C O N V E G N O I N T E R N A Z I O N A L E
"Il Paesaggio: la forma della cultura"
Asti - 22 e 23 maggio 2004 - Teatro Alfieri
Proposta istitutiva del WWF, sezioni locali di Acqui Terme e di Asti e del Comitato istitutivo
Sistema delle riserve naturali delle valli e dei crinali dei fiumi Belbo, Alto Bormida, Erro e Uzzone.
Dott. Giorgio Baldizzone
(Responsabile Sezione WWF di Asti)
"Il riscatto delle popolazioni inquinate e della natura violentata non può che essere, quale nemesi, un'area protetta che venga gestita dalle Comunità Montane proprio di quelle zone che l'Acna ha inquinato per decenni." (Acqui Terme, ottobre 2001-giugno 2002)
Per Comitato e WWF: Adriana Aringhieri - Giorgio Baldizzone- Eliana Barabino- Camillo Cordasco- Elena Favero- Teo Ferrero - Giorgio Ghelli - Marisa Rapetti - Roberto Vanzi roposta di legge regionale: Istituzione dell'Area protetta del "Sistema delle Riserve Naturali delle valli e dei crinali dei fiumi Belbo, Alto Bormida, Erro ed Uzzone" presentata dal WWF, sezioni locali di Acqui Terme e di Asti, e dal Comitato istitutivo e consegnata all'Ufficio Pianificazione Aree Protette della regione Piemonte il giorno 11 marzo 2004.
Relazione
Scopo e finalità della proposta
Con la presente si inoltra all'esame dell'Assessore competente, al Servizio Parchi della Regione Piemonte e con il loro sperato consenso e appoggio, al Consiglio regionale, la presente proposta di legge regionale per l'individuazione e l'istituzione di un'area protetta su una porzione del territorio interessante le Province di Alessandria, di Asti e di Cuneo nonché quattro Comunità Montane, comprendente territori ricadenti nella Valle e sui crinali del fiume Belbo, nelle valli e sui crinali dei due rami del fiume alto Bormida e nella valle e sui crinali dei torrenti Erro e Uzzone.
Importanza naturalistica della proponenda area protetta, con cenni dei valori paesaggistici e culturali presenti.
L'area insiste principalmente nelle valli e sui crinali delle colline e montagne che dividono i suddetti corsi d'acqua in modo da comprendere tutti gli attuali "biotopi" istituiti e tutte le altre aree di interesse naturalistico limitrofe come l'Oasi WWF "Garzaia di Sessame". Inoltre le aree segnalate nel Piano Regionale dei Parchi del settembre 1980, nella zona compresa tra il fiume Belbo e il fiume Bormida ramo di Millesimo. L'area, avente confine ovest con la Riserva naturale delle "Sorgenti del Belbo" (che fa parte del sistema di parchi della provincia di Cuneo) comprende i "biotopi" di interesse comunitario (SIC) IT1180010 "Langhe di Spigno Monferrato" e IT1180017 "Bacino del rio Miseria" e i biotopi di interesse regionale (SIR) IT1160048 "Bosco a Lilium martagon" nell'Alta Langa montana, il biotopo IT1160049 "Bric dei faggi" nell'Alta Langa montana, e il biotopo IT1160050 "Il torrente Belbo e il lago delle Verne" tutti censiti nell'ambito del programma Bioitaly del Ministero dell'Ambiente per la presenza di peculiari aspetti naturalistici come ad esempio l'unico bosco di faggio, residuo delle formazioni boscate che un tempo ricoprivano i rilievi collinari della zona, per il SIR "Bric dei faggi". Altri S.I.R. compaiono più a nord di questa area ma sempre in valle Belbo; si tratta della "stazione a Centaurea alpina" (IT1160055) a Cossano Belbo e "San Bovo di Castino" ( IT1160052) tra Borgomale e Castino. D'altra parte già nel Piano dei Parchi della Regione Piemonte del settembre 1980 erano segnalate, a pagina 98 con i numeri d'ordine 54 e 55, nei Comuni di Loazzolo e Serole l'area dell' "Alta Valle Bormida" e nel Comune di Niella Belbo l'area dei "Boschi della Costa". Il "Bosco della Luja a Loazzolo" è invece un'area proposta dai proprietari dei terreni che conducono anche aziende agrituristiche e vitivinicole.
Caratteri ambientali e naturalistici.
