meglio comprendere le influenze sull’ambiente e, conseguentemente, sul paesaggio astigiano dell’introduzione di nuove specie di animali e piante nel nostro Paese.

       Con il ricordo alla grande passione di Italo Currado per la storia, la natura e il paesaggio Astigiano, noi tutti, come associazione, continueremo a portare avanti un’attività di studio e di ricerca di nuovi ed efficaci strumenti per la salvaguardia dell’eccezionale patrimonio di bellezze ambientali e culturali ancora diffusamente presenti.

 

*****

 

Un amico prezioso

Lorenzo Fornaca

Se Di Co libraria

 

Conoscevo Lillo da molti anni, il nostro comune interesse per la storia locale si rivelò subito il centro dei nostri discorsi ogni volta che ci incontravamo. Fu così che lo coinvolsi molte volte nelle mie iniziative editoriali come esperto nei più disparati campi della conoscenza storica del nostro passato. A lui chiedevo solo dei pareri su come muovermi e devo ammettere che la sua erudizione in molte discipline mi fu di notevole aiuto; il suo intervento nei miei confronti a volte anche fortemente critico contribuì al successo delle mie pubblicazioni.

      Quel suo modo del tutto speciale di spronarmi nel continuare la mia attività editoriale, con la sua critica sempre costruttiva e con i suoi saggi suggerimenti sempre preziosi, furono per me l’incoraggiamento più idoneo per percorrere una strada gravosa, ma densa di soddisfazioni. Con la pubblicazione di “Asti, edifici e palazzi nel medioevo” a fine anno 2004, gli rivelai che nel giro di un paio d’anni avrei smesso l’attività, mi disse con voce decisa “No, no, tu non puoi smettere proprio adesso che io vado in pensione e ho in mente ancora troppe cose importanti che dobbiamo finalmente realizzare insieme!”. Vista la sua determinazione, promisi che nella primavera del 2005 ci saremmo incontrati per sentire le sue proposte ed eventualmente programmare e progettarne poi la stesura.

      Purtroppo con la sua scomparsa non ho potuto neanche sapere quello che Lillo custodiva scolpito nella sua mente erudita, sicuramente voleva dare luce a due o tre argomenti inediti e presumo ricchi di interesse per un vasto pubblico.Sono innumerevoli i suoi scritti con articoli e saggi su riviste specializzate, ma in particolare l’opera più significativa fortemente voluta da Lillo è la poderosa edizione di “Asti e l’Astigiano” vera pietra miliare e strumento fondamentale per la storia iconografica di Asti, dal XIV al XIX secolo.

       Il volume, edito dalla Tipografia Torinese Editrice 1987, autrice Ada Peyrot, con la collaborazione di Italo Currado e la presentazione di Luigi Firpo, ebbe un notevole successo di critica. E qui voglio rimarcare il valore del contributo dato da Lillo citando alcune parole scritte nell’introduzione dall’autrice Ada Peyrot: ...a lui dunque, alla sua preziosa collaborazione, non solo per la ricerca iconografica, ma anche nel reperimento di notizie utili alla riuscita dell’impresa editoriale.La sua lungimiranza era anche supportata molte volte dal contributo del papà, grande personaggio che, nonostante la veneranda età, era sempre un punto di riferimento per qualunque dubbio. Quante volte nei nostri discorsi emergevano dubbi su qualche argomento del passato, lui mi rassicurava in dialetto astigiano stà tranquil ai ciam a me pari, e puntualmente, anche a distanza di tempo, arrivava la soluzione, frutto del simpatico papà, che fu anche mio dotto e non soltanto più anziano estimatore.

       Mi sento onorato dell’amicizia e stima che mi fu riservata da entrambi, va anche detto che, sollecitato da loro, i nostri discorsi si svolgevano quasi sempre con il nostro linguaggio astigiano dove le battute e certe definizioni risaltavano al massimo della loro espressione, difficilmente traducibili con lo stesso effetto. Fu una stagione molto importante di arricchimento e di conoscenza sulla storia locale per me, piccolo editore, che mi porterò sempre come ricordo indelebile.

 

*****

 

Il ricordo di Italo Currado

Marco Galloni

Archivio Scientifico e Tecnologico dell’Università di Torino

 

      Il ricordo di Italo Currado mi accompagnerà di certo negli anni come la memoria di un uomo molto particolare, cui ero legato da tante affinità e che ha rappresentato per me un riferimento preciso per una vasta gamma di interessi, fra quelli da me più profondamente sentiti e vissuti. Proprio per questo nell’ultimo anno più e più volte mi sono detto: “questo devo dirlo (o mostrarlo) a Lillo”, ricordando solo dopo che questo non mi era più possibile. Non potrò più condividere la gioia di una scoperta di uno di quei dettagli che talvolta appaiono durante una ricerca storica e che rappresentano le vere soddisfazioni di chi frequenta le vecchie carte ed i vecchi oggetti.

       Ho cominciato a frequentare l’Istituto di Entomologia e Apicoltura fin dal mio ingresso in Università, nel 1975 presso la Facoltà di Medicina Veterinaria, perché per un morfologo la fotografia è un mezzo di studio fondamentale e, anche – ma non solo - da questo punto di vista, la scuola del prof. Carlo Vidano era certamente un riferimento ineludibile nell’intero Ateneo, da cui si potevano ricavare informazioni, consigli e suggerimenti utili per chi volesse utilizzare la macro- e la microfotografia al massimo delle possibilità. Il contatto diretto fu con Silvio Bizzarri, con cui ho collaborato per anni, creando le basi per una lunga amicizia, ma pian piano ebbi modo di conoscere altri membri dell’Istituto, tra cui il prof. Italo Currado, che aveva il grande pregio di occupare uno studio in fondo al corridoio da cui spuntavano cose per me affascinantissime: pile di vecchi libri, cataloghi di biblioteche antiquarie (un mondo che lui mi fece conoscere), oggetti strani che erano lo spunto per racconti densi di conoscenze e di citazioni precise, spesso interrotti dalla ricerca della pagina giusta in un volume che usciva dai grandi scaffali alle spalle della scrivania.

