Quale compensazione per gli alberi abbattuti in città?
Giorgio Baldizzone
Presidente della sezione regionale
WWF - Piemonte e Valle d'Aosta
Marco Devecchi
Osservatorio del paesaggio
per il Monferrato e l’Astigiano
Veduta dei platani di piazza Alfieri: una delle presenze di verde più significative all’interno della Città di Asti.
La presenza di parchi,
giardini, viali e piazze alberate o comunque di aree dotate di arredo verde
consente di migliorare decisamente il paesaggio urbano e rendere più
gradevole la fruizione della città, garantendo nel contempo molti benefici
ai suoi abitanti: freno alle polveri e ai rumori, ospitalità per gli
uccelli e altra fauna minore, frescura estiva. Il verde è, tuttavia,
una componente viva e dinamica che ha esigenze specifiche in termini di spazi
e tempi di crescita e risente non poco delle modificazioni dei parametri ambientali,
soprattutto in relazione all’immissione nell’aria e nel suolo di agenti inquinanti
diversi. In questo quadro composito ricco di criticità, ma anche di nuove
opportunità per la gestione del verde, grande interesse riveste l’esame
critico della complessa problematica riguardante gli abbattimenti
degli alberi in ambito urbano, oggetto
di ampia discussione anche sulla stampa locale astigiana. Le trasformazioni
della città, soprattutto quelle riguardanti l’adeguamento e modernizzazione
della viabilità, comportano frequentemente interventi anche a carico
delle piante ivi presenti. Ciò può tradursi nell’eliminazione
o, in casi più sporadici, nel trapianto degli esemplari arborei. Con
specifico riferimento alla città di Asti, un serrato dibattito si è
aperto sull’ipotesi di risistemazione di piazza Alfieri secondo l’impostazione
originaria, priva di alberi, in considerazione anche delle esigenze della corsa
del Palio. Accanto alle difficoltà tecniche intrinseche nell’opera di
trapianto di esemplari particolarmente vetusti e ai cospicui impegni finanziari
necessari per interventi di questo tipo, considerando anche il reticolo di tubazioni,
cavi e altro disseminati nel sottosuolo, s’impongono nella riflessione anche
valutazioni di ordine più specificatamente metodologico. Un utile riferimento,
al riguardo, è rappresentato dalla Carta internazionale del restauro
del verde storico, detta Carta di Firenze, che prevede per i parchi e giardini
storici un’estrema cautela negli interventi, a vario titolo, di ripristino*.
Anche il verde di una realtà urbana di consolidato valore storico, quale
piazza Alfieri ad Asti, può essere interpretato senza eccessive forzature
in questa prospettiva. In ogni caso un’opera integrale di ripristino di Piazza
Alfieri, appare non praticabile, in quanto, come ricordato giustamente dall’arch.
Mazzarolli, l’impronta generale è stata ampiamente modificata da nuove
costruzioni, come il palazzo della Provincia, o rifacimenti di quelle esistenti
con aggiunta di abbaini o vetrine in stile moderno sporgenti sul marciapiede.
Con riferimento, inoltre,
agli interventi a carico della vegetazione per la realizzazioni di nuove rotatorie
stradali e di lavori di risistemazione di piazze e pubbliche vie, merita sottolineare
come queste opere, pur avendo ovviamente come intrinseca finalità l’interesse
pubblico, non possono trascurare od eludere l’altro importante interesse collettivo,
riguardante la disponibilità di verde da parte della cittadinanza, di
fatto compromesso dall’abbattimento degli alberi. Considerato il danno e anche
il trauma psicologico che l’abbattimento di alberi può comportare alla
popolazione, appare ragionevole ipotizzare una norma conservativa di carattere
generale che preveda per ogni albero sacrificato alla modernizzazione del sistema
urbano che almeno altri 50 - o meglio ancora altri 100 - vengano messi a dimora
in aree preferibilmente all’interno della città stessa o nella sua immediata
periferia. Le possibilità di intervento nell’ambiente urbano sono innumerevoli.
La stessa città di Asti dispone di molte aree a parcheggio prive di copertura
arborea. Si tratta di spazi che potrebbero consentire la messa a dimora di centinaia
di nuovi alberi a tutto vantaggio della qualità estetica ed ecologica
dell’ambiente urbano e della fruibilità e piacevolezza delle stesse da
parte degli automobilisti. Nel caso dei piantamenti nella cintura periferica
non si tratterebbe necessariamente di realizzare nuovi parchi, nell’accezione
classica di questo termine, bensì di pensare ad una sorta forestazione
urbana. Questi anelli verdi potrebbero essere realizzati su suolo pubblico,
utilizzando ad esempio le aree dei vari svincoli stradali, oppure su terreni
di privati sensibili a queste tematiche. Interventi di questo tipo, se adeguatamente
divulgati, potrebbero sicuramente trovare un ampio coinvolgimento della popolazione
e delle associazioni ambientaliste, del mondo scolastico (qualcuno ricorda la
legge relativa a un albero da piantare per ogni bambino nato?), nell’ottica
di valorizzare al meglio il patrimonio di verde collettivo.
E, in questa prospettiva, quali alberi
utilizzare? Appare interessante sottolineare la grande risorsa disponibile,
in termini di rusticità, ma anche di decoratività, rappresentata
da molti alberi tipici della flora autoctona astigiana come, tra gli altri,
il carpino bianco (Carpinus betulus) o l’acero campestre (Acer campestre), che
avrebbero la possibilità di trovare un valido impiego, tanto nella riqualificazione
degli spazi urbani, come ad esempio anche la piazza antistante la stazione ferroviaria,
tanto negli interventi di sistemazione delle aree più periferiche, in
quanto efficace elemento di raccordo con il territorio agricolo.La via della
compensazione, così ipotizzata, potrebbe certamente rappresentare un
contributo concreto e di agevole applicazione nella prospettiva di compendiare
le molteplici esigenze presenti nella società attuale, da avviarsi, auspicabilmente,
anche già nei mesi prossimi, favorevoli alla messa a dimora dei nuovi
alberi.
Non ultimo, ma prioritario, è
però il delicato tema di come far crescere le piante, anche in conseguenza
dei marcati cambiamenti climatici degli ultimi anni, caratterizzati non solo
da anomali andamenti termici, ma anche da prolungati periodi siccitosi. Tale
situazione ha reso decisamente più difficoltoso l’attecchimento e la
crescita delle nuove piante messe a dimora nella generalità delle aree
urbane del nostro Paese, tanto da consigliare l’urgente messa a punto di nuove
strategie gestionali per poter far fronte a questa emergenza. Spesso infatti
si vedono alberelli messi a dimora nell’inverno, stecchiti dopo pochi mesi per
una manutenzione non continuativa, mentre altri sono scortecciati per i numerosi
urti di autoveicoli dai quali non sono protetti con adeguata incastellatura
di tutori in legno. Tutti i buoni propositi di reimpianto devono essere supportati
da un meccanismo efficiente, altrimenti è meglio conservare in piedi
i vecchi alberi esistenti con la massima cura, pensandoci molto bene prima di
decidere abbattimenti per motivi più o meno validi.
* Carta di Firenze - Art. 16 “L’intervento di restauro deve rispettare l’evoluzione del giardino. Come principio, non si potrà privilegiare un’epoca a spese di un’altra, a meno che il degrado o il deperimento di alcune parti non giustifichino eccezionalmente il ripristino che dovrà fondarsi su vestigia o su documenti irrecusabili. (…).
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