Tra gli elementi di interesse naturalistico della zona che la caratterizzano dal punto di vista botanico, si cita la presenza di innumerevoli "orchidee" tanto che questa ricchezza è rinomata a livello internazionale. Tra gli elementi faunistici invece si può citare la presenza della lontra nel torrente Erro, la nidificazione del biancone sulle colline oggetto della proposta nonché la presenza del raro gatto selvatico nei boschi del territorio da proteggere. L'area protetta dovrebbe comprendere territori della Comunità Montana "Alta Valle Orba, Valle Erro e Valle Bormida di Spigno" verso l'estremo sud della provincia di Alessandria ai confini con la Liguria, avente peculiarità di grande ed importante interesse ambientale, paesaggistico, storico e artistico. Lo stato di conservazione della natura e dell'ambiente, in queste zone, è discreto con una "cultura contadina" che fa dell'ospitalità e della genuinità dei prodotti della terra una propria bandiera.Le "torri" rappresentano, dal punto di vista storico-culturale un elemento paesaggistico e storico inconfondibile. Questa particolarità, unita a quella prettamente naturalistica, della presenza delle orchidee nelle colline di questo territorio, fanno di esse il simbolo della futura area protetta. Molto panoramiche e selvagge sono le colline dominanti la valle dell'Erro, intensamente boscate nel loro versante Est, che vanno ad innestarsi nella catena appenninica ligure, in un paesaggio quasi alpestre. Da qui, proseguendo sulla linea del crinale, tra estesi boschi di castagni, querce e pini, si arriva al confine ligure. Nella parte del territorio che gravita verso l'Ovadese, il paesaggio è invece vario e presenta delle caratteristiche ora dolci, ora decise, con le colline "vestite" di boschi e vigneti, che si alternano ai declivi.Morbello offre alla vista boschi a perdita d'occhio e grotte naturali con stalattiti e stalagmiti in prossimità della frazione Costa.I Santuari, le Pievi e gli Oratori sono un altro elemento culturale che testimoniano la storia religiosa degli abitanti del luogo che hanno abbracciato il Cristianesimo sin dal primo secolo.Poco lontano da Molare si trova il Santuario di "Nostra Signora delle Rocche", in valle Erro si trova invece il Santuario della Pieve, meta di frequentati pellegrinaggi. Tornando agli aspetti naturalistici, nella zona montana, sui 700-800 m, domina incontrastato il bosco in cui l'erica si alterna alle felci, ai ginepri e ai fiori tipici delle quote più elevate: narcisi, ranuncoli e garofani selvatici. La fauna è varia: nell'Erro è stata segnalata la lontra; e poi cinghiali, caprioli, tassi, volpi, lepri, pernici rosse, scoiattoli, molte specie di uccelli, tra cui il biancone, un rapace che nidifica sugli alberi dei dirupi più selvaggi, la cui alimentazione è basata sui rettili, che preda con grande efficacia.Più a valle le colline si ammantano di castagneti e di querceti: è il regno dei funghi.Tra le particolarità geologiche, abbiamo già ricordato le grotte; molte hanno nomi pittoreschi: "tana della volpe", "grotta del lupo", "stampa del diavolo". Per importanza ed estensione si ricordano quelle, già citate, di Morbello con stalattiti e stalagmiti.Non possiamo dimenticare inoltre i vari reperti preistorici e storici che sono stati ritrovati in questi territori che dimostrano come essi siano sempre stati abitati dall'uomo fin dai tempi della specie "Homo sapiens neandertalensis" dei quali sono stati ritrovati manufatti litici della sua cultura: il musteriano.Altri popoli, nei secoli hanno dimorato in questi valli: dalle genti del Neolitico (l'età della pietra levigata) ai Liguri, sino ai Romani che hanno lasciato numerose testimonianze: strade innanzitutto ma anche tombe e un'importante stele dell'epoca Augustea ritrovata a Denice in val Bormida.Oltre alle tante e già citate specie naturalistiche si vogliono ricordare, tra le altre, quelle per cui si chiede l'istituzione dell'Area protetta, ovvero le orchidee.Nell'intero territorio della Comunità Montana fioriscono parecchie specie di orchidee spontanee (circa 85 specie presenti in Italia); per l'area proposta si stima che si arrivi al 50% delle specie di orchidee presenti in Italia ovvero a più di 40 specie!A seconda del tipo di habitat, montano, collina, o ambiente umido, sono ben rappresentati i vari generi come Orchis, Ophrys, Serapias, Cephalantera, Dactyloriza, ma di gran rilievo è pure il genere Spiranthes che annovera in Italia due sole specie e precisamente spiralis e aestivalis.La prima si ritrova, in pochissimi esemplari, in una limitata zona del territorio descritto e fiorisce, al contrario di tutte le altre orchidee, in pieno autunno (settembre-ottobre) emanando il suo caratteristico profumo di vaniglia. In Italia settentrionale è considerata rara. Il territorio della Comunità Montana "Langa astigiana Val Bormida" si caratterizza anch'esso per la varietà degli ambienti: vigne, boschi, prati che sono la vera caratteristica del paesaggio ricco di colori,e profumi, luci e ombre che ne fanno una scenario naturale tra i più suggestivi.I borghi antichi e le torri sono le testimonianze umane del tempo che fu e che, spesso, conservano un aspetto medioevale.Gli estesi boschi rappresentano ancor oggi la riserva di ossigeno, di ombra e di fauna selvatica che fanno di essi l'invidia di tante altre zone del Piemonte. Tra i prodotti straordinari di queste terre dobbiamo citare il "tartufo bianco e nero" , il moscato, con la sua varizione "passiito di Loazzolo", ma anche, tra le peculiarità naturalistiche, i voli serali degli aironi cenerini finalmente tornati stabili abitatori delle rive del Bormida. Sempre a Cassinasco ritroviamo la "torre medioevale" ultimo resto dell'antico castello mentre di Loazzolo non possiamo che ricordare la sua origine che deriva dal significato "paese dei lupi" ovvero "Lupatiolum" poi divenuto Loazzolo. Poi ancora le torri di Roccaverano, di Olmo Gentile e di San Giorgio Scarampi. Anche l'architettura rurale riveste, in queste zone, la massima importanza. Qui si trova il regno della pietra a secco, della copertura in "ciape" nere attaccate dal muschio nel versante "au luve" (a mezzanotte) e viceversa arse dal sole sullo spiovente più esposto. Capolavori di architettura e di ingegneria che stanno su da secoli senza un filo di cemento.Ma della natura che cosa dire se non che questa terra di colline e di terrazze, di pietre e di calanchi, di tufi e di valloni, ma anche di boschi e di radure, di fiori e di erbe possiede inoltre una moltitudine di animali dalle dimensioni e dalle caratteristiche più svariate. Una natura che non è incontaminata essendo stata violentata da un secolo di inquinamento del fiume Bormida per opera dell'Acna di Cengio, ma anche una natura che riserva autentici e piacevoli sorprese, dalla garzaia di Sessame gestita dal WWF e con tanti aironi cenerini, alle rare orchidee spontanee del Bric Puschera, dagli ultimi gatti selvatici ai sempre più numerosi caprioli.Le caratteristiche climatiche principali risentono della relativa distanza dal mare che fa di queste terre un tipo climatico temperato-continentale per via delle abbondanti precipitazioni concentrate in primavera e in autunno, ma che già si può definire "di transizione" verso un clima di tipo mediterraneo.La notevole diversità geomorfologica e climatica è causa di una rilevante diversità biologica con particolare riguardo a quella botanica.L'esistenza di radure arbustive, microclimi locali, pascoli e praterie ricche di sorgenti o, viceversa, particolarmente aride, permette la sopravvivenza di una flora spontanea rara e specializzata.Anche la mano dell'uomo ha contribuito a modellare l'aspetto naturale più di quanto si possa pensare a prima vista, sia per la presenza di vaste aree coltivate, sia per la predilezione del castagneto da taglio o da frutto che ha finito per marginalizzare le altre essenze boschive. Nella fascia valliva, gli antichi boschi di farnia (Quercus robur) e olmo (Ulmus) sono dunque stati quasi interamente sostituiti da geometriche colture. Gli unici alberi d'alto fusto che attualmente si possono trovare sono varie specie di salici, gelsi (che ricordano i passati allevamenti di bachi da seta) pioppi e ontani mentre la "gaggìa" (ovvero Robinia pseudoacacia) ha formato popolamenti infestanti.Nella zona collinare gli originari boschi misti e puri di caducifoglie come la roverella, il castagno, l'orniello e il cerro, hanno ceduto il passo a essenze coltivate mentre nella zona montana bassa si ritrovano i primitivi boschi di rovere (Quercus petraea), di faggio (Fagus sylvatica) e dello stesso castagno (Castanea sativa). Piuttosto diffuse sono le conifere, ma solo il pino silvestre ha nuclei spontanei; le altre sono frutto di rimboschimenti.
Ricca è la flora degli arbusti: in questi boschi è facile osservare il corniolo, la ginestra, il prugnolo, il viburno, il ginepro, l'ontano nero, il pero corvino, il pero selvatico, il biancospino, il caprifoglio, il sambuco e il sorbo. Questi sono circondati da arbusti di minor taglia quali, l'erica (Erica arborea), il brugo e il raro mirtillo. Tra le centinaia di specie erbacee del sottobosco degne di nota, ricordiamo la più rara delle orchidee spontanee ovvero la "scarpetta di venere", che alcuni affermano essere ancora presente mentre altri mettono in dubbio la sua sopravvivenza nella zona, e ulteriori generi della stessa famiglia quali l'Ophrys, la Cephalanthera, le Orchis, le Serapias... Inoltre ritroviamo tanti fiori profumati come il giglio martagone, il mughetto, il giglio di San Giovanni e tanti altri. Molto più sporadica è la vegetazione delle zone umide, ormai limitate a qualche ansa del Bormida e a pochi torrenti della collina di Roccaverano e del comprensorio della Luja di Loazzolo. All'opposto è la situazione dei funghi, qui abbondantissimi. Tra questi è possibile reperire, fatto raro, anche l'ovolo buono (Amanita caesarea); a questi si aggiungono i tartufi tra cui la pregiatissima varietà bianca. Nei boschi più folti e tranquilli vivono daini e caprioli, visibili soprattutto all'alba o al tramonto durante il pascolo. Tra gli altri mammiferi si possono incontrare la faina, la donnola, la martora, la rara puzzola, il tasso, lo scoiattolo e il cinghiale, mentre le segnalazioni della lontra (Lutra lutra) e del lupo (Canis lupus), ripetute negli ultimi tempi, devono essere effettivamente verificate.
Ma non solo quelli citati sono presenti, anche tanti altri si trovano nascosti al coperto della vegetazione, tra essi anche quelli appartenenti alla cosiddetta fauna minore.: rettili, anfibi, pesci, insetti, crostacei; tutti utili indicatori della qualità ambientale. Tra gli anfibi ricordiamo il rospo, la rana verde comune, la salamandra pezzata; tra i rettili sono presenti l'orbettino, il ramarro, il biacco e la rara luscengola. In Bormida, dopo decenni di morte biologica, sono riapparsi trote, cavedani, barbi, carpe, pesci gatto e nei ruscelli di alta collina non manca il gambero d'acqua dolce (Austropotamobium pallipes) abitatore di acque limpide, ben ossigenate e pertanto buon indicatore ecologico in quanto molto sensibile all'inquinamento. L'insetto Catocala fraxini è una delle più belle farfalle notturne d'Europa e conferma, se ce ne fosse bisogno, il valore naturalistico della zona. Tra gli animali più visibili, ovvero gli uccelli, vi sono presenze fisse quali quelle lungo i corsi d'acqua come gli aironi, ma non mancano le altre specie: l'allodola, l'averla piccola, il merlo acquaiolo, il biancone (mangiatore di serpenti) tutte le specie di cince, la beccaccia (regina del bosco), i corrieri, il gheppio e il gufo comune, l'upupa e il gruccione e tanti tanti altri.