       Italo era dotato di un raffinato gusto e di una curiosità che erano alla base della costruzione di una cultura poliedrica, in cui avevano spazio entrambe le radici classiche – scientifica e umanistica – che, come Charles Percy Snow ci ha insegnato[1], sono tipicamente spesso in contrasto. Non vi è dubbio che padroneggiare i due campi implica necessariamente una riduzione di approfondimento assoluto nell’uno o nell’altro, ma è altrettanto vero che proprio la separazione fra i due saperi è lamentata come una causa di impoverimento culturale della nostra civiltà, che reca danni perché solo il dialogo e l’equilibrio fra le due culture può costituire la base di un armonico sviluppo del singolo e, soprattutto, della società. La prima occasione di incontro più diretto fra noi fu probabilmente il congresso di elicicoltura di Borgo San Dalmazzo del 1979, la cui organizzazione mi impegnava molto in quegli anni, e la simpatia, che sarebbe divenuta amicizia, nacque visitando un occasionale mercatino dell’antiquariato in cui facemmo quasi a gara nel riconoscere gli oggetti più strani ed insoliti. Credo di essermi guadagnato la sua stima individuando in un pezzetto di ferro arrugginito un cavapalle, strumento necessario per scaricare i fucili ad avancarica, tipicamente nel caso – non raro – in cui la carica non fosse esplosa con la percussione della capsula o della pietra focaja.

       La sua presenza a quel congresso era giustificata dalla disciplina da lui insegnata, la “Zoologia forestale”, che poteva comprendere a buon diritto anche i molluschi terrestri, e la sua curiosità lo aveva portato a cercare notizie in un campo che sentiva affine. Nell’anno successivo, nella stessa sede, portammo una relazione, scritta con il compianto prof. Antonio Ubertalle, relativa al riutilizzo nelle aree prealpine dismesse dall’agricoltura o dalla zootecnia grazie all’istituzione di territori protetti, individuati in biotopi con vocazione alla produzione di popolazioni di Polmonati. La scarsa efficienza che si andava evidenziando delle tecniche zoocolturali applicate ai molluschi terrestri, faceva sì che questo approccio rappresentasse una proposta rispettosa degli equilibri naturali e capace, al tempo stesso, di ottenere nel tempo un apprezzabile aumento della densità di popolazione delle specie eduli grazie alla soddisfazione delle loro esigenze vitali. Le vicende delle iniziative di Borgo San Dalmazzo impedirono che tale scritto vedesse la luce e così persi l’occasione di pubblicare un lavoro con Lillo.

       Un ruolo che Italo rivestiva con ovvia naturalezza era quello di direttore della biblioteca della sua Facoltà, doveroso omaggio a chi aveva con i libri un rapporto speciale, coltivato nella ricerca bibliografica implicita nel lavoro di zoologo sistematico, ma cresciuto con una quasi onnivora passione per le carte stampate, conscio della potenziale ricchezza nascosta fra le pagine di volumi, fascicoli, miscellanee. Da tale profondo interesse nasceva una cultura vastissima che gli permetteva infinite citazioni, ma fra tutte le preferite erano quelle da Pinocchio, libro ingiustamente ritenuto infantile, che rivela ad ogni lettura tesori di saggezza e di sottile, a volte caustica, ironia. Pur manifestando sempre uno stile di signorile classicità, dava spesso spazio a uno spirito sulfureo, che lo portava talora alla ricerca di testi sorprendenti e insoliti, e devo dire che fui stupito quando mi disse di aver acquistato, nel periodo trascorso all’Università di Milano, la rivista “Il delatore” i cui numeri monografici sono oggi oggetto di culto per gli argomenti trattati ma ancor più per la grande apertura intellettuale e per una carica di irriverente e spregiudicata provocazione.

       Altri parleranno di quell’altra grande passione di Lillo che è stata la numismatica, dalla quale non mi sono lasciato contagiare anche se avverto il fascino del contatto con quelle piccole testimonianze materiali di storia che sono monete e medaglie, per il loro simbolismo, per la suggestione di toccare quello che è stato maneggiato da uomini lontani nel tempo, per l’ammirevole sintesi di valori materiali e spirituali che qualcuno ha saputo trasfondere nel metallo. Anche per questo suo interesse ho motivo di gratitudine per Lillo perché mi diede la prima occasione di realizzare una piccola mostra di cimeli del parassitologo Edoardo Perroncito nel 1987, all’interno della mostra numismatica astigiana in cui fu presentata la medaglia commemorativa dello stesso Perroncito, alla cui realizzazione avevamo collaborato, visitando lo studio dello scultore Riccardo Cordero, valutando e discutendo gli abbozzi in creta. La breve monografia che, grazie al suo interessamento, potei pubblicare nelle pagine della rivista di storia astigiana “Il Platano” è rimasto il mio primo scritto di argomento storico[2], a cui ne sono seguiti forse troppi altri, che mi hanno fatto quasi cambiare mestiere, ma che hanno certamente soddisfatto una mia passione profonda per la cultura umanistica, facendomi in questo sentire sempre più vicino a Lillo, anche lui autore di pregevoli lavori su storia e arte.

       Devo ricordare che nella redazione di vari miei lavori di argomento storico Lillo più volte mi favorì trovandomi pubblicazioni da citare o mettendomi in contatto con esperti che mi furono preziosi soprattutto per vari aspetti della storia sanitaria astigiana. Con riferimento alla numismatica amata da Italo mi faccio portavoce di una proposta di Marco Albera che suggerisce di raccogliere adesioni per coniare una medaglia che commemori il nostro comune amico. Sono certo che Lillo sarebbe lieto e lusingato di questo pensiero, magari col suo profilo riprodotto in una elegante plaquette in bronzo, simile a quelle dedicate ad altri scienziati, che lui aveva raccolto.

       L’incrociarsi della sua passione per la numismatica con quella per la storia dell’Università ebbe come risultato la proposta da lui avanzata al rettore Dianzani di coniare una medaglia per gli studenti più meritevoli, riproducendone una di cui aveva rinvenuto il disegno in un’antica pubblicazione; quella iniziativa si ripropone ogni anno ed è divenuta una simpatica consuetudine del nostro Ateneo.

