Tavola rotonda

Quali prospettive per una nuova gestione dei paesaggi agrari piemontesi?”

Dott. Ippolito Ostellino (Direttore Osservatorio del paesaggio dei Parchi del Po e della collina torinese).

Dott. Ippolito Ostellino (Direttore Osservatorio del paesaggio dei Parchi del Po e della collina torinese)

 

Il caso del “rurale periurbano”

        Nel dibattito che riguarda il tema di una nova gestione dei paesaggi agrari piemontesi questo contributo intende colmare una area di interesse riguardante lo specifico caso dei contesti agrari periurbani. Il tema della gestione degli spazi periurbani è divenuto in questi ultimi anni di particolare interesse e significato anche in ragione della sempre maggiore crescita di importanza che i temi della crescita delle aree interessate dalla crescita urbana stanno assumendo. L’ormai effetto diffuso delle aree metropolitane al loro intorno, che interessa spazi che vanno ben oltre la tradizionale concezione delle periferie, sino a giungere a territori di scala subregionale, hanno infatti incluso nelle analisi anche spazi di carattere rurale. Il tema è di interesse europeo come testimonia il parere sul tema dell'agricoltura periurbana del COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO DEL 16.9.2004, che fra il resto ha sancito obiettivi e definizioni di base:”  La realizzazione dei progetti rururbani e l'applicazione degli impegni reciproci devono basarsi sui criteri articolati di un patto tra città e campagna, definito grazie agli organi di gestione, a meccanismi di partecipazione dei cittadini e del settore agricolo. Il

patto richiede la realizzazione dei seguenti obiettivi:

a)        primo obiettivo: l'esistenza di un progetto territoriale di conservazione e sviluppo degli spazi

destinati all'agricoltura periurbana. I vari progetti devono basarsi su piani territoriali, urbanistici e di uso del suolo, nonché su disposizioni legislative specifiche che regolino il mercato dei terreni agricoli;

b)        secondo obiettivo: la stabilità dei terreni agricoli periurbani mediante strumenti e meccanismi che garantiscano tale stabilità, riducendo il più possibile la pressione urbanistica e la destinazione dei terreni a scopi estranei all'attività agricola, favorendo invece l'accesso all'uso agricolo della terra;

c)        terzo obiettivo: una gestione integrata da parte di un ente di gestione che promuova e dinamizzi gli spazi agricoli periurbani oltre a farne conoscere il valore ai cittadini. Questo presuppone la garanzia di uno sviluppo dinamico e sostenibile attraverso un accordo di gestione basato su progetti rururbani e relazioni tra cittadini, amministrazioni e agricoltori basate su un contratto per una gestione sostenibile dell'attività agricola.

Su questi temi l’Osservatorio del Paesaggio dei parchi del Po e della collina ha sviluppato elaborazioni specifiche che partono dall’esperienza svolta nel settore dall’osservatorio Città Sostenibili del Politecnico di Torino. “Il paesaggio agricolo svolge un ruolo fondamentale per la sostenibilità ambientale dei sistemi urbani, di cui è ormai parte integrante. Esso assolve ad una molteplicità di funzioni; contribuisce al mantenimento della biodiversità, dell'assetto geomorfologico, del clima, del patrimonio storico ambientale; è luogo della produzione primaria, di attività legate al turismo ed al settore dei servizi che, in particolare nelle fasce periurbane, può rispondere ad una molteplicità di esigenze provenienti dai cittadini: dalle attività di tempo libero, a quelle didattiche, a quelle del mantenimento del verde urbano.

 Un modello di sistema urbano sostenibile ha tra i suoi tratti salienti quello di un'attività agricola che sa sviluppare appieno la multifunzionalità del paesaggio in un equilibrio durevole tra economia, società e ambiente.   E' su queste basi che l'Unione europea ha varato una nuova Politica Agricola Comunitaria (PAC), che punta a sviluppare una nuova forma di agricoltura di tipo multifunzionale quale è richiesta dalla natura stessa del paesaggio.” (OCS) Nel contesto torinese questo tema ha avuto anche una momento di attenzione specifica nell’ambito dell’avvio del progetto strategico Corona Verde varato dal Parco fluviale del Po torinese ed oggi divenuto progetto a regia regionale. Con questo strumento si sta tentando di costruire un piano di governance del tema che permetta di individuare le azioni per garantire il raggiungimento degli obiettivi prima sinteticamente richiamati. Tale lavoro si basa su lavori già condotti dalla struttura OCS. che hanno permesso di descrivere lo stato di salute delle arre libere periurbane interamente derivanti dalla matrice rurale ed agraria del contesto torinese così come ripreso nella scheda che segue. Riprendendo gli esiti di tali indagini si può affermare che il modo più aderente alla realtà per definire gli spazi agricoli fortemente interclusi nel tessuto costruito della periferia metropolitana, è quello di qualificarli come aree dismesse, alla stregua delle aree industriali o ferroviarie non più utilizzate.