La zona di Loazzolo vanta, invece, la più piccola D.O.C. d'Italia. Vi si produce infatti, il vino "Loazzolo", un moscato passito di altissima qualità prodotto da pochissime e piccole aziende vitivinicole. Proprio uno di questi produttori (Forteto della Luja) ha manifestato la sua disponibilità all'Ente Parchi Astigiano alla creazione di un'area protetta su alcuni terreni di sua proprietà. Si tratta di un bosco xerico di latifoglie ad alto fusto con prevalenza di roverella a cui si affiancano cespuglieti con ginestra, pino silvestre, ciliegi selvatici e radure dove compaiono diverse specie di orchidee. Il bosco è attraversato dal rio Luja (in dialetto locale "capra") con la comparsa lungo le rive di una vegetazione igrofila molto interessante. Anche nelle sue acque è presente il gambero di fiume (Austropotamobium pallipes). Sono in programma nella zona, censimenti della flora e della fauna, in particolare degli invertebrati e lo studio e la realizzazione di un sentiero. In questo senso, dal WWF ed Ente Parco sono stati avviati contatti con la Comunità Montana per necessari i finanziamenti oltre a quelli per segnaletica e manutenzione. Molto interessante dovrebbe risultare anche la fauna vertebrata con la presenza di anfibi e rettili (per le tipologie di habitat). Inoltre è stato visto volteggiare sul bosco, il maestoso biancone (Circaetus gallicus), un rapace certo non comune che si nutre quasi esclusivamente di serpenti, ed è stata segnalata la presenza del gatto selvatico (da verificare). Al promotore dell'iniziativa si sono affiancati altri proprietari di terreni limitrofi, coinvolti nella possibilità di un ritorno turistico e di immagine. Tra questi il proprietario di un agriturismo (il "Poggio giardino" che ha dato la disponibilità del suo parcheggio per i futuri visitatori e un agricoltore "stanco" delle continue "irruzioni" di cacciatori e di mezzi fuoristrada sui suoi terreni. Si spera che, fermo restando prioritaria la collaborazione della Amministrazioni pubbliche, altri proprietari aderiscano all'iniziativa, valutando sempre però la qualità naturalistica delle zone da sottoporre a vincoli di tutela; sarebbe tuttavia un fattore molto positivo se fossero inglobati nell'area protetta anche vigneti e colture tradizionali estensive, come elementi imprescindibili del paesaggio della Langa Asitigiana.
Il territorio della Comunità Montana "Langa delle Valli Bormida e Uzzone" comprende le valli del Bormida di Millesimo e del torrente Uzzone con importanti emergenze naturalistiche e paesaggistiche. Innanzitutto i panorami con i tipici scorci "langaroli" fatti di colline che si inseguono fino all'orizzonte, poi i variegati boschetti di querce e pino silvestre inframmezzati da solitarie chiesette. Percorrendo zone coltivate e boschi, per lo più di castagni, si può giungere ad amene vallette e suggestivi prati dove, a primavera, si possono osservare numerose varietà floristiche e, viceversa in autunno, imperano magiche atmosfere d'altri tempi. Vogliamo segnalare le colline a est del Bormida di Millesimo, partendo da Saliceto. Cosi, dopo questa località, possiamo ritrovare, i prati di cresta e i vecchi castagneti nonché i prati di Prato dei valli. Proseguendo attraversiamo, sempre sulla cresta, ampi boschi misti tra querceti e castagneti nei pressi del Bric Baraccone, fino ad arrivare ad una vasta zona prativa dove emerge il Santuario della Madonna di Gottasecca. Il bel bosco di faggi (unico dell'alta Langa) del biotopo "Bric dei faggi" viene lasciato alle spalle per arrivare a Prunetto prima (dove troneggia un bel castello) e alla frazione Serra (sulla via di Levice) poi, per giungere ad altri boschi di castagni e altre essenze sul Bric delle Forche, che si eleva poco lontano.In questi territori ci sono le vie che per secoli sono state battute dai mercanti e pellegrini, infestate da briganti e "protette" dai mille signorotti locali che, con tasse, gabelle e pedaggi, su questi traffici costruirono veri e propri Principati. Da non perdere quindi i castelli (bellissimo quello medioevale di Prunetto), le torri, ma anche le Pievi, i Monasteri e i Santuari.La famigerata "ACNA" di Cengio" ha da tempo chiuso i battenti e la valle sta rinascendo a partire proprio da Saliceto, mentre la verdissima Valle Uzzone, oltre ad essere praticamente vergine, vi stupirà per la ricchezza e la quantità di edifici in pietra: palazzi, castelli, torri e terrazze.
Infine la piccola porzione del territorio della Comunità Montana "Alta Langa Montana" che ricade in questo progetto si distingue per i suoi panoramicissimi percorsi dei "crinali" tra le valli del Belbo a ovest e la Valle Bormida di Millesimo a Est. Questi sono inframmezzati da estesi boschi di castagno. Qua e là compaiono i noccioleti, che si alternano ai boschi del sempre presente castagno ad altre essenze. Così si giunge, e lo segnaliamo con particolare enfasi, al Bric Spaventa con i boschi della Costa (toponimo segnalato come meritevole di protezione dal piano parchi del 1980 della Regione Piemonte).Di particolare pregio naturalistico risulta essere il primo tratto del torrente Belbo con la presenza del gambero di fiume, indicatore del buono stato di qualità dell’ambiente acquatico e dell’integrità, sempre a rischio, degli ecosistemi riparali.
Motivazioni per l'istituzione dell'Area protetta ed occasioni di sviluppo socioeconomico
Il progetto di costituzione dell'area protetta nasce dalla esigenza di stabilire forme di coordinamento di politiche territoriali finalizzate alla valorizzazione dei beni paesaggistici e culturali nonché alla salvaguardia della porzione di territorio ancora relativamente naturale, nella consapevolezza che le battaglie condotte a favore dell'ambiente e contro la "fabbrica dei veleni" ovvero l'Acna di Cengio che ha visto trionfare i motivi della salute pubblica e ambientale, dopo anni di inquinamento e di dure "lotte", grazie anche all'unione di tutte le forze comprese quelle degli Enti Locali, Comuni, Provincia, e soprattutto della Regione, non possono che avere un loro riconoscimento in una "creazione" concreta sul territorio.