       Tornando ad aspetti più personali della nostra amicizia, devo ricordare come un evento divenuto per me classico i giri pre-natalizi nel centro di Torino, con visita a una serie di antiquari, soprattutto nella speranza di osservare antichi gioielli (una interesse che condivido anche perché probabilmente sono omozigote per l’oreficeria, avendo avuto congiunti che svolgevano questo mestiere sia nella famiglia paterna che in quella materna) o – meglio ancora – decorazioni di ordini cavallereschi, di cui Lillo era divenuto esperto collezionista. Ricordo in particolare quando gli segnalai nell’angolo di una vetrina in Via Amendola un elegante cofanetto pieno di croci smaltate, che divenne poi uno dei pezzi più significativi della sua raccolta. Queste decorazioni rappresentano un aspetto molto particolare nel più ampio mondo del collezionismo numismatico, anche perché talora costituiscono degli insiemi collegati a personaggi di un certo rilievo, di cui è possibile ricostruire la storia e legare perciò più valore ai cimeli. In uno di quei giri entrammo in una bottega di orologiaio antiquario in Via Maria Vittoria e, fra le chiacchiere scambiate con il curioso personaggio, entrammo in un oscuro locale interno in cui mi colpì una pendoletta da muro firmata “Tealdi a Turin” che è oggi in casa mia e anch’essa è per me un ricordo di Lillo.

        Personalmente prediligo il collezionismo e lo studio nel campo dell’antiquariato tecnologico e devo dire che Italo seguì con molto interesse la crescita dei miei interessi nel campo della storia degli strumenti scientifici e delle metodiche della ricerca scientifica, perciò fu partecipe giorno per giorno di quelle iniziative che, nella seconda metà degli anni ’80, cominciarono a portare all’attenzione dei colleghi universitari l’importanza della conservazione del patrimonio storico-scientifico del nostro Ateneo. Con lui questi discorsi trovavano sempre una entusiasta accoglienza, stimolavano il ricordo di occasioni di cui era stato testimone di distruzioni e dispersioni, cui, in qualche caso, aveva cercato di porre rimedio con l’iniziativa personale, come l’aver preso qualche antico libro di medicina dal cassone di un camion che svuotava sconsideratamente locali dismessi nella vicina Facoltà e destinati a una improvvisa trasformazione in nuovi laboratori. Lillo visse in gran parte accanto a me la realizzazione della mostra “Strumenti ritrovati” del 1991 e partecipò nell’anno successivo alla nascita dell’Archivio Scientifico e Tecnologico, fu la sua innata cortesia che lo trattenne dal reclamare il posto di rappresentante della sua Facoltà nel nostro consiglio scientifico, ruolo che avrebbe senz’altro meritato in virtù della sua cultura.

      Fra le sue inesauribili collezioni vi erano anche strumenti di misura antichi piemontesi che mi prestò per una mostra al Lingotto, mentre ancora una volta alla sua sensibilità attribuisco la conservazione di una foto del corridoio lasciato dagli istituti medici al momento della nascita della Facoltà di Agraria nel 1935, foto che abbiamo replicato insieme al momento dell’abbandono della Facoltà per la nuova sede di Grugliasco.  Gli ultimi anni videro purtroppo un diradarsi della nostra frequentazione, che per anni era stata scandita dall’appuntamento per il pranzo, quando la Facoltà di Agraria si trasferì, prima della mia, nel campus di Grugliasco. Al mio arrivo a Grugliasco riprendemmo le vecchie abitudini ma la passeggiata meridiana per le vie di San Salvario non era più possibile in una banale periferia che conserva scarsissime tracce del suo passato. Credo che passando per le vie semicentrali di quel quartiere ricorderò sempre le disquisizioni che nascevano dall’osservazione di un particolare architettonico, dalla scoperta di un negozio curioso o desueto. In questi giri spesso affiorava una delle caratteristiche più tipiche di Lillo, che era saper “attaccare bottone” in modo garbato, ma spesso con spirito salace, con le persone incontrate casualmente: ricordo le battute con il sacrestano del Sacro Cuore di Maria  o con gli addetti alla manutenzione delle alberate, per i quali era diventato un vecchio amico, capace di partire dalla mina in una foglia per spiegare in modo semplice un aspetto di biologia applicata, magari con qualche battuta in piemontese.

La frequentazione delle antiche carte, vizio che Lillo mi trasmise, mi ha fatto incontrare molte volte scritti in cui docenti universitari di altri tempi commemoravano i loro maestri, le parole usate spesso esprimevano affetto in termini quasi imbarazzanti per la nostra attuale sensibilità. Mi auguro però che le mie frasi, certamente più sobrie, non mascherino troppo la profondità del dolore che l’assenza di Italo rinnova spesso in me e il senso di vuoto per la mancanza di un uomo così speciale.



[1] Charles Percy Snow Le due culture. Milano, Feltrinelli, 1964. (edizione originale 1959)

[2] Marco Galloni Edoardo Perroncito (1847-1936). “Il Platano”, anno XII, 1987, pagg. 51-57.

 

*****

 

L’uomo dei libri

Donatella Gnetti

Biblioteca Consorziae Astense

 

Credo che per molti dei presenti, legati a Italo Currado sin dall’infanzia, dall’epoca della scuola o da rapporti di lavoro nel mondo accademico, sarebbe difficile ricostruire con esattezza quando e come lo conobbero e ancora di più che impressione fece loro il nostro Amico. Io invece ricordo con estrema esattezza in quale occasione ho conosciuto Italo e che cosa pensai allora di lui.

          Quando incontrai Italo per la prima volta lavoravo da poco tempo in Biblioteca come responsabile della sezione libri antichi e storia locale: per questo egli si rivolse a me quando accompagnò Ada Peyrot alla ricerca di materiali iconografici utili alla pubblicazione del volume Asti e l’Astigiano, che avebbero poi pubblicato insieme nel 1987. Da come si svolse quel primo incontro maturai la convinzione di trovarmi di fronte a un professionista del mondo del libro, probabilmente un antiquario o un bibliotecario, competente, un po’ rigido, austero e riservato.

         Di questa prima sensazione, come spesso succede, il tempo avrebbe confermato soltanto la valutazione relativa alla grande competenza in materia di libri: fu con un notevole stupore che appresi infatti che di professione faceva l’entomologo, quanto di più distante ci potesse essere, nella mia personale valutazione, da incunaboli e manoscritti. E in merito all’essere rigido e riservato non ho tardato a ricondurre quest’impressione a un certo piglio militaresco che Italo, appassionato anche di militaria, conservava dal tempo della militanza alpina, di cui andava particolarmente fiero. Ma bastava conoscerlo appena un po’ meglio per correggere l’impressione prodotta da questo atteggiamento esteriore. Una sorta di doppia natura, riflessa del resto nel contrasto tra Italo, nome ufficiale, da professore, severo e impegnativo, e Lillo, il nome informale e un po’ fanciullesco che ben presto mi divenne familiare.

