Dario Rei - Docente di Politica sociale presso l'Università degli Studi di Torino
La Legge N. 47 del 1985 (recepita nel vigente D.Lgs. 490/99- codice dei beni culturali) prevedeva esplicite sanzioni per il danno paesaggistico, arrecato da una costruzione non autorizzata compiuta entro zone sottoposte a vincolo. Si poteva giungere perfino all’arresto dei responsabili, nonché all’obbligo di ripristinare a loro spese lo stato preesistente dei luoghi.
Gli illeciti paesaggistici sono stati fatti successivamente materia di condono, subordinato alla favorevole valutazione di compatibilità paesaggistica espressa dalle Sovrintendenze. Enti di cui sono ampiamente noti il carico di lavoro e di pressione sulla multiforme esigenza di tutela dei beni culturali e del paesaggio italiano. Il testo approvato dal Senato sulla legge di delega per la revisione della normativa nazionale in materia ambientale allarga ulteriormente le maglie della sanzione, stabilendo che un comportamento abusivo antipaesaggio non sia penalmente sanzionabile, se venga accertato che la tipologia ed i materiali impiegati sono quelli previsti dagli strumenti di pianificazione paesistica, o giudicati comunque compatibili col contesto paesaggistico. Un emendamento presentato alla Camera voleva perfino estendere la depenalizzazione dai lavori compiuti in difformità dall’autorizzazione (con l’aumento di superfici e volumi autorizzati) ai lavori compiuti in assenza di autorizzazione. Per il momento, la discussione sulla delega è stata rinviata al 2004, non per questo il pericolo può dirsi del tutto scampato.
Alla luce di queste vicende fa perfino tenerezza leggere (Cor.Sera 3 dic pag. 17) che la nuova versione del Codice dei Beni culturali e paesaggistici ha il merito di includere per la prima volta la tutela del paesaggio nel patrimonio nazionale. A ben vedere la tutela del paesaggio, e insieme del patrimonio storico e artistico della Nazione, era già stata affermata con qualche anticipo sul presente nel testo della Costituzione (art.9). Restiamo dunque in fiduciosa attesa che il nuovo Codice dispieghi in un futuro i suoi benefici effetti ma non si può non essere perplessi di fronte ad operazioni normative che lanciano un messaggio in direzione diversa. Assumendo che il paesaggio sia da vedersi piuttosto come una res nullius, da maltrattare con più libertà, che non un bene raro e prezioso, da tutelare con rigore e precauzione. Una cosa è mitigare gli effetti negativi sul paesaggio delle attività edificatorie considerate come prioritarie, un'altra è ritenere che la salvaguardia dei valori paesistici sia la cornice necessaria entro cui le attività edificatorie devono collocarsi.
Peggiorare le regole della partita, e attenuare la capacità dell’arbitro di fischiare i falli non sembra un gran beneficio. In ogni caso non vi sarà poi da stupirsi se vedere del bel gioco in campo diventi sempre più difficile.