Relazione presentata al

Convegno a ricordo del Prof Italo Currado

Asti, sabato, 22 luglio 2006

Salone della Società Mutuo Soccorso “Fratellanza Militari in Congedo”, Via Bonzanigo 46, h 9,00-13,00

Dott.ssa Donatella Gnetti - Biblioteca Consorziae Astense

Dott.ssa Donatella Gnetti

Biblioteca Consorziae Astense

Credo che per molti dei presenti, legati a Italo Currado sin dall’infanzia, dall’epoca della scuola o da rapporti di lavoro nel mondo accademico, sarebbe difficile ricostruire con esattezza quando e come lo conobbero e ancora di più che impressione fece loro il nostro Amico. Io invece ricordo con estrema esattezza in quale occasione ho conosciuto Italo e che cosa pensai allora di lui.

          Quando incontrai Italo per la prima volta lavoravo da poco tempo in Biblioteca come responsabile della sezione libri antichi e storia locale: per questo egli si rivolse a me quando accompagnò Ada Peyrot alla ricerca di materiali iconografici utili alla pubblicazione del volume Asti e l’Astigiano, che avebbero poi pubblicato insieme nel 1987. Da come si svolse quel primo incontro maturai la convinzione di trovarmi di fronte a un professionista del mondo del libro, probabilmente un antiquario o un bibliotecario, competente, un po’ rigido, austero e riservato.

         Di questa prima sensazione, come spesso succede, il tempo avrebbe confermato soltanto la valutazione relativa alla grande competenza in materia di libri: fu con un notevole stupore che appresi infatti che di professione faceva l’entomologo, quanto di più distante ci potesse essere, nella mia personale valutazione, da incunaboli e manoscritti. E in merito all’essere rigido e riservato non ho tardato a ricondurre quest’impressione a un certo piglio militaresco che Italo, appassionato anche di militaria, conservava dal tempo della militanza alpina, di cui andava particolarmente fiero. Ma bastava conoscerlo appena un po’ meglio per correggere l’impressione prodotta da questo atteggiamento esteriore. Una sorta di doppia natura, riflessa del resto nel contrasto tra Italo, nome ufficiale, da professore, severo e impegnativo, e Lillo, il nome informale e un po’ fanciullesco che ben presto mi divenne familiare.

         In realtà nel mondo del libro era non un tecnico, ma un appassionato cultore di grande ingegno e preparazione, un collezionista tanto competente quanto entusiasta, geloso delle sue raccolte ma disposto renderle disponibili per chi si mostrasse altrettanto seriamente appassionato.

        E’ su questa base che si sono articolati i nostri rapporti nei quasi 20 anni successivi a quel primo incontro. Di tanto in tanto capitava nel mio ufficio con una cartella in plastica trasparente: allora potevo esser certa che mi avrebbe mostrato qualche tesoro, una stampa antica, un manoscritto trovato in qualche libreria torinese, una medaglia. Sornione e un po’ professorale, ma sempre bonario, mi interrogava in proposito: la Biblioteca possedeva quell’edizione? Che datazione potevo proporgli per la mappa? Sarei stata in grado di sciogliere le sigle della medaglia? Ne derivava una sorta di cordiale schermaglia animata dalla comune passione. Del resto sapevo di poter contare sempre su di lui: pronto a fornire qualsiasi tipo di consiglio e di consulenza, a mettere a disposizione con grande generosità le sue raccolte e collezioni qualora ne avessi avuto bisogno. Come avvenne puntualmente, ad esempio, in occasione della mostra dedicata nel 2002 a Giovan Battista Scapaccino.

       Perché Italo non era un collezionista maniacale, ma un valorizzatore. Amava i documenti del passato nel modo corretto e intelligente, non in quanto fini a se stessi o tanto meno come forme di investimento economico o di prestigio intellettuale, ma per quanto riescono a testimoniare e comunicare. È per questo che voglio ricordarlo, più che come un bibliofilo, come un ‘uomo dei libri’: una lezione di cui essergli grata. 

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