         In realtà nel mondo del libro era non un tecnico, ma un appassionato cultore di grande ingegno e preparazione, un collezionista tanto competente quanto entusiasta, geloso delle sue raccolte ma disposto renderle disponibili per chi si mostrasse altrettanto seriamente appassionato.

        E’ su questa base che si sono articolati i nostri rapporti nei quasi 20 anni successivi a quel primo incontro. Di tanto in tanto capitava nel mio ufficio con una cartella in plastica trasparente: allora potevo esser certa che mi avrebbe mostrato qualche tesoro, una stampa antica, un manoscritto trovato in qualche libreria torinese, una medaglia. Sornione e un po’ professorale, ma sempre bonario, mi interrogava in proposito: la Biblioteca possedeva quell’edizione? Che datazione potevo proporgli per la mappa? Sarei stata in grado di sciogliere le sigle della medaglia? Ne derivava una sorta di cordiale schermaglia animata dalla comune passione. Del resto sapevo di poter contare sempre su di lui: pronto a fornire qualsiasi tipo di consiglio e di consulenza, a mettere a disposizione con grande generosità le sue raccolte e collezioni qualora ne avessi avuto bisogno. Come avvenne puntualmente, ad esempio, in occasione della mostra dedicata nel 2002 a Giovan Battista Scapaccino.

       Perché Italo non era un collezionista maniacale, ma un valorizzatore. Amava i documenti del passato nel modo corretto e intelligente, non in quanto fini a se stessi o tanto meno come forme di investimento economico o di prestigio intellettuale, ma per quanto riescono a testimoniare e comunicare. È per questo che voglio ricordarlo, più che come un bibliofilo, come un ‘uomo dei libri’: una lezione di cui essergli grata.

 

*****

 

Italo Currado, cittadino

Laurana Lajolo

Direttore di culture e di cultureIncontri

 

       Italo Currado era una personalità ben delineata nel panorama cittadino: difensore delle tradizioni culturali e dell’ambiente, collezionista di vaglia, ma soprattutto un cittadino  con un forte senso civico. Era privo di piaggeria verso i potenti, anzi esercitava proprio nei loro confronti un’ironia che sfociava spesso nel sarcasmo, senza perdonare nulla a coloro che si occupavano della cosa pubblica, che lui considerava, come in realtà dovrebbe essere, un bene molto al di sopra delle ambizioni personali, degli interessi, delle visuali di parte. I “potenti” erano temporanei, passavano, mentre la città rimaneva e superava i secoli.

        La città era “sua” nel senso migliore del termine: lui la conosceva bene nelle radici storiche, nei beni materiali e artistici, nelle pietre e negli alberi. Lui era (e lo sapeva) il depositario del “buon senso civico” e lo esercitava nei confronti di chicchessia, anche nei confronti degli amici, verso i quali spesso era più esigente che verso gli altri.Non tollerava scemenze, si prendeva cura del bene della comunità pubblicamente, pur non occupandosi di politica o intervenendo direttamente nelle cose dell’amministrazione. I suoi interventi avevano un peso assolutamente sovrapartitico.

       Semplicemente lui, senza riserve, si rivolgeva direttamente al responsabile del provvedimento che non condivideva e gli diceva apertamente la sua opinione, come nell’antica Grecia quando educazione e gestione della democrazia erano cose a cui attendevano tutti gli Ateniesi. E proprio come nell’antica Atene, Currado aveva una considerazione aristocratica della democrazia, che, secondo lui,  avrebbe dovuta essere esercitata soltanto dalle persone qualificate, colte e di buon senso.

        Spesso era deluso, sconfitto, non considerato, ma era comunque pronto per la prossima battaglia per le sue idee a favore della città. Lo riteneva un dovere da compiere, anche se raramente quel dovere gli aveva fatto incassare una vittoria. Questa sua somma “ingenuità” civica ora manca alla città e a tutti noi.

 

*****

 

Italo Currado e l’entomologia forestale

Peter John Mazzoglio

Presidente del Centro Studi e Ricerche Storiche Onlus

 

Appena laureatomi nell’Istituto di Entomologia agraria e Apicoltura della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Torino in via Pietro Giuria 15, luogo che frequentavo da dilettante entomologo e studente già dal 1980, il professor Currado (come l’ho sempre chiamato per il profondo rispetto che coltivavo nei suoi confronti) mi chiese se potessi aiutarlo nelle esercitazioni del corso di zoologia forestale, venatoria e acquicoltura che teneva per gli studenti del corso di laurea in Scienze Forestali. Ovviamente accettai entusiasta e così iniziarono quindici anni di collaborazione, non soltanto in campo entomologico e zoologico.

          Era il 1990 e fu anche l’anno infausto della scoperta di quel malefico tumore che iniziò a travagliare Italo.

         Fra cliniche, cure, visite mediche periodiche, portò avanti i suoi corsi, che includevano anche l’entomologia forestale. Non badava ai suoi malanni, anche se a volte se ne parlava ed era non poco preoccupato, ma la buona vena portava sempre i discorsi verso lidi ameni e si finiva nella bibliofilia o nella scienza applicata. Ci furono anche i problemi all’anca, poi operata, che lo costrinsero al bastone e a un’andatura claudicante per qualche anno. Siccome lo accompagnavo sempre, anche nella pausa pranzo, molti colleghi mi dicevano che zoppicavo anch’io.

          Ma nulla mi ripagava più di quei momenti passati insieme negli argomenti più vari: storia, alpini, libri antichi, editti, fotografia, insetti dei boschi, pettegolezzi universitari, esami, congressi, vacanze e, ovviamente, scoiattoli.

          Insieme partecipammo a molti congressi in Italia e in Europa e portammo avanti ricerche particolarmente gratificanti per i luoghi visitati e i risultati ottenuti: il bruco defogliatore (Calliteara pudibunda) della faggeta di Calizzano negli anni 1990-1993, il bruco defogliatore (Lymantria monacha) dell’abete rosso in Valle d’Aosta negli stessi anni, il coleottero della corteccia dell’abete rosso (Ips typographus) dal 1993 al 1998, la vespetta (Acantholyda erythrocephala) defogliatrice del pino strobo dal 1995 al 2000, la processionaria del pino (Traumatocampa pityocampa) sulle alture di Andora dal 1998 al 1999, i coleotteri (Tomicus spp.) della corteccia del pino dal 2001 al 2002.