Il riscatto delle popolazioni inquinate e della natura violentata non può che essere, quale nemesi, un'area protetta che gestisca proprio quelle zone che l'Acna ha degradato per decenni. Nell'ambito pertanto delle disposizioni della legge regionale n.12 del 22 marzo 1990. in materia di aree protette, si inoltra una proposta di istituzione, ai sensi dell'art. 5, di un'Area protetta che abbia diversificati gradi di protezione dove accanto a zone con protezione massima ve ne siano con protezione di livello minimo per avere garanzia di unicità di tutta l'area.I territori a biotopo sono d'altronde già segnalati nell'ambito del programma Bioitaly del Ministero dell'Ambiente quali Siti di Interesse Regionale (S.I.R.) e Siti di Interesse Comunitario (S.I.C.) per l'inserimento nella rete Natura 2000. Complessivamente la superficie dell'Area protetta proposta è di circa 10000 ettari.
La dimensione territoriale complessiva delle varie zone protette consentirà, all'Ente gestore dell'Area protetta di integrare e definire le politiche di conservazione della fauna e della flora e di gestire, al meglio, le risorse paesaggistiche, naturalistiche e anche culturali in un contesto territoriale che rimane comunque non omogeneo. Sarà cosi possibile, oltre a proteggere i beni naturalistici, mettere in atto anche azioni e iniziative di valorizzazione del patrimonio culturale specifico, relativamente alle tradizioni e alle economie tipiche locali e di salvaguardia delle notevoli realtà paesaggistiche. Anche il contenimento e la regolamentazione dello sviluppo edilizio con la valorizzazione e il recupero delle particolari tecniche costruttive locali rispondendo ai criteri fissati dai piani regionali, e alla programmazione del territorio provinciale, non possono che essere altre finalità di questa proposta. Nell'ambito delle finalità istitutive dirette alla conservazione della natura, occorre far espresso riferimento alle disposizioni della Direttiva Habitat e del Regolamento di attuazione approvato con D.P.R. n.357, dell'8 settembre 1997, che impongono agli Stati membri di garantire il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente le specie e gli habitat presenti nei siti/biotopi, compresi tra quelli elencati negli allegati delle Direttive 92/43/CE (Habitat) e 79/49/CE concernente la conservazione degli uccelli. La Direttiva Habitat ed il Regolamento stabiliscono che lo stato di conservazione "di un habitat è considerato soddisfacente" quando la sua area di ripartizione naturale e le superfici che comprende sono stabili od in estensione, quando la struttura e le funzioni specifiche necessarie al suo mantenimento a lungo termine esistono e possono continuare ad esistere in un futuro prevedibile e quando lo stato di conservazione delle specie tipiche è soddisfacente. Da questo punto di vista esistono, nell'ambito del territorio oggetto della nostra proposta, degli habitat (si pensi a quello fluviale dell'Erro) in cui vivono e si riproducono delle specie in pericolo di estinzione e pertanto assolutamente da proteggere. Oppure altri habitat (la garzaia) in cui vivono e si riproducono specie (gli aironi) anch'essi, pur localmente abbondanti, riconosciuti di essere, almeno in Europa meno in Italia, in costante declino. Oppure ancora, gli habitat riferiti alla presenza delle orchidee, elemento caratterizzante della flora di questa futura Area protetta.
Nell'ambito delle finalità istitutive dirette alla valorizzazione dei beni paesaggistici e culturali, occorre far riferimento alla recente storia (dal dopoguerra) di queste terre che ha visto un calo demografico con un notevole massiccio spopolamento. L'abbandono da parte dei giovani dei loro luoghi natii è stato determinato essenzialmente dal modesto reddito garantito dalle attività tradizionali rispetto a quello che potevano offrire i centri economici industrializzati che, oltre al reddito superiore, davano ai giovani la possibilità di condurre una vita più "attraente". E' chiaro che per un'inversione di tendenza occorre che, nel rispetto delle tradizioni e dei beni paesaggistici, architettonici e culturali in senso lato, questi siano valorizzati per dare, alla popolazione locale, quel reddito che manca per restituire una speranza al futuro dei giovani di oggi. Ecco che allora l'architettura rurale con le cascine e gli antichi materiali (si pensi alla pietra di Langa) e le testimonianze della storia (romana e medioevale) siano rivalutate, restaurate anche con finanziamenti pubblici, per essere poste al centro di una vita che si rinnova (si pensi all'Ecomuseo dei terrazzamenti della vite a Cortemilia) partendo dalle altre attività antropiche tipiche della zona. Tra queste le realtà gastronomiche che dovranno subire un ulteriore processo di valorizzazione, che, accanto a quelle enologiche, già rinomate, si pensi al DOC "Loazzolo", potranno essere il cavallo di battaglia per una loro più ampia diffusione e commercializzazione.Anche il turismo, valorizzando le ricchezze naturali, culturali e gastronomiche, deve essere sempre promosso per dare quel reddito importante che già fornisce in altre realtà territoriali dove sono state istituite Aree protette.Quest'ultima rappresenta, per tutti questi aspetti economici, la "garanzia" di prodotti buoni e genuini, di turisti soddisfatti, di nuove possibilità commerciali. D'altra parte la legge quadro sulle Aree protette prevede all'art. 22 che "Le Regioni istituiscono .... Riserve naturali regionali..... al fine di un utilizzo razionale del territorio e per attività compatibili con la speciale destinazione dell'area". Un'altra motivazione importante per l'istituzione di una particolare tipologia di Area protetta, in questo caso di un Parco naturale, è data dall'articolo 7 della Legge quadro sulle Aree protette (L. 394/91): "Ai Comuni e alle Province il cui territorio è compreso, in tutto o in parte, entro i confini di un parco nazionale o di un Parco naturale regionale è... attribuita priorità nella concessione di finanziamenti dell'Unione Europea, statali e regionali richiesti per la realizzazione sul territorio compreso entro i confini del Parco stesso, dei seguenti interventi, impianti ed opere previsti nel piano per il parco....
