Essere Pro Loco

Dario Rei - Docente di Politica sociale presso l'Università degli Studi di Torino.

Partecipazione delle Pro Loco astigiane al Festival delle Sagre (2004)

Partecipazione delle Pro Loco astigiane al Festival delle Sagre (2004)

                     L’associazionismo locale appare oggi chiamato ad imboccare con coraggio la via della difesa e promozione del patrimonio culturale, richiamandosi allo spirito del recente Codice dei Beni culturali e del paesaggio: “la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio” (Art.1). Al riguardo piace segnalare l’impegno – ancora  poco noto, non per questo meno pregevole - di soggetti  di società civile: i comitati per la difesa del paesaggio rurale tradizionale; le associazioni che comprano lembi di boschi e foreste, per mantenere biodiversità e natura; le piccole riviste, che alimentano conoscenza della storia e della cultura locale; la rete di microbiblioteche, che agiscono come centri di educazione permanente;i comitati ,che si attivano per salvare e riusare piccoli monumenti, nei centri storici come nelle aree campestri e collinari.

             Tutte queste forme di servizio umile non dispongono di grandi mezzi, né di  risorse esperte e professionali, proprie agli apparati funzionariali ed amministrativi; esprimono il positivo moto di  identificazione di persone e gruppi con una  storia, una comunità. Sono semi di un buon esempio facile da trasportare; forniscono il necessario contrappeso ai rischi di dissipazione e amnesia talora presenti in avventate politiche dette di valorizzazione. Inoltre vanno in controtendenza ad un momento in cui le spese per cultura, formazione, conoscenza, arte, memoria storica, ambiente,  sono fra le prime ad essere tagliate, quali lussi superflui, nei magri bilanci delle amministrazioni. 

    E’ ovvio che con la bellezza, la memoria e l’identità, “non si mangia” ; se però valori identitari e beni immateriali vengono sistematicamente trascurati, abbandonati e  distrutti, ne va dell’idea stessa che abbiamo di noi, e non è detto, poi, che si possa vivere in modo altrettanto umano. Ricordo un vigile ammonimento del FAI contro mirabolanti trasformazioni, che distruggendo i paesaggi storici innescano il degrado sociale: “futuro certo delle iniziative collocate in un posto sbagliato”.

    E’ necessario dunque imparare a guardare il paesaggio culturale e naturale nel territorio che lo supporta, e apprenderlo come un microsistema di beni e segni viventi, da conoscere e rianimare. Non è un deposito di tradizioni spente, buone per artifici decorativi di corto respiro. In questo senso, persino le Pro-Loco, da circoli enogastronomici o folkloristici quali per lo più si limitano ad essere, potrebbero nutrire l’ambizione di assurgere al rango di vere e proprie “Associazioni di luogo”, capaci di tutelare e sviluppare memoria e identità in modi culturalmente avvertiti. Del resto, è dai contesti locali che si apre oggi quello spazio fra cultura dotta e cultura sociale, dove le attività di formazione, ricerca e divulgazione mostrano una società civile che si appassiona ai beni comuni e ne prende cura. E ciò non è poco in una società della conoscenza come quella in cui viviamo, che permea di domande di formazione seria e non episodica il tempo di vita di ciascuno e di tutti.

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