          Non minore fu l’impegno profuso nella crociata contro lo scoiattolo grigio nordamericano (Sciurus carolinensis) a cui si aggiunse lo scoiattolo variabile tailandese (Callosciurus finlaysonii) rinvenuto ad Acqui Terme. Numerose furono le uscite in campo per documentare l’espansione dei rispettivi areali e gli studi sul loro comportamento, purtroppo negativo, nei confronti delle colture cerealicole, degli alberi da frutto e perfino degli alberi da legno a causa della scortecciatura. Il ghiro, il piccione, le cornacchie, la nutria e, diceva, foss’anche l’elefante di Annibale, erano di sua pertinenza, perché presenti sul territorio e dannosi all’economia umana per i mutamenti ambientali causati dall’uomo stesso.

        Quante cose avevamo in serbo per il futuro. Innanzi tutto la lotta alle termiti, trovate da Italo in Asti (la segnalazione più a nord e ad ovest della Pianura Padana) e guarda a caso nell’area gravitante intorno a Palazzo Gazelli di Rossana, da lui recentemente acquisito, e alla sede della Fratellanza Militari in Congedo. Il rischio incombente sul patrimonio ligneo astigiano è enorme e Italo lo sapeva. L’espansione della popolazione di termiti potrebbe interessare a breve l’intero centro storico soprattutto grazie al riscaldamento globale del clima, che favorirebbe questi insetti tropicali. Come sempre, nemo propheta in patria, ma non disperiamo.

        L’amore per la storia e per tutto quanto riguardasse il passato. La tutela del patrimonio storico, qualunque fosse la sua natura (edificio, opera d’arte, libro, uniforme, oggetto). La conoscenza dei dialetti, della lingua di una volta, la cultura degli anni che furono, le imprese militari, i personaggi che fecero storia, tutto contribuì a sviluppare in Italo e in chi gli era vicino lo stesso entusiasmo e insieme fondammo il Centro Studi e Ricerche Storiche, ora Onlus, proprio alla vigilia dell’infausta operazione che lo avrebbe condannato. Era l’undici gennaio dell’anno scorso e insieme a noi due c’era Gianfranco Ribaldone, storico di Biella. Ci trovammo a casa sua e nulla faceva presagire un futuro tanto gramo.

       Lo ricorderei con un’immagine che mi è subito piaciuta e che, penso, trasmetta a tutti noi il bel momento in cui lo si incontrava e si iniziava a parlare del più e del meno, per poi sprofondare insieme in un argomento a noi caro e dimenticare il tempo che passava inesorabile.

Grazie Lillo!

 

*****

 

Ricordo di Italo Currado (Lillo)

Livio Musso

 

La mia stima che, giorno dopo giorno, è diventata amicizia, con Italo Currado, è nata alla fine del 2002 quando ho dato il via ad una lunga celebrazione in onore di Giovanni Pastrone, il genio del Cinema muto, autore di Cabiria, nato e cresciuto in Asti.

Prima ci conoscevamo da sempre, senza frequentarci, con quei “buongiorno, buonasera” e “salve” di quando ci si conosce da anni ma non si condividono ore, sentimenti, cose. Tipico per noi astigiani.

         Negli anni sono stato spesso suo muto compagno di scompartimento nei brevi viaggi in treno a Torino, lui verso l’Università, io verso set, case di produzione, post produzione ed altre audiovisività.

        In quei tragitti verso il capoluogo ho assistito ad alcune sue esternazioni che, se hanno talvolta lasciati interdetti i nostri compagni di scompartimento, mi hanno divertito moltissimo e fatto capire che il professor Italo Currado, figlio di tanto padre, fosse un uomo arguto, pronto alla battuta, al sarcasmo a volte feroce. Così, tutte le volte che il caso mi ha permesso di essergli accanto salendo sul treno, l’ho tallonato, cercando di sedermi nei suoi paraggi, convinto che il tragitto avrebbe potuto avere un lampo di simpatia, d’intelligenza.

      Alla fine del 2002, con l’inizio delle celebrazioni pastroniane, Italo mi ha contattato, parlandomi di una moneta commemorativa in onore del regista, delle possibilità di una ri-coniatura della stessa. C’i siamo incontrati ed è stato come se ci fossimo conosciuti da sempre. Lui parlava, parlava, finchè non ha tirato fuori dalla sua borsa alcuni fogli, preventivi, lettere, fotocopie, il tutto relativo alla famosa moneta.

Lo ascoltavo felice perché capivo che finalmente potevo parlargli, avevamo cose in comune, una sopra tutte: il Cinema.

Con una malcelata, sottile soddisfazione mi ha parlato della sua lontana parentela, da parte materna, con le famiglie Sciamengo e Remmert, così implicate con la storia del cinema torinese degli esordi e con l’avventura umana e cinematografica di Pastrone.

In quattro anni a celebrare Pastrone ed il cinema muto che fece di Torino, con Parigi, la sua capitale europea, Italo è sempre stato con noi, presente alle proiezioni, alle presentazioni di libri, agli incontri con personaggi del cinema e della cultura cinematografica. Sempre presente e, molto spesso, intervenendo, condendo il suo immenso bagaglio culturale, con quelle battute che vorrei definire curradiane perché così particolari, così pungenti, così...di Italo Currado.

Italo è sempre stato, suo altissimo merito, una persona sincera, diretta, da pane al pane. Così, quando era presente, se aspettavo con ansia i suoi interventi che avrebbero arricchito quanto stavamo facendo o discutendo, pur tuttavia avevo timore, timore dei suoi giudizi, delle sue puntualizzazioni. Se doveva dirti che, secondo lui, avevi detto o fatto un’asinata, e qualche volta è successo, non si poneva il pur minimo dubbio e ti spiattellava le sue frasi lapidarie. Ma così vere, così umane. Italo non interveniva subito, aspettava che qualcun altro parlasse per primo, non tanto per prendere spunti, non ne aveva certo bisogno, ma perché sperava che l’atmosfera si scaldasse un poco, che la dea Dialettica si sedesse tra di noi a condurre le danze delle parole. Se ciò non avveniva allora partiva lui e alé, dava fuoco alle polveri, a volte anche senza alzare la mano per prendere la parola. Aveva cose da dire e le diceva. Alla maniera curradiana, appunto.

