Dibattito sul nuovo Codice dei Beni culturali e del paesaggio

Marco Travasino

Consigliere Ente Parchi Astigiani

 

Campanile di una chiesetta campestre dell'Astigiano

     Ritengo sia necessario aprire, con queste poche righe, un dibattito che sarebbe utile approfondire, visto l’interesse stesso de L’Osservatorio che gentilmente mi ospita,   sul nuovo “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” con il quale l’intera comunità scientifica, politica e imprenditoriale dovrà confrontarsi negli anni a venire.

Ora, oltre il caldo invito a tutti i gentili lettori di scorrere il documento appena varato dal ministro Urbani, vorrei sottolineare alcuni aspetti che ai fini istituzionali de L’Osservatorio del Paesaggio sono utili a quel dibattito che più sopra richiamavo: il nuovo Codice prevede che le Regioni redigano i Piani Paesistici, facendone lo strumento di un sistema di pianificazione territoriale che inserisce il paesaggio quale chiave di volta della pianificazione stessa. Tuttavia tale previsione normativa non è un obbligo cogente non prevedendo il testo in esame alcun termine né ordinatorio né sanzionatorio, il rischio è dunque che l’ennesima legge, peraltro non nuova (già una ottima legge del 1938 prevedeva i piani paesistici) rimanga lettera morta, incrementando il copioso numero di provvedimenti governativi che giacciono mummificati fin dal Regno D’Italia.

Quello che bisogna suscitare, nei diversi lettori ed attori del panorama sociale,  politico, amministrativo e produttivo è la centralità del nuovo documento e seppur nella sua umana migliorabilità  la necessità primaria di dover partire da esso per la programmazione, da qui in poi chiara e certa, del territorio considerando imprescindibile la tutela del paesaggio.

La necessità imposta a noi oggi e l’opportunità offertaci è il superamento della gestione di emergenza a cui lo Stato rispose con la Galasso, che rispondeva allora (1985) ad una necessità urgente di ridare un ruolo al governo del territorio che imponesse un’assoluta tutela in minime fasce imprescindibili nei confronti di veri e propri attentanti al territorio nazionale.

Insomma, dalla Galasso oltre la Galasso con il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”: il superamento della logica dell’urgenza attraverso la logica della pianificazione  paesistica che deve essere sovraordinata  a qualunque altro sistema di pianificazione. La Regione, dunque, come garanzia della tutela delle nostre origini e del nostro futuro.

Il compito è arduo, ma per fortuna non nuovo, vedasi il piano paesistico varato dalla Regione Piemonte ad assoluta tutela dell’Albertiniano Borgo di Pollenzo, da poco inaugurato quale prestigiosa sede de Università Internazionale del Gusto.

Dunque le qualità le abbiamo e le capacità di imporre grandi scelte di tutela territoriale pure, allora che la palla passi alle Istituzioni locali: comuni, provincia e organizzazioni di tutela ambientale, affinché dal loro comune agire l’esempio di Pollenzo non rimanga isolato e il  Codice varato da  Urbani non sia l’ennesimo inchiostro versato su una Patria secca ed avvizzita.

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