- restauro dei centri storici....;
- recupero dei nuclei abitati rurali;
- opere igieniche ed idropotabili...
- opere di conservazione e di restauro ambientale....
- attività culturali nei campi di interesse del Parco;
- agriturismo;
- attività sportive compatibili;
- strutture per l'utilizzazione di fonti energetiche a basso impatto ambientale...
"L'ordine di priorità è attribuito ai privati, singoli o associati, che intendano realizzare iniziative produttive o di servizio compatibili con le finalità istitutive del Parco stesso."
Ipotesi istitutiva dell'Area protetta
I principi fondamentali per l'istituzione di un Parco sono sanciti dall'art.22 della legge quadro sulle aree protette (394/91): in questo articolo viene sottolineata l'importanza della partecipazione delle Province, delle Comunità Montane e dei Comuni interessati al procedimento di istituzione dell'Area protetta, "attraverso conferenze per la redazione di un documento di indirizzo relativo all'analisi territoriale dell'area da destinare a protezione, alla perimetrazione provvisoria, all'individuazione degli obiettivi da perseguire, alla valutazione degli effetti dell'istituzione dell'Area protetta sul territorio".
D'altra parte, la legge regionale 12/90 stabilisce:
1. che i Parchi e le Riserve naturali sono istituiti con legge regionale che stabilisce per ciascuno di essi:
a) i confini;
b) la classificazione secondo le tipologie previste dall'art. 5 (ovvero: Parchi, Riserve...ecc)
c) la gestione;
d) gli strumenti di pianificazione del territorio protetto;
e) il regime vincolistico ed autorizzativo, i divieti e le relative sanzioni e le forme di vigilanza;
f) i finanziamenti;
2. Le leggi istitutive devono essere sempre accompagnate da una relazione che evidenzi i costi di impianto e di gestione e le relative fonti di finanziamento previste.
3. Anche le Zone di preparco possono essere istituite con legge regionale ovvero con deliberazione del Consiglio regionale.
Confini, tipologia dell'Area protetta e zonizzazione
Fermo restando prioritario il valore naturalistico delle aree segnalate a biotopo (con le eventuali modifiche dei confini) e di pochi altri nuclei naturalistici notevoli, una soluzione che comprenda anche i territori limitrofi in modo tale da "raccordare" tutte queste zone sparse in un'unica Area protetta permetterebbe e consentirebbe:
a) una gestione unita del territorio con un solo Ente gestore e un coinvolgimento delle popolazioni locali attraverso i loro Amministratori.
La creazione di un'area protetta non può prescindere da un Ente gestore che, con la partecipazione dei rappresentanti degli Enti Locali, è il modo più diretto per un inserimento di queste realtà nel tessuto socioeconomico della zona con le conseguenti possibilità di indirizzare le attività antropiche, salvaguardare o ripristinare situazioni di degrado, recuperare gli aspetti antropologici, restaurare i valori storici e architettonici, stimolare le attività tipiche e soprattutto recuperare finanziamenti dalla Regione, dal Ministero dell'Ambiente e soprattutto dalla Comunità Europea con i vari programmi specifici realizzati per le Aree protette. Non si può dimenticare anche che un'Area protetta consentirebbe inoltre la promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica per tanti giovani appassionati, e infine di gestione dell'equilibrio ecologico del territorio, sia faunistico (si pensi al problema della gestione edi cinghiali) che floristico (boschi in salute).
b) una maggiore tutela degli elementi non solo naturalistici (specialmente quelli floristico-vegetazionali posti anche di fuori dei biotopi come gli elementi montani, vedi l'Aquilegia atrata o i castagneti in abbandono caratteristici dell'Alta Langa) ma anche elementi paesaggistici distribuiti su gran parte del territorio (si pensi ai terrazzamenti).
Tenuto conto di tutto ciò si propone la perimetrazione provvisoria in allegato nella quale il "raccordo" con le varie riserve naturali è stato fatto:
- con l'inserimento delle zone di salvaguardia individuate, nella maggior parte dei casi, sui crinali delle colline e delle montagne,
- con l'esclusione dei centri abitati di maggior edificazione per non creare –in questa fase- inutili eventuali polemiche con gli abitanti poco informati che associano l' Area protetta con vincoli e niente altro;
- con l'individuazione dei confini, quando è stato possibile, nelle strade o fiumi in modo che siano facilmente individuabili.
A questo punto occorre decidere quale Area protetta attuare e quale gestione.
La Regione Piemonte, nella già citata legge 12/90 classifica le diverse Aree protette diversificandole secondo le varie finalità istitutive. Il Parco naturale regionale è un sistema omogeneo individuato dagli assetti naturali dei luoghi, dai valori paesaggistici ed artistici e dalle tradizioni culturali delle popolazioni locali; le Riserve Naturali sono costituite da aree che contengono una o più specie naturalisticamente rilevanti per la diversità biologica o per la conservazione delle risorse genetiche e meritevoli di tutela, le Zone di salvaguardia hanno la finalità di un raccordo graduale tra le Riserve naturali e i territori limitrofi. La soluzione proposta è quella di una serie di Riserve Naturali là dove sono presenti i biotopi e altre limitate zone meritevoli (le zone di modesta estensione e completamente disabitate dei calanchi e del Bric Monzuccaro, entrambi presenti all'interno del Biotopo “Langhe di Spigno”). La tipologia delle Riserve naturali può essere anch'essa diversificata: Riserva naturale Orientata dove sono consentiti opportuni interventi colturali, agricoli, pastorali e forestali, Riserva naturale Speciale quando vi è l'ipotesi di dedicarle a particolari e delimitati compiti di conservazione (faunistica e floristica), Riserva naturale Integrale quando la natura è assolutamente protetta e l'uomo non può né deve intervenire se non per motivi scientifici.