      Italo qualche volta è venuto agli incontri accompagnato da Giovanni, uno dei suoi due figli ma credo che, per amore dell’agone e della discussione, preferisse presenziare da solo.

       Col passare dei mesi, con la nascita dei Premi Cabira per il Cinema ed il concorso ScuolaCinema riservato a lavori per lo schermo realizzati da scuole, la presenza di Italo si è fatta più presente, i suoi interventi più importanti, i suoi consigli più preziosi.

E sempre, di tanto in tanto, tornava in ballo il discorso della moneta in onore di Pastrone.

       Italo era spesso tra gli ultimi ad arrivare nei cinema o nelle sale dove si svolgevano le manifestazioni, ma era sicuramente l’ultimo ad andarsene. Così abbiamo presa l’abitudine di tornare insieme verso casa, a piedi perché Asti l’attraversi in una ventina di minuti, camminando lentamente, fermandoci di tanto in tanto ad esprimere un concetto, a tranciare un giudizio.

       Una sera Fernanda, mia moglie, che era con noi, ha fatto una battuta, sconsolata, sul macello che ormai si fa della lingua italiana. Italo si è fermato di botto ed ha detto “Ormai sempre più persone soffrono di congiuntivite”. Mitica battuta alla Italo.

 Poi ho incominciato a vederlo di meno, frequentava con minor frequenza, cresceva il senso della sua assenza.

Un giorno ho saputo che non stava bene, che non stava affatto bene. Quella notizia mi ha disorientato, addolorato. Quando è tornato a farsi vedere mi ha detto che era molto impegnato con il lavoro. Non gli ho domandato altro.

Poi è spuntato il bastone. I nostri ritorni a casa, dopo mezzanotte, si sono fatti più sporadici, più lenti, con meno battute e più momenti di silenzio.

        Alla vigilia della consegna dei Premi Cabiria 2004 mi ha chiesto se gli concedevo, durante la cerimonia al Teatro Alfieri, il permesso di fare un piccolo intervento. Me lo ha chiesto con uno di quei suoi sorrisi che così tanto avevano contribuito a fare crescere in me la simpatia nei suoi confronti. Ho acconsentito subito “Anche se non ti dico cosa dirò e cosa farò?” “Tu puoi dire e fare cosa vuoi però...mi raccomando”. Ha richiusa la porticina di casa sua, in corso Dante, facendomi uno strano sorriso ed un gesto della mano che non sono riuscito ad interpretare.

Il giorno della cerimonia si è presentato sul palcoscenico, elegantissimo, accolto da un grande applauso. In una mano teneva ben stretta una scatoletta. Ha parlato per pochi minuti di cinema, di Pastrone, poi ha incominciato a raccontare della famosa moneta celebrativa. Ha aperta la scatoletta e, voltandosi verso di me, me l’ha consegnata con l’augurio che un giorno forse, quella moneta, chissà...

      Poi Italo ci ha lasciati e con lui se n’è andato un patrimonio insostituibile per questa città. Per me è stata la partenza di un amico che non cederà mai a nessuno il posto che si è preso nella mia memoria.

L’anno scorso abbiamo dedicato una serata delle celebrazioni ad Italo. La grande gioia è stata quella di avere con noi la cara Augusta con Giovanni e Carlo. Sono stati presenti i suoi amici più cari. Si è parlato di Italo poi abbiamo proiettato in suo ricordo un film surrealista francese “La chute de la maison Usher di Jean Epstein,

Dopo la proiezione è seguito come sempre il dibattito, la discussione sul film, come quando c’era anche lui.

Ad un certo punto, mentre passavo il microfono via via a chi voleva intervenire, ho pensato “Cosa direbbe Italo, se fosse con noi questa sera?”.

Cosa direbbe oggi?

 

*****

 

Ricordo di Italo Currado (Lillo) driinidologo

Massimo Olmi

Dipartimento di Protezione delle piante, Università degli Studi della Tuscia, Viterbo

 

Italo Currado è stato fra il 1972 ed il 1983 uno dei più grandi specialisti del mondo di Imenotteri Driinidi. Per coloro che non sono entomologi vale la pena di chiarire che si tratta di un gruppo di insetti parassitoidi di Cicaline, queste ultime annoverate fra gli organismi più dannosi per le piante coltivate.

       Con l’idea di studiare la possibilità di realizzare progetti di lotta biologica contro le Cicaline utilizzando i Driinidi, io e Lillo abbiamo iniziato insieme a studiare questa famiglia, partendo praticamente da zero, dal momento che in quel momento l’unica opera di un certo peso esistente, ma purtroppo superata, era quella dell’abate Jean-Jacques Kieffer pubblicata nel lontano 1914.

     I lavori sui Driinidi che Italo Currado pubblicò, da solo o come coautore insieme allo scrivente furono 18.

    La realizzazione di questi lavori fu resa possibile da numerose escursioni in campo al fine di reperire il materiale di studio. A tal fine, io e Lillo facemmo ricerche in numerose località del Piemonte, fra cui soprattutto la valle di Susa, quella dell’Orco, le risaie vercellesi e naturalmente i dintorni di Asti, con particolare attenzione per le campagne circostanti Portacomaro, dove Lillo aveva una proprietà, e Sanico. Memorabile fu anche l’escursione compiuta all’Isola del Giglio alla ricerca dei Driinidi che ai primi del 1900 il Marchese Doria aveva raccolto ed affidato in studio all’abate Jean-Jacques Kieffer, che sulla base di quel materiale descrisse le prime specie italiane di questa famiglia.

     Per esaminare gli esemplari conservati nel Museo di Storia Naturale di Washington, Lillo effettuò anche un proficuo soggiorno di tre mesi, da aprile a giugno 1978, nella capitale americana, dove ebbe modo di lavorare al fianco di uno dei più grandi studiosi americani di Imenotteri, il Dr. Arnold Menke. Numerose furono anche le sue visite ai Musei di Storia Naturale di Parigi e Genova, per studiare le ricche collezioni di Driinidi colà esistenti.

