Relazione presentata al

Convegno a ricordo del Prof Italo Currado

Asti, sabato, 22 luglio 2006

Salone della Società Mutuo Soccorso “Fratellanza Militari in Congedo”, Via Bonzanigo 46, h 9,00-13,00

 

Prof. Achille Casale

Università di Sassari

Ho lavorato fianco a fianco con Italo Currado – in senso letterale, dato che per molto tempo abbiamo condiviso il lungo tavolo da lavoro nell’ultima stanza in fondo allo “storico” Istituto di Via Pietro Giuria - per quasi dieci anni, dal 1971 alla fine del 1979. Non erano anni facili né per l’Italia, né per l’Università. Ma io li ricordo ancora come anni meravigliosi, fra i più belli della mia vita. Belli come possono essere gli anni quando si è poco più che ventenni, laureandi, poi neo-laureati, poi ancora con un posto “di ruolo” (seppure di infimo rango accademico: si chiamava allora di “tecnico coadiutore”), e soprattutto con l’entusiasmo giovanile di poter operare in un campo – l’Entomologia – che era stato il sogno di chi scrive fin da bambino. Avevo conosciuto Lillo e Massimo Olmi, giovani assistenti di belle speranze, fin dai primi giorni in cui avevo iniziato il mio internato in quell’Istituto. Lillo aveva qualche anno più di me e di Massimo, ma aveva mantenuto intatto quello spirito post-goliardico, un poco irriverente, che caratterizzava la nostra generazione, e che ci permetteva di non prendere troppo sul serio i rimbrotti e le sfuriate del severo Direttore, il temutissimo Prof. Athos Goidanich. Quello spirito, Lillo lo seppe mantenere intatto fino ai suoi ultimi giorni, ed era quello che ancora ci permetteva di farci ore di risate insieme quando ci ritrovavamo, magari a pranzo o a cena, in qualche Congresso. Con Lillo abbiamo firmato qualche lavoro insieme, abbiamo fatto molte escursioni sul campo, abbiamo discusso di libri antichi e rari (una passione che ci accomunava). Se c’è un fatto che non posso dimenticare, del periodo lavorativo passato insieme, è la fiducia che mi accordò quando mi propose (da semplice tecnico coadiutore, ripeto) per supplirlo alla direzione della Biblioteca di Facoltà, in occasione di un suo viaggio negli Stati Uniti. Supplenza che fu approvata dal Consiglio di Facoltà del 23.03.1978. Ma più di tanti episodi lavorativi quotidiani, una parentesi amena di quegli anni si è impressa in modo indelebile nella mia memoria. Nel maggio del 1977, con Massimo Olmi e Riccardo Mourglia (entomologo “amatore” specialista di Coleotteri Cerambicidi), organizzammo un viaggio nella lontana Sicilia. Erano gli anni dei “programmi finalizzati” del C.N.R., che ci consentivano finalmente, venuti meno i fondi dell’ex-Centro di Entomologia Alpina e Forestale, di effettuare qualche ricerca degna di tal nome. Massimo e Lillo lavoravano da tempo sugli Imenotteri Driinidi a livello mondiale, io facevo altrettanto su un gruppo di Coleotteri Carabidi e su un volume della Fauna d’Italia. Massimo inoltre, come specialista di Coleotteri Driopidi ed Elmidi, aveva ottenuto un finanziamento per la stesura di uno dei manuali per lo studio della fauna delle acque interne italiane: un’opera editoriale del C.N.R., coordinata dal Prof. Sandro Ruffo, oggi ancora attualissima e indispensabile per chi lavori in quel campo. I risultati scientifici furono eccellenti, con reperti di entità nuove per la Scienza o per la fauna dell’isola.

        Vorrei però ricordare, in questa occasione, più gli aspetti “umani” di quel viaggio. Partimmo su un’auto caricata all’inverosimile, e raggiungemmo la terra incognita. Dormimmo in tenda sulle pendici dell’Etna, risvegliati spesso dai brontolii minacciosi del vulcano. Setacciammo quintali di terreno e di lettiera di bosco. Visitammo luoghi meravigliosi e ancora incontaminati: coste, foreste, gole, grotte e corsi d’acqua. Una sera, mentre eravamo attendati sulle Madonie, un pastore si offrì di andare a procurarci cibo e sigarette al villaggio più vicino (due ore su una vecchia FIAT 600). Fummo ricevuti da alcuni notabili dell’isola, quali il farmacista di Capaci e il procuratore capo della repubblica di Palermo (guarda caso, “entomologi amatori”!), e dormimmo anche una notte nelle stanze della clinica medica gestita dal marito di una sorella di Lillo.

        Ma Lillo ed io non volevamo smentire il nostro spirito burlone. Massimo Olmi passava gran parte del suo tempo con la testa infilata in un retino, alla ricerca di Driinidi o di Driopidi. E noi sapevamo che non amava i serpenti. Così, a sua insaputa, gliene infilammo uno nel retino, vivo e guizzante. A distanza di molti anni, ricordavamo ancora i suoi improperi, e le nostre risate. Grazie, Lillo!

 

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