Queste Riserve naturali devono essere poi "raccordate" con Zone di salvaguardia che sono quei territori che hanno il compito di graduare e raccordare questa Riserve naturali con gli altri territori.
Non dobbiamo nasconderci però un fatto, che se il tutto volessimo chiamarlo "Parco" avremmo la possibilità, oltre che della priorità dei finanziamenti agli Enti Locali -come sopra descritto-, di un ancor maggiore coinvolgimento delle popolazioni locali con la partecipazione delle Comunità Montane e dei Sindaci dei Comuni interessati al Parco, attraverso la costituzione della "Comunità del Parco" organo di indirizzo dell'Ente gestore che, nella prima ipotesi, è mancante.
Le gestione dell'Area protetta dovrebbe essere affidata ad un gestore unico, un "Ente Parco" che avrà un Consiglio di amministrazione nel quale siederanno i rappresentanti delle Province interessate, dei Comuni e delle Comunità Montane interessate. Qualora, però non fosse possibile per motivi economici, politici, amministrativi, la creazione di un nuovo Ente Parco, la gestione potrebbe essere affidata a un consorzio costituito dalle 4 Comunità Montane competenti per territorio, con finanziamenti regionali appositi, con il raccordo del WWF-Piemonte quale strumento tecnico e organizzativo per l'attuazione delle finalità istitutive. Per quanto riguarda la vigilanza nel territorio del Parco, oltre a guardaparco regionali dipendenti dell'Ente Parco (qualora venga istituito), oltre alle guardie forestali, oltre alla vigilanza provinciale e comunale, si potrebbe ricorrere (col vantaggio di "legare" i giovani al loro territorio) alle guardie ecologiche volontarie, figura istituita dalla legge regionale 32/1982.
Attuazione delle finalità
Lo strumento di attuazione delle finalità dell'Area protetta, attraverso cui l'Ente di gestione coordina gli interventi sul territorio tutelato, è il Piano dell'Area che disciplina lo svolgimento delle attività consentite entro i confini (artigianali, commerciali, di servizio, agro-silvo-pastorali, le attività sportive, ricreative ed educative) con una diversificazione a seconda della tipologia delle singole aree protette istituite (le varie Riserve e la Zona di salvaguardia); sono contenute in detto Piano sia il Regolamento di fruizione sia norme sullo sviluppo socio-economico. I vincoli di salvaguardia sono invece esplicitati nella legge istitutiva. Fino a quando il Piano d'area non viene approvato operano i divieti dell'articolo 11 della legge quadro (394/91): questo articolo vieta le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat. Il Piano dell'Area protetta (di cui all'art. 23 della L.R. 12/1990) ha la funzione di suddividere il territorio in base ai diversi gradi di protezione (zonizzazione, art.12 della legge quadro sulle aree protette) e di formulare i progetti per la gestione delle risorse naturali e ambientali, storiche e culturali. Il Piano, predisposto dall'Ente gestore assieme agli Enti territorialmente interessati è trasmesso dall'Assemblea dei Sindaci alla Regione Piemonte che lo approva, lo adotta e ne cura la pubblicazione.
Fino alla sua approvazione, al di là del dispositivo di salvaguardia previsto dalla legge nazionale e sopra riportato, è la Regione, con riferimento alle attività istitutive, che autorizza tutti gli interventi di modificazione dello stato dei luoghi, ad eccezione di quelli per la manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e risanamento conservativo (legge regionale n. 56/1977 articolo 13). In esso, come accennato, si trovano norme per lo sviluppo socio-economico che individuano gli obiettivi e pianificano le risorse da destinare sia alle attività delle popolazioni locali sia agli interventi di restauro dei Centri storici, sia ai beni storici e architettonici.
Nota sul Piano dell'Area protetta: parte naturalistica.
E' bene che ogni intervento che vi sarà descritto abbia alla base una profonda conoscenza della situazione presente e delle tendenze dinamiche. Per quanto riguarda i calanchi, non trattandosi di forme in veloce evoluzione non sembrano necessari interventi di rimboschimento (il carpino nero e l'orniello sono stati utilizzati, in altri ambienti, a coprire terreni erosi nelle zone a calanchi dell'Appennino alessandrino; cfr. "I boschi e la carta vegetazionale del Piemonte" IPLA). Sarà utile comunque, in questi ambienti a calanchi, vietare il taglio delle poche essenze arbustive che vi crescono (roverella, terebinto, sorbo e ailanto) e allorché si evidenziasse un’accentuazione del fenomeno erosivo, si dovrebbe intervenire con divieti più incisivi (per esempio con la limitazione o il divieto di pascolo).