     Fra i risultati di maggio rilievo ottenuti va segnalata la descrizione nel 1976 del nuovo genere spagnolo Acrodontochelys, con una nuova specie, bouceki, dedicata al Dr. Zdenek Boucek. Con questo amico e collega cecoslovacco (a quell’epoca la Repubblica Ceca e la Slovacchia erano ancora unite) avevamo condiviso in precedenza molti felici momenti, in un momento per lui molto critico, dovuto alla sua fuga dalla Cecoslovacchia che era stata appena invasa dalle truppe sovietiche. In quella circostanza Lillo manifestò ancora una volta tutto il suo buon cuore aiutando come poteva l’amico e cercando di alleviargli le difficoltà legate alla sua precaria permanenza a Torino come sfollato. Questo aspetto del carattere di Lillo fu manifestato in seguito e prima in molte altre occasioni. Ricordo per esempio l’aiuto prestato, anche tramite me, ad un amico romeno in difficoltà, il Dr. Manescu, anche lui fuggito dal suo paese natale, soprattutto grazie all’aiuto di Lillo e dei suoi famigliari.

       Lillo era molto legato alla sua famiglia. Volle così ricordare la propria cognata Giovanna Mazzarolli, morta tragicamente, dedicandole nel 1975 una nuova specie di Driinidi scoperta nei dintorni di Sanico di Alfiano Natta, Agonatopoides johannae. Alla moglie Augusta aveva già dedicato un anno prima una seconda nuova specie di Driinidi, Pseudogonatopus augustae, raccolta vicino a Portacomaro.

       Io stesso dedicai nel 1984 a Lillo una bellissima nuova specie australiana di Driinidi, Anteon curradoi.

      Nella seconda metà degli anni ‘80 ci fu l’incontro di Lillo con lo scoiattolo grigio nordamericano. Credo che sia stato un travolgente amore a prima vista, perché abbandonò quasi completamente i Driinidi per dedicarsi a questo nuovo soggetto di studi, che gli regalò molte soddisfazioni, ma anche tante amarezze.


Pubblicazioni sui Driinidi di Italo Currado

1.        Currado I., Olmi M., 1972. Dryinidae italiani: conoscenze attuali e nuovi reperti (Hymenoptera, Bethyloidea). Boll.Mus.Zool.Univ.Torino, 7: 137-176.

2.        Currado I., Olmi M., 1974. Le specie italiane dei generi Donisthorpina Richards 1939 e Haplogonatopus Perkins 1905 (Hymenoptera, Dryinidae). Boll.Mus.Zool.Univ.Torino, 6: 39-44.

3.        Currado I., Olmi M., 1974. Studi sugli Pseudogonatopus europei, con descrizione di tre nuove specie Hymenoptera, Dryinidae). Redia, LV: 221-239.

4.        Olmi M., Currado I., 1974. Studi sui Gonatopodini con particolare riguardo a quelli conservati nel Museo Civico di Storia Naturale di Genova (Hymenoptera, Dryinidae). Ann.Mus.Civ.St.Nat.Genova, LXXX: 173-216.

5.        Currado I., Olmi M., 1975. Un nuovo gonatopodino italiano: Agonatopoides johannae sp.n. (Hymenoptera, Dryinidae). Boll.Mus.Civ.St.Nat.Venezia, XXVII: 27-38.

6.        Olmi M., Currado I., 1975. Su alcuni tipi di Dryinidae di Ljiungh, Snellen van Vollenhoven e Klug (Hymenoptera, Bethyloidea). Boll.Mus.Civ.St.Nat.Venezia, XXVII: 47-66.

7.        Currado I., 1976. Nuovo genere e nuova specie di Gonatopodinae della Spagna: Acrodontochelys bouceki (Hymenoptera, Dryinidae). Boll.Mus.Zool.Univ.Torino, 2: 13-26.

8.        Olmi M., Currado I., 1976. Su alcuni tipi di Kieffer conservati nel Museo di Storia Naturale di Vienna (Hymenoptera Dryinidae). Boll.Soc.Ent.It., 108(3-4): 72-77.

9.        Currado I., Olmi M., 1976. Una specie di Gonatopodinae nuova per l’Italia: Plectrogonatopus richardsi Móczár 1965 (Hymenoptera Dryinidae). Doriana, V(224): 1-5.

10.     Olmi M., Currado I., 1976. Gonatopodinae extraeuropei conservati nel Museo Civico di Storia Naturale di Genova. (Hymenoptera Dryinidae). Ann.Mus.Civ.St.Nat.Genova, LXXXI: 165-194.

11.     Olmi M., Currado I., 1977. On the identity of Gonatopus pedestris Dalman (Hymenoptera: Dryinidae). Ent.Scand., 8: 76-78.

12.     Currado I., Olmi M., 1977. Descrizione di Haplogonatopus pacei sp.n. d’Italia (Hymenoptera Dryinidae). Boll.Mus.Civ.St.Nat.Verona, IV: 317-320.

13.     Olmi M., Currado I., 1979. Revisione del genere Haplogonatopus R.C.L. Perkins (Hymenoptera Dryinidae). Ann.Fac.Sc.Agr.Univ.Torino, XI: 37-44.

14.     Currado I., Olmi M., 1979. On the identity of some Indian Dryinid parasites of rice leaf-hoppers (Hymenoptera Dryinidae). Il Riso, XXVIII(2): 179-181.

15.     Currado I., Olmi M., 1979. Descrizione del maschio di Mesodryinus niger (Kieffer) e note sulle specie correlate (Hymenoptera Dryinidae). Doriana, V(234): 1-6.

16.     Olmi M., Currado I., 1979. Anteoninae conservati nel Museo Civico di Storia Naturale di Genova (Hymenoptera Dryinidae). Ann.Mus.Civ.St.Nat.Genova, LXXXII: 340-349.

17.     Currado I., 1983. Osservazioni su Anteon flavicorne (Dalman) (Hymenoptera Dryinidae). Atti XIII Cong.Naz.It.Ent., Sestriere-Torino, 27 giugno-1 luglio 1983: 127-130.

18.  Currado I., Olmi M., 1983. Primo reperto di Driinide fossile in ambra della Repubblica Dominicana (Hymenoptera, Dryinidae). Boll.Mus.Reg.Sc.Nat.Torino, 1(2): 329-334.

 

*****

 

Ricordo di Italo Currado

Pippo Sacco

 Pensando a Lillo, forse più di altre cose mi torna in mente la sua “vis” polemica e critica. Sovente, quando ci incontravamo, esordiva inveendo contro qualcuno che aveva compiuto qualche birbanteria edilizia o quanto meno estetica. E mi esortava ad andare subito a vedere - descrivendo con estrema precisione il luogo e l’accaduto - a fare delle foto per poi scrivere magari sul giornale…

Era un attento osservatore del paesaggio urbano, Lillo, e registrava ogni variazione accompagnata sempre da giudizi e commenti critici.