Che questa sia pressappoco la loro condizione è confermato dal dato economico sulla struttura delle aziende agricole, che ancora vi operano e che in buona misura risultano marginali. Peraltro, non poche delle aziende che  dimostrano maggiore vitalità economica risentono dei cambiamenti della domanda locale, assumendo la tipica configurazione delle aziende agricole urbane (city farms). Molte di queste aree agricole periurbane non appartengono più al vero e proprio territorio agricolo; esse sono più propriamente aree nelle quali l’attesa di edificazione scoraggia l’investimento e l’impegno imprenditoriale  nell’attività agricola.

Eppure esse si trovano in un territorio dove vi è una forte domanda di spazi naturali, di luoghi per la fruizione del tempo libero, di luoghi dove attività innovative del terziario avanzato ambirebbero a localizzarsi nella misura in cui il paesaggio venisse ripensato e riqualificato attribuendogli nuove valenze estetiche. Per le stesse attività agricole si aprono nuove possibilità di riconversione, di diversificazione e di innovazione, che le possono far diventare protagoniste della riqualificazione del paesaggio. Temi come la reinterpretazione della trama storica delle vecchie cascine, delle strade rurali e della fitta rete di rogge e canali, fanno parte del progetto del nuovo paesaggio.

Così i temi dei margini edificati, dei retri che essi lasciano, o delle barriere e dei tagli costituiti dalle infrastrutture lineari quali strade, autostrade, ferrovie, devono offrire spunti per mitigare impatti, ricucire tessuti, collegare parti di città e di territorio. Dovranno nascere boschi coi quali il mosaico agricolo possa convivere e nei quali gli abitanti della città possano passeggiare. Bisognerà progettare la rete dei percorsi  pedonali e ciclabili e delle strade verdi, che dovrà costituire l’infrastruttura primaria per l’accessibilità urbana a questo nuovo sistema di luoghi. Forse non bisogna partire dal problema della riconversione produttiva delle aziende agricole, ma dalla loro capacità di dar vita ad un nuovo paesaggio e di mantenerlo a crescenti livelli di qualità; perché questa è la domanda proveniente dagli abitanti dell’area metropolitana e sarà dal soddisfacimento di questa domanda che potrà derivare anche un nuovo futuro economico per le aziende agricole.

Questo progetto di riconversione economica, ambientale e paesaggistica dovrebbe diventare un tema centrale di un nuovo sistema di partenariati tra amministrazione pubblica e nuova  imprenditorialità agricola: è un progetto che gli enti locali dovrebbero mettere a punto con l’apporto diretto dei soggetti economici interessati e delle loro rappresentanze di categoria. Lo schema strutturale degli spazi verdi dell’area metropolitana dovrà riconoscere il giusto ruolo delle aree e delle aziende agricole ancora presenti nella trama infrastrutturale ed edificata della corona metropolitana.

Scheda

Una visione di sintesi dello stato di salute dell’agrario periurbano.* Complessivamente, si può affermare che il paesaggio degli spazi verdi  periurbani presenta un livello di qualità ambientale basso, a causa di una molteplicità di fattori, che si riassumono in quella caratteristica strutturale che abbiamo chiamato .effetto di insularizzazione.. Infatti, al grado di insularizzazione sono altamente correlati: l’abbattimento del valore di naturalità, la frammentazione e la decontestualizzazione del tessuto storico, la pervasività dell’impatto percettivo, il grado di erosione dei suoli agricoli dovuto alla dispersione insediativa, l.estensione e l’appesantimento delle impronte spaziali dei fattori di pressione che producono impatti ambientali e potenziali rischi. All’interno del territorio indagato, il 55% dell’area presenta un alto grado di insularizzazione, cui si aggiunge il 16% di aree a medio grado di insularizzazione.

Per quanto attiene ai fattori di valorizzazione si può affermare quanto segue. Il grado di naturalità del complesso degli spazi periurbani è generalmente basso e diviene molto basso nella corona più interna, dove l.effetto di insularizzazione si fa sentire in modo più accentuato. Su 138 unità di paesaggio indagate, ben 113 presentano un indice di naturalità molto basso, per un equivalente del 55% dell’area totale. A queste vanno aggiunte 22 unità, pari al 38% dell’area totale, che presentano un indice  medio-basso.

