Più rispetto per sentieri e strade campestri

Franco Correggia

Presidente dell'Associazione "Terre, boschi, gente e memorie"

 

Folta siepe di prugnolo (Prunus spinosa) nella campagna astigiana

     Uno degli elementi di rilievo del paesaggio tradizionale astigiano è rappresentato dalla sua rete diffusa di sentieri e di vecchie strade di campagna (quelle di una volta, fatte di terra battuta giallo ocra e spaccate al centro da un nastro d’erba verde), che nell’insieme costituisce un dendritico e capillare sistema di collegamento delle più suggestive emergenze ambientali del territorio. Frutto prezioso di una plurisecolare cultura contadina e della sua meticolosa cura della terra in ogni più piccolo dettaglio, questa rete di strade campestri soffre oggi (con il dilagare globale e incontrastato del paradigma tecnoindustriale) di un’ampia serie di aggressioni che stanno causando un progressivo scadimento delle sue qualità funzionali e dei suoi pregi estetici. Se alcuni di questi fattori di pressione (come ad esempio l’uso in agricoltura di mezzi meccanici di potenza e dimensioni esagerate), pur producendo effetti devastanti, hanno almeno delle giustificazioni accettabili, altri (apparentemente meno significativi ma in realtà altrettanto impattanti) appaiono francamente intollerabili.

È il caso ad esempio di quelle forme individualiste, aggressive e consumistiche di out-door recreation (fuoristrada, motocross) che collidono frontalmente con la natura, il senso e la bellezza dei luoghi, producendo (spesso attraverso comportamenti beceri e incivili) gravi ferite a boschi e sentieri, inquinamento acustico, disturbo della fauna, disagio in chi lavora e passeggia. Un altro esempio è rappresentato dall’accanimento che caratterizza lo sfalcio della vegetazione spontanea lungo i bordi di fossi e strade, comprese appunto le carrarecce ed i sentieri di campagna. Condotto in maniera severa e aggressiva con macchine ciclopiche, coniuga spesso costi elevati e totale inutilità per la collettività, produce frequentemente effetti dirompenti sull’ambiente e sulle qualità percettive ed estetiche del paesaggio e infligge gravi danni alle biocenosi rurali. Mentre in tutta Europa si incentiva in ogni modo l’aumento del livello di ecotonizzazione dell’ambiente rurale attraverso l’estensione delle aree di margine e l’impianto di siepi e fasce boscate lineari (aventi funzione di ecofiltro), nei nostri paesi astigiani non pochi amministratori reclutano improvvisati “professionisti” della trincia che senza troppi scupoli, muniti di lame infernali di titanica potenza, percorrono settimanalmente (magari di notte) lunghi tratti di sentiero, lasciando dietro di sé una squallida sequela di rami spezzati, cespugli estirpati, alberi decorticati, ripe scavate e siepi abbattute.

      Prima di ipotizzare (spesso a cuor leggero) onnipervasive ragnatele di percorsi escursionistici “verdi”, non sarebbe il caso di prendere provvedimenti finalizzati ad allentare questo tipo di pressioni distruttive sui nostri vecchi e familiari sentieri?

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