Voglio ricordare Lillo Currado come socio fondatore del Gruppo Ricerche Astigiane. Eravamo una decina di persone o poco più, ma tutti appassionati di storia e di cose astigiane, e cominciammo a ritrovarci nella primavera del 1970, di sera, in un Archivio di Stato incredibilmente vivo, allora diretto da Mino Fissore. Tra don Dacquino che ogni tanto arrivava con un antico messale miniato o con un documento dell’Archivio Capitolare e tra Lodovico Vergano, sempre schivo e taciturno ma pronto ad intervenire al momento giusto per rimettere ordine nelle discussioni, anche Lillo Currado sapeva apportare il suo contributo alle discussioni ed alle ricerche con il suo sapere. E poi, più di una volta è stato protagonista degli incontri del Gruppo Ricerche Astigiane relazionando ai soci su ritrovamenti, su studi topografici del territorio o sulla numismatica, di cui era profondo conoscitore.

Ma voglio ancora ricordare Lillo Currado per aver avuto un ruolo determinante ed essenziale nella pubblicazione dell’importante volume di Ada Peyrot sulla cartografia artigiana.  Oltre a mettere a disposizione i pezzi della sua ricca collezione, già un anno prima Lillo aveva contattato tutti i soci del Gruppo Ricerche, tutti gli amici e tutti i conoscenti perché si rendessero conto dell’importanza dell’opera e dell’occasione unica di riunire quanto più materiale possibile e perché ognuno contribuisse con i suoi pezzi inediti.

 

*****

 

…. e fu subito simpatia!

Gennaro Viggiani

Dipartimento di Entomologia e Zoologia agraria “Filippo Silvestri” - Università degli Studi di Napoli “Federico II”

 

I primi miei contatti con Italo Currado risalgono alla fine degli anni ’60, in seguito alla pubblicazione del suo primo lavoro dal titolo “Presenza spontanea in Piemonte di Prospaltella perniciosi Tower “ (1968). Ci scambiammo poche lettere, qualche telefonata …. e fu subito simpatia! Avevamo un comune interesse nello studio di un gruppo di antagonisti naturali degli insetti che danneggiano le piante, quello degli Imenotteri parassitoidi, e al loro utilizzo con metodi di controllo biologico e integrato. Era l’epoca dell’euforico impiego dei prodotti chimici in agricoltura, soprattutto per la difesa delle piante dagli organismi dannosi e nella quale, timidamente e faticosamente, alcune istituzioni scientifiche cercavano alternative e comunque criteri per razionalizzare gli interventi.

L’occasione per conoscere Italo, anche sotto l’aspetto umano, la ebbi in seguito ad un’altra sua pubblicazione dal titolo “Propagazione spontanea in Piemonte di Polynema striaticorne Girault” (1974). Occupandomi infatti di Imenotteri Calcidoidei e di controllo biologico, ormai da qualche decennio, mi rivolsi al Direttore dell’Istituto di Entomologia dell’Università degli Studi di Torino, Prof. Athos Goidanich, per avere degli individui del sopracitato parassitoide di uova della cicalina buffalo (Stictocephala bisonia), insetto dannoso alla vite, a diversi fruttiferi, nonché ad altre piante coltivate e spontanee, da pochi anni introdotto accidentalmente in Italia. Questo insetto era infatti comparso anche in alcune aree campane è quindi sembrava opportuno favorirne il controllo biologico introducendo tempestivamente il suo antagonista. Ebbe l’incarico di occuparsi della mia richiesta, ovviamente avallata dall’allora mio Direttore Prof. Giuseppe Russo, proprio. Italo Currado. Il materiale da spedire era delicato e prezioso, motivazioni che consentirono ad Italo di ottenere il permesso di venire a Portici. Lo rivedo ancora all’arrivo in laboratorio di buon mattino con il suo zainetto mentre estrae compiaciuto le provette nelle quali già si vedevano svolazzare i minuscoli imenotteri. Decidemmo di andare subito insieme in campo, in un noccioleto del nolano (prov. NA) e distribuire il parassitoide. Egli mi dette vari suggerimenti per favorire l’insediamento dell’utile insetto e nelle diverse ore trascorse insieme scoprimmo diversi interessi comuni, scientifici e non, come quello di cogliere i non rari aspetti caricaturali dell’austera accademia entomologica imperante. Per certi versi le nostre erano vite professionali parallele, pur vissute in istituzioni scientifiche geograficamente molto distanti.

I rapporti con Italo divennero sempre più approfonditi. Fummo così uniti non solo dalla immediata simpatia, ma anche da sincera stima. Come dimenticare i numerosi incontri in occasione di congressi, simposi, riunioni, ecc. e lo scambio di esperienze, di opinioni, di battute. La cordialità era in crescendo anche per le reciproche conoscenze familiari.

     Egli mi tenne sempre come riferimento per la identificazione di Imenotteri Calcidoidei, gruppo sul quale ormai concentravo la più significativa attività di ricerca. Ricordo ancora la sua contentezza allorquando, approssimandosi l’XI Congresso Nazionale Italiano (Portici-Sorrento, 10-15 maggio 1976), gli dissi che potevamo presentare insieme una sua interessante segnalazione dal titolo “Sul parassitismo di Cales noacki Howard (Hym. Aphelinidae) in uova di Phalera bucephala L. (Lepidoptera. Notodontidae)”.

     Divenuto professore associato di Zoologia forestale, venatoria e acquicoltura nel 1983, Italo intensificò le sue ricerche in questo settore. Tra gli studi affrontati a me parve particolarmente interessato, forse anche appassionato, alle complesse problematiche che ponevano gli scoiattoli e altri roditori all’agricoltura marginale ai boschi. Ora era questo l’argomento principale delle nostre sempre più fugaci conversazioni scientifiche. Gli avevo rivelato che io stesso avevo, nel mio paesello natio nella valle del Noce (Rivello, PZ), dei noccioli impiantati in prossimità di castagneti e querceti, la cui produzione era …..condivisa con uccelli e roditori del bosco. Ci potevamo quindi intendere anche su questo argomento.

“Lillo”, ti aspetto al chiaro di luna per sentire le ultime sugli scoiattoli.

*****