La frammentaria e marginale presenza di reticoli di siepi tra seminativi e prati stabili, che sono le colture dominanti, costituisce un ulteriore fattore di abbassamento del grado di naturalità. Le stesse fasce fluviali risultano con gradi di naturalità relativamente modesti a causa della esigua presenza di boschi ripariali. Per quanto concerne il valore storico, va registrata una notevole permanenza di segni del tessuto agricolo storico: borgate, tetti, cascine, ville, canali, rogge, bealere e  rii oltre ad una fitta rete di strade poderali corrispondono a tutt’oggi all’insediamento storico, pur nelle modificazioni che i singoli manufatti hanno subito. Si può affermare che l’attività agricola è stata conservatrice della trama del proprio tessuto paesaggistico: il cambiamento più vistoso che, soprattutto nell.arco di questo secondo dopo guerra, l’attività agricola ha prodotto sul proprio paesaggio è dovuto alla diffusa cancellazione del reticolo di siepi e di filari alberati.

Nonostante la permanenza diffusa dei segni della memoria storica, la perdita del paesaggio agricolo storico è stata rilevante proprio a causa della frammentazione che il tessuto agricolo ha subito. Solo nella corona esterna, dove vi sono le unità di paesaggio più estese, esistono ancora ampie porzioni di tessuto agricolo storico. Nella corona intermedia e ancor più in quella interna prevalgono brandelli di tessuto fortemente decontestualizzati. Per valutare questo effetto di frammentazione e decontestualizzazione del tessuto storico, è utile ricorrere ad un indice di estensione del complesso dei segni storici ancora presenti nel tessuto attuale. Ben 125 unità, su 138, si collocano ad un livello basso dell’indice, per un.area pari al 62% del totale; altre 7 unità si collocano ad un livello medio, con un altro 17% dell’area totale, e solo 6 si collocano ad un livello alto, con il 21% dell’area totale. Anche per quanto concerne l.aspetto percettivo del paesaggio, tendono a prevalere le situazioni di bassa qualità, dovute soprattutto al disturbo derivante dalla presenza degli elementi del contesto costruito che recingono le unità di paesaggio. Ben 118 unità, sulle 138 totali, presentano un indice di qualità percettiva  basso, per un.area equivalente al 62% del totale; a queste vanno aggiunte 15 unità con un indice medio e un.area pari al 21% del totale; solo 5 unità, per un.area pari al 14% del totale, presentano un indice di livello alto.

Anche in questo caso, come già detto, il grado insularizzazione è fortemente correlato con la bassa qualità percettiva. Passando all’esame dei fattori di pressione, va innanzitutto registrato un complesso intreccio e addensamento dei vari tipi di impronte spaziali dei fattori di potenziale rischio e di impatto ambientale. In particolare, con riferimento a quest’ultimo aspetto, risulta rilevante l’impronta spaziale del corridoio d’incompatibilità ambientale della tangenziale di Torino e delle altre grandi arterie di  traffico: non poche sono le unità di paesaggio comprese dentro fasci infrastrutturali, dove il livello dell’impatto è tale da renderle irreversibilmente inadatte sia al coltivare sia, tanto più, all’abitare. 66 unità di paesaggio, per un’area pari al 19% del totale, presentano un valore dell’indice di pressione alto. A queste vanno aggiunte altre 54 unità, per un.area pari al 50% del totale, con un indice di livello medio, e altre 18 unità, per un’area pari al 31% del totale, con un indice di pressione basso. Anche questa trama di impronte spaziali di fattori di impatto e di rischio è il prodotto della storia dell’urbanistica che ha gestito la formazione della conurbazione torinese e della sua cintura: l.estensione e l’infittirsi della rete infrastrutturale e il disperdersi dell’urbanizzazione sono avvenuti senza valutare le conseguenze dell’impatto ambientale, prodotto sul paesaggio agricolo.

Infine la dispersione insediativa presenta anch’essa livelli apprezzabili, soprattutto a causa degli insediamenti arteriali ai bordi delle unità di paesaggio. In non pochi casi, però, la dispersione insediativa ha finito per intaccare anche l.interno delle unità di paesaggio con tessuti edilizi ad alto grado di porosità. 54 unità di paesaggio, per un.area pari al 24% del totale, presentano un indice di dispersione insediativa alto; mentre 69 unità, per un’area pari al 67% del totale, presentano un indice medio, e 15 unità, per un.area pari al 9% del totale, un indice buono.

(* da Piano strategico degli spazi verdi dell’area metropolitana torinese RELAZIONE ILLUSTRATIVA  Febbraio 2004 (OCS Torino) - Prof. Carlo Socco)

 

Ippolito Ostellino

Osservatorio del Paesaggio dei Parchi del Po e della collina torinese

 

Dott. Ippolito Ostellino (Direttore Osservatorio del paesaggio dei Parchi del Po e della collina torinese)