Le aree abbandonate dall'agricoltura sono più estese di quanto la carta "Uso del suolo" carta tematica della regione Piemonte, CSI, lasci supporre, poiché sono accomunati i seminativi e i prati; questi ultimi, per lo più quelli situati sui terrazzamenti, spesso presentano giovani esemplari di pino e quercia che fanno supporre una rapida evoluzione verso un bosco termofilo dominato dalla roverella. L'espansione del bosco e la conseguente chiusura degli spazi aperti risulta dannoso per le specie della famiglia delle Orchidaceae che prediligono i terreni poveri, aperti, soleggiati con manto erboso di modesta altezza e per la rara specie ornitologica averla piccola (Lanius collurio) che frequenta prati e incolti in posizione soleggiata, con alberi e arbusti sparsi. Proprio l'azione antropica pregressa (agricoltura e pascolo ovino) seguita da un diffuso abbandono del territorio e accompagnata dalla carenza di precipitazioni estive e dai fenomeni erosivi che impediscono lo sviluppo dei suoli più evoluti, determina lo sviluppo di un prato denso pluristratificato con erbe perenni (Ordine Festuco-Brometalia). Questi popolamenti, caratterizzati dalla presenza di graminacee e di elementi vegetazionali riferibili alla zona mediterranea, sono stabili proprio per la spinta aridità delle stazioni. Occorrerà però monitorare l'eventuale evoluzione di questa associazione, tenendo il mantenimento di una fitocenosi cosi caratteristica e ricca di elementi floristici esclusivi. Un ecosistema sempre meno disturbato dall'uomo ha comportato un incremento delle popolazioni di molte delle specie animali, ma può aver avuto ripercussioni negative sulla riproduzione degli anfibi per la conseguente scomparsa dei sistemi antropici utilizzati per l'irrigazione. Anche di questi aspetti si dovrà tener conto, cercando di mitigare gli effetti negativi di un eccessivo spopolamento (tra cui anche l'abbandono dei terrazzamenti in pietra, alcuni dei quali dopo decenni di incuria mostrano i primi segni di cedimento). Per quanto riguarda la gestione forestale deve essere redatto un Piano di assestamento forestale (almeno per le aree a Riserva naturale) che potrà permettere di trasformare alcune aree boschive, oggi quasi tutte trattate a ceduo, in fustaia. Inoltre occorrerà capire se la tendenza è quella di un ritorno più consistente del faggio a scapito dei castagneti e, in tal caso, favorire questa trasformazione. Qualora fossero stabiliti interventi di rimboschimento, nonostante l'importanza delle aree aperte per le specie vegetali termofile e per un certo tipo di fauna, occorre sottolineare quanto sarebbe fuori luogo impiantare specie estranee alla vegetazione e al paesaggio dell'Alta Langa. Non si faccia come al Bric Puschera dove la zona è stata riforestata con abeti quando prima di questa operazione, vi erano ospitati popolamenti di cerro, pianta non comune (IPLA, 1981). Alcune aree boschive presentano l'infiltrazione di specie come la vitalba, rampicante che può causare danni alle essenze arboree a causa dei rami intrecciati che trattengono il manto nevoso con il rischio di spezzare i rami, o di altre specie non autoctone. Occorrerà valutare l'effettivo danno causato da queste infestanti e nel caso sia comprovata un’eccessiva diffusione, tentare di limitarle. Tornando alla fauna, gli interventi finalizzati a conservare l'equilibrio faunistico nelle aree istituite ad Area protetta sono stabiliti dalla L.R. n.36 del 1989 che regola le reintroduzioni, gli abbattimenti selettivi e stabilisce che i danni causati dagli animali selvatici alle coltivazioni agrarie, nelle aree protette, sono risarciti dalla Provincia territorialmente interessata. L'obiettivo principale della gestione naturalistica dell'Area protetta, linea guida che ispiri tutti i futuri interventi, deve essere quindi quello di mirare al mantenimento dell'ampio spettro di habitat, conservando o ripristinando, dove necessario, l'equilibrio di ambienti così vari e fittamente compenetrati; questa tutela avrà come conseguenza la conservazione di molte specie animali e vegetali che vivono su questo territorio.
Conclusioni
L'area oggetto della proposta è segnalata in molti testi (area di primaria importanza nel volume di Groppalli, Fanfani, Pavan "Aspetti della copertura forestale, della flora e della fauna nel paesaggio naturalistico dell'Italia settentrionale" Collana verde n.52 del 1980) oltre che nell'elenco dei biotopi di interesse comunitario, per l'altissimo valore naturalistico. La ricchezza e il fascino di questo paesaggio risiede nella complicata morfologia, nel fitto intersecarsi di habitat diversi e in una presenza umana poco diffusa, antica e legata alle tradizioni. Questi fattori e la posizione geografica che comporta il sovrapporsi di specie sia animali che vegetali di provenienza diversa (mediterranea e alpina, occidentale e orientale) determinano l'elevata biodiversità, sintomo di buono stato di salute dell'ambiente naturale e degli ecosistemi che lo caratterizzano. La creazione di un Sistema di Riserve Naturali è proposta quindi, per tutelare questa ricchezza e per assicurare a specie (come Laserpitium gallicum, Glaucium flavum e Melilotus neapolitana - specie stenomediterranee rarissime a queste latitudini) insieme a tante altre di provenienza di quei luoghi (circa un centinaio di specie), alle orchidee (oltre 40 le specie presenti ovvero circa il 50% di quelle esistenti su tutto il territorio nazionale - tra di esse qualcuna è una vera e propria rarità), agli anfibi, ai rettili (sette le specie presenti su un totale di nove per la Regione Piemonte), ma anche a tutta la flora e fauna nel loro complesso e nelle loro correlazioni, un'effettiva tutela altrimenti difficile da garantire. La presenza nell'area di elementi di particolare interesse morfologico e paesaggistico, quali i calanchi e le grotte di Morbello, nonché la continuità con il Parco Naturale ligure "Langhe di Piana Crixia" sono ulteriori elementi di stimolo alla creazione di questa Area Protetta. Che tutto questo sia anche il riscatto delle popolazioni inquinate e della natura violentata non può che essere, quale nemesi, un'area protetta che gestisca proprio quelle zone che l'Acna ha inquinato per decenni e che rappresenti anche un'occasione di ricerca, studio e lavoro per i giovani di questi luoghi.
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PRESENTAZIONE AL CONVEGNO
Guarda la presentazione "Una proposta concreta di tutela della natura e del paesaggio nel